Ogni scelta è una rinuncia: l’angoscia del potenziale umano

potenziale umano

Hai mai pensato che ogni volta che dici “sì” a qualcosa, stai dicendo “no” a tutto il resto? Ogni decisione che prendi – da cosa studiare, a chi amare, dove vivere, cosa mangiare a colazione – è una porta che si apre su un sentiero… ma anche mille porte che si chiudono nello stesso istante.

È terribilmente reale. Ed è anche, per molti, fonte di un’angoscia esistenziale che si annida sotto la superficie delle nostre vite quotidiane. L’idea che dentro di noi vivano infinite versioni possibili di ciò che saremmo potuti diventare – e che ogni nostra scelta le condanni al silenzio – può essere affascinante, ma anche devastante.

Questa è la riflessione che ci accompagna oggi: ogni scelta è una rinuncia. E la consapevolezza di questa rinuncia è il battito nascosto dell’angoscia moderna.

La libertà è un dono o condanna?

Nel celebre “Essere e il Nulla”, Jean-Paul Sartre afferma che “l’uomo è condannato a essere libero”. Una frase che sembra un controsenso, ma che racchiude un abisso: siamo liberi di scegliere, certo, ma proprio per questo siamo schiacciati dalla responsabilità delle nostre scelte.

Ogni libertà è un peso. Ogni possibilità è un carico da portare.

Chi è che più di tutti sente questa pressione? Molto spesso sono i giovani a sentirlo. Ma anche i creativi, gli instabili, e i curiosi. Chi vive con l’impressione che “avrebbe potuto fare altro”, essere altro, o scegliere altro. E non è un caso se in un mondo iper-connesso e saturo di possibilità – carriere, identità, passioni, luoghi – le crisi d’identità aumentano in modo vertiginoso.

Perché, a ben vedere, scegliere fra infinite possibilità non è solo libertà, ma può anche diventare motivo di ansia e paralisi.

Il paradosso del potenziale

Oggi più che mai siamo ossessionati dal potenziale. “Potresti essere qualsiasi cosa!”, ci dicono. È la promessa dell’era moderna, figlia dell’individualismo e della meritocrazia. Ma dietro questa frase si nasconde un’insidia sottile: se puoi essere tutto, allora perché non sei ancora niente?

Ecco che nasce l’ansia da prestazione esistenziale. Non bastano più i piccoli traguardi. Se non diventi “la migliore versione di te stesso”, sembra quasi che tu stia sprecando la tua vita.

Questa logica si scontra con una verità semplice, ma che fa male: non possiamo vivere tutto. Non possiamo essere tutto. Non possiamo fare tutto.

E questo non perché siamo limitati, ma perché siamo necessariamente definiti dalle nostre scelte. Se vuoi essere medico, non potrai essere artista a tempo pieno. Se scegli una persona con cui condividere la vita, chiudi la porta a tutte le altre. Se rimani in una città, rinunci a tutte le vite che avresti potuto trovare altrove.

Le infinite vite fantasma

Dentro a ognuno di noi abitano versioni non nate di noi stessi. Esseri invisibili fatti di scelte non compiute, strade non percorse, e sogni dimenticati. Li sentiamo nelle notti insonni, nei sogni irrisolti, e nei rimpianti.

A volte li incontriamo in un libro, in un volto per strada, o in un video su internet che ci fa dire: “E se avessi fatto quella scelta anch’io?”. Ma queste vite fantasma non sono solo rimpianti. Sono anche memoria viva del nostro potenziale. Ci ricordano che essere umani significa limitare l’infinito in un tempo finito.

Esempi concreti:

  • Una ragazza talentuosa nella danza che decide di fare medicina: ha fatto una scelta razionale, ma rinuncia a una vita da artista.

  • Un uomo che resta nella sua città natale per aiutare la propria famiglia: ha scelto l’amore, ma rinuncia a una carriera internazionale.

  • Un amico che rifiuta un’offerta di lavoro perché ama troppo la sua routine: ha detto sì alla stabilità, no all’ambizione.

In ognuno di questi casi c’è una scelta giusta, ma non una scelta innocua.

L’angoscia come bussola

Ma allora, dobbiamo vivere nell’angoscia? Nel rimpianto eterno di ciò che non siamo diventati?

No. O meglio: dobbiamo imparare ad ascoltare quell’angoscia. Non come nemica, ma come bussola. Perché è proprio nel sentire il peso delle scelte che ci accorgiamo di essere vivi.

Chi non sente mai l’angoscia del possibile è molto probabilmente già morto dentro, e anestetizzato. O peggio: sta vivendo secondo scelte che non gli appartengono.

“L’uomo si realizza solo nella misura in cui si impegna in qualcosa che lo supera” — Viktor Frankl

In quest’ottica, l’angoscia non è un errore. È una conseguenza naturale del vivere pienamente. È il battito del cuore davanti all’infinito.

Dalla paralisi all’azione

Quando ci si trova di fronte a infinite opzioni, si rischia di non scegliere affatto. È il paradosso dell’era moderna: più possibilità abbiamo, meno agiamo. Ma restare immobili non ci salva. Anzi, ci condanna. Perché anche non scegliere è una scelta, ed è spesso la peggiore.

In filosofia, questa tensione è stata analizzata con straordinaria lucidità da Kierkegaard, il padre dell’esistenzialismo. Secondo lui, l’essere umano è costantemente in bilico tra possibilità e realtà, tra il “potrei essere” e “sono questo”. Ma la libertà di scegliere non è qualcosa di automatico. Va conquistata.

“L’angoscia è il vertiginoso sentimento della libertà” — Søren Kierkegaard

Ecco allora il punto cruciale: scegliere non è solo rinunciare. È anche creare. Ogni volta che scegli, stai dando forma al mondo. Stai scolpendo te stesso nel marmo del tempo.

Devi scegliere per avere una vita che vale la pena di vivere

In un mondo che ti invita continuamente a “tenere aperte tutte le porte”, scegliere diventa un atto importantissimo. È come dire: “Io voglio questo, e non quell’altro”. È un atto di amore verso una vita specifica, nonostante tutte le altre.

Non è forse questo che fanno gli artisti, i genitori, e i pionieri? Danno tutto per qualcosa, e accettano di non essere altro. E proprio in questa rinuncia trovano un senso profondo.

La trappola della performance

L’angoscia da scelta non è solo individuale. È anche sociale. Viviamo in una cultura che ci bombarda con modelli, stili di vita, lavori da sogno, e relazioni perfette. Siamo circondati da versioni potenziate di vite altrui, che sembrano sempre migliori della nostra.

Ecco le principali trappole moderne legate alla molteplicità delle scelte:

  • La sindrome dell’erba più verde: ogni vita non vissuta sembra migliore di quella presente.

  • L’ansia da realizzazione totale: l’illusione di dover sfruttare ogni talento e possibilità.

  • Il marketing esistenziale: la necessità di “apparire” in linea con una vita ideale da social network.

  • La paura dell’irrilevanza: se non scegli qualcosa di straordinario, non sei “nessuno”.

Ma nessuno può essere tutto. Né si può vivere per accumulare opzioni.

L’arte di dire addio alle vite non scelte

Come si supera allora l’angoscia del possibile? Non eliminandola, ma trasformandola. Accettando che ogni vita sia una scommessa. E come ogni scommessa, comporta perdite. Ma anche guadagni straordinari.

Ogni volta che dici “sì” a una vita, devi avere il coraggio di dire addio a tutte le altre. Non con rimpianto, ma con gratitudine. Perché quelle vite che non hai vissuto ti hanno portato fino qui. Ti hanno insegnato qualcosa. Ti hanno spinto a capire chi sei.

È come un giardino: puoi piantare solo alcuni semi, non tutti. Ma se li curi con attenzione, daranno sicuramente dei frutti. Il trucco non è avere infinite possibilità, ma nutrire profondamente quelle che scegli.

Conclusione

Anche io, come molti, ho sentito il peso delle infinite vite che non vivrò mai. Ogni decisione importante – studiare filosofia invece di biologia, restare in un luogo invece di partire, amare una persona invece di un’altra – è stata accompagnata da una fitta. Una fitta sottile, come il profumo di qualcosa che non sarà mai mio.

Ma oggi, guardando indietro, capisco che ogni “no” che ho detto ha dato valore ai miei “sì”. Ogni scelta ha costruito un sentiero. Un’identità. Una storia. Ed è proprio questo il senso dell’essere umani: limitare l’infinito e renderlo nostro.

In fondo, è nell’imperfezione di una vita scelta, con tutte le sue rinunce, che abita il vero senso della vita.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei