La trappola dell’identità fissa: “io sono fatto così” è una bugia mentale
Quante volte l’abbiamo sentita – o detta – questa frase?
“Eh, ma io sono fatto così.”
Detta magari per giustificare un’esplosione di rabbia, una scelta evitata, o una relazione rovinata. Un sigillo invisibile che ci imponiamo da soli, come se l’identità fosse una prigione dalla quale non possiamo evadere.
Ma siamo sicuri che sia davvero così? Siamo davvero “fatti in un certo modo”… o è solo una bugia che ci raccontiamo per non cambiare?
La comfort zone dell’identità
Dire “io sono fatto così” ha un effetto rassicurante: ci toglie il peso del cambiamento.
Cambiare richiede sforzo, energia, ed esposizione al fallimento. Restare identici a ieri, invece, è comodo. Ecco perché ci aggrappiamo a etichette come:
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“Io sono una persona ansiosa.”
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“Non sono portato per le relazioni.”
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“Sono impulsivo, che ci posso fare?”
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“Non so dire di no, è nella mia natura.”
Sono frasi che sembrano raccontare la realtà, ma in realtà la creano.
Ogni volta che ci definiamo con rigidità, stiamo scolpendo un’identità fissa che non lascia spazio all’evoluzione. Ma l’identità umana non è statica: è dinamica, e viva.
Psicologia e neuroscienze: identità in divenire
Studi neuroscientifici dimostrano che il cervello umano è dotato di neuroplasticità, ovvero la capacità di modificarsi fisicamente in risposta all’esperienza. Non solo nei bambini, ma per tutta la vita.
Ciò significa che i nostri schemi di pensiero, di comportamento e persino di personalità possono essere modificati con allenamento, consapevolezza e volontà.
La psicologa Carol Dweck, nel suo celebre lavoro sul mindset, distingue due approcci mentali fondamentali:
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Mentalità fissa: credere che intelligenza, carattere e abilità siano tratti statici.
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Mentalità di crescita: credere che si possa migliorare attraverso impegno, strategia e feedback.
Chi si muove con una mentalità fissa tende a evitare le sfide, a sentirsi minacciato dal fallimento e a proteggere l’ego. Chi ha una mentalità di crescita, invece, affronta gli ostacoli come occasioni per evolvere.
E tu, in quale gruppo ti riconosci?
Il pericolo delle etichette
Il problema di “io sono fatto così” non è solo psicologico. È anche linguistico.
Il linguaggio che usiamo crea la nostra realtà interna. Quando diciamo “sono”, stiamo affermando un’essenza immutabile. È diverso dire:
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“Sono timido”
vs -
“In certe situazioni, tendo a chiudermi”
Nel secondo caso lasci spazio alla possibilità che, in altre circostanze, potresti comportarti diversamente. Le parole sono come binari: ti portano dove le fai andare.
E spesso, queste etichette ci sono state incollate da altri: genitori, insegnanti, partner, o amici.
“Sei sempre il solito disordinato!”
“Tu sei quello bravo in matematica, tuo fratello è quello creativo.”
“Non sei fatto per i lavori manuali.”
Queste frasi, ripetute durante l’infanzia o l’adolescenza, diventano convinzioni radicate.
Ma non sono la verità. Sono storie. E noi abbiamo la capacità di riscrivere quelle storie.
Si può davvero cambiare identità?
Sì, eccome. E non solo si può: è inevitabile, se si vuole crescere davvero.
Pensaci: sei la stessa persona che eri 10 anni fa? 5 anni fa? Nemmeno ieri eri identico.
La trasformazione è insita nell’essere umano.
Ecco alcune leve concrete per iniziare a cambiare identità:
1. Diventa osservatore delle tue frasi
Scrivi su un quaderno tutte le volte che dici o pensi: “Io sono…”.
Poi chiediti: è davvero sempre così? Cosa succederebbe se non fosse vero?
2. Agisci “come se”
Vuoi essere una persona più coraggiosa? Comportati come se lo fossi, anche solo per un minuto al giorno. Il cervello impara per imitazione e ripetizione.
3. Circondati di testimonianze di cambiamento
Leggi biografie, segui storie di trasformazione, e parla con chi è riuscito a cambiare. Se loro ce l’hanno fatta, puoi farcela anche tu.
4. Riscrivi la tua narrazione
Smetti di raccontarti come una statua di pietra. Inizia a usare parole mobili: “Sto imparando a…”, “Mi sto allenando a…”, “Ogni giorno mi alleno per…”
Una riflessione personale
Io stesso, tempo fa, dicevo: “Non sono una persona disciplinata.”
Mi sentivo incostante, incapace di seguire una routine, e mi giustificavo con l’idea che fosse parte del mio DNA.
Ma poi mi sono chiesto: e se fosse solo una scusa?
Ho iniziato con piccoli gesti: alzarmi 10 minuti prima, fare 5 minuti di ordine in casa, e leggere 2 pagine al giorno.
Oggi la mia giornata è scandita da abitudini solide. Sono diventato ciò che un tempo pensavo impossibile.
Non ho cambiato chi sono. Ho smesso di raccontarmi chi non potevo essere.
Sei ciò che scegli di diventare
“Io sono fatto così” è il mantra dell’immobilismo. È il cuscino comodo che ci impedisce di alzarci in piedi. Ma non siamo statue.
Siamo esseri narranti, plastici, e mutevoli. Siamo processi, non etichette.
La prossima volta che stai per dire “sono fatto così”, fermati.
Respira.
E chiediti:
Chi potrei diventare, se smettessi di crederci?
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