Sei abitudini del sonno che possono influenzare 172 malattie

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Un nuovo studio internazionale ci mette di fronte a una realtà sorprendente: la qualità e la regolarità del nostro sonno contano forse più della sua durata.

Un’indagine su oltre 88.000 persone

Gli scienziati dell’Università di Pechino hanno analizzato i dati di più di 88.000 partecipanti provenienti dalla UK Biobank. Lo scopo era ambizioso: capire come diverse caratteristiche del sonno siano legate al rischio di sviluppare ben 172 malattie.

Le sei caratteristiche analizzate sono state:

  • Durata del sonno – quante ore dormiamo in media.

  • Orario di inizio – a che ora ci addormentiamo.

  • Ritmo del sonno – quanto sono regolari i nostri orari di sonno e veglia.

  • Estensione del sonno – il tempo totale passato a letto.

  • Efficienza del sonno – quanto del tempo a letto lo abbiamo effettivamente usato per dormire

  • Frequenza dei risvegli notturni – quante volte ci svegliamo durante la notte.

E i risultati? Alcuni sono davvero sorprendenti!

Il ritmo del sonno: un indicatore chiave di salute

Fra tutte le caratteristiche analizzate, il ritmo del sonno è emerso come il fattore più influente. Non solo era associato a un numero di malattie tre volte superiore rispetto alla durata o all’orario di inizio del sonno, ma riguardava quasi la metà delle 172 patologie studiate.

Cosa significa? Che andare a letto e svegliarsi sempre più o meno alla stessa ora può essere un potente scudo contro molte malattie.

Alcuni dati parlano da soli:

  • Ritmi di sonno irregolari → 2,8 volte più rischio di sviluppare il morbo di Parkinson.

  • Ritmi irregolari → 1,6 volte più rischio di diabete di tipo 2.

Come spiega l’epidemiologo Shengfeng Wang, è “ora di ampliare la nostra definizione di buon sonno, andando oltre la semplice durata”.

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Non solo quando, ma anche come dormiamo

Lo studio ha mostrato che anche l’orario di addormentamento e la qualità del sonno hanno un impatto importante.

  • Chi andava a letto dopo le 00:30 aveva un rischio 2,6 volte maggiore di sviluppare cirrosi epatica rispetto a chi si addormentava prima delle 23:30.

  • Una bassa efficienza del sonno aumentava di 1,8 volte il rischio di insufficienza respiratoria.

Sono dati che fanno riflettere: non è solo questione di dormire “abbastanza”, ma di farlo al momento giusto e con un sonno realmente ristoratore.

Altri legami emersi tra sonno e salute

Oltre ai dati già citati, i ricercatori hanno riscontrato connessioni significative con:

  • Ipertensione primaria – spesso associata a ritmi di sonno irregolari e risvegli frequenti.

  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) – correlata sia a scarsa qualità del sonno che a frequenti risvegli.

  • Insufficienza renale acuta – più comune in chi ha il ritmo del sonno sfasato

  • Depressione e disturbi dell’umore – particolarmente legati alla frammentazione del sonno e a ritmi poco stabili.

Questi collegamenti non si limitano a una semplice “associazione statistica”: il quadro complessivo suggerisce che il sonno funzioni come un regolatore silenzioso di molti sistemi vitali , che comprendono il metabolismo, il sistema nervoso, il fegato, i polmoni…

Un altro aspetto sorprendente da prendere in considerazione: percezione vs realtà

Quasi un quarto delle persone che si definiscono “dormiglioni” in realtà dorme meno di 6 ore a notte. Questo accade perché molti si basano sul tempo passato a letto, non su quello realmente dormito.

Gli autori dello studio sottolineano che basarsi solo sui questionari, come fatto in molte ricerche precedenti, può portare a stime errate. Alcune persone passano tanto tempo a letto, ma tra difficoltà ad addormentarsi e risvegli frequenti, il sonno reale è molto inferiore.

Questa discrepanza ha portato in passato a valutazioni distorte sul legame tra durata del sonno e malattie come ictus, malattie cardiovascolari o depressione.

La conferma arriva anche da un secondo studio

Per rafforzare i risultati, i ricercatori hanno confrontato i dati con un altro grande database: il National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) degli Stati Uniti.
Anche qui, le correlazioni osservate sono state confermate.

Questo rende i risultati ancora più solidi e affidabili, anche se, come avvertono gli autori, lo studio mostra correlazioni e non può dimostrare un rapporto di causa-effetto.

Cosa possiamo imparare da questo studio?

Ecco alcuni consigli pratici per migliorare il ritmo del sonno:

  • Andare a letto e svegliarsi sempre alla stessa ora, anche nei weekend.

  • Evitare di posticipare troppo l’ora della nanna: il corpo ama la regolarità.

  • Creare una routine rilassante prima di dormire (lettura, musica soft, respirazione).

  • Limitare l’uso di dispositivi elettronici nelle ore serali.

  • Mantenere la camera fresca, buia e silenziosa.

Conclusione

Questo studio ci ricorda che la salute è fatta anche di piccoli gesti quotidiani, spesso sottovalutati. Dormire bene non significa solo “chiudere gli occhi per tante ore”, ma dare al nostro corpo un tempo stabile e di qualità per rigenerarsi.

Come scrivono gli autori: “La regolarità del sonno è un elemento cruciale, ma troppo spesso trascurato”. E forse è proprio qui che dovremmo iniziare a cambiare le nostre abitudini.

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Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei