Scopri perché misurare l’intelligenza con i test standardizzati è riduttivo. Serve una nuova visione!

chi decide cos è intelligente

💡Dobbiamo per forza misurare tutto, anche l’intelligenza?

Viviamo in un’epoca ossessionata dalla misurazione. Vogliamo sapere tutto: quanti passi facciamo in un giorno, quanto dormiamo, quante calorie mangiamo… e ovviamente: quanto siamo intelligenti. Ma fermiamoci un attimo: è davvero necessario mettere l’intelligenza sotto il microscopio e darle un numero? O stiamo perdendo di vista qualcosa di molto più profondo?

Il mito della misurazione assoluta

Viviamo in un mondo che ha bisogno di numeri per sentirsi al sicuro. È quasi una forma di ossessione culturale: se non possiamo misurarlo, allora non vale. Questo atteggiamento lo ritroviamo ovunque, ma è nella scuola che raggiunge il suo apice più pericoloso. Qui, l’intelligenza viene valutata quasi esclusivamente attraverso test standardizzati.

Avete presente quei test a risposta multipla? Quelle verifiche dove esiste una sola risposta giusta, già predefinita, e chi ci si avvicina di più viene premiato? Ecco, per decenni abbiamo creduto che fossero un modo oggettivo per capire quanto un ragazzo è “intelligente”.

Ma facciamoci una domanda onesta: cosa ci stanno davvero dicendo quei risultati?

Secondo molti studiosi, pedagogisti e filosofi dell’educazione, la risposta è semplice e inquietante: poco o nulla. Non misurano la profondità del pensiero, né la capacità di ragionare fuori dagli schemi. Piuttosto, fotografano un momento. Un’istantanea in condizioni artificiali.

Immagina uno studente sveglio, curioso, pieno di idee. Quel giorno ha dormito male, è agitato, magari ha problemi a casa. Si siede in aula e riceve una serie di domande da compilare entro un tempo limite, senza margine di deviazione o personalizzazione. Se sbaglia, è “meno capace”. Se risponde diversamente da quanto previsto, è “fuori tema”.

È questa la misura della sua intelligenza?

Cosa stiamo davvero valutando?

Ecco il punto: quando un ragazzo riesce a superare una verifica rispondendo nel modo atteso, non stiamo premiando la sua intelligenza, ma la sua conformità. Stiamo vedendo quanto riesce ad allinearsi alle aspettative di qualcun altro. Il test misura il grado in cui uno studente sa “giocare il gioco” secondo le regole date.

Ma la vita vera non funziona così. Non ci presenta domande prestabilite. Non ci fornisce sempre quattro opzioni, di cui una giusta. Non ci dà il tempo perfetto, la mente fresca e il silenzio ideale.

Eppure, continuiamo a confondere due concetti che dovrebbero restare ben separati: raggiungimento e intelligenza.

  • Raggiungimento è fare bene ciò che ti è stato chiesto.

  • Intelligenza è capire cosa c’è da fare quando nessuno ti ha detto nulla.

Una persona che ottiene il massimo dei voti può essere bravissima nel rispondere a un sistema, ma incapace di inventare qualcosa di nuovo. E al contrario, qualcuno che zoppica nei voti può avere un’intelligenza acuta, emotiva, intuitiva, solo che non si esprime nei modi “ufficiali”.

E allora: perché continuiamo a credere che quei voti, e quelle percentuali, siano la verità assoluta?

Un altro tipo di intelligenza: viva, dinamica, emergente

Ora, guardiamo oltre. Mettiamo da parte per un momento i test, i numeri, e le griglie di valutazione. Torniamo alla vita vera.

Pensa all’ultima volta in cui hai dovuto risolvere un problema complesso, senza istruzioni. Magari dovevi gestire un imprevisto sul lavoro, affrontare una conversazione difficile, oppure organizzare qualcosa di nuovo da zero. Che tipo di intelligenza hai usato?

Sicuramente non quella dei test scolastici. Hai usato un’intelligenza che:

  • interpreta il contesto,

  • adatta le risposte,

  • reagisce in tempo reale,

  • crea nuove soluzioni.

È quella che molti studiosi chiamano intelligenza ecologica. Perché si comporta proprio come un ecosistema: è fluida, interconnessa, reattiva. Non è fatta di compartimenti stagni ma di scambi costanti.

Ecco alcune caratteristiche:

  • È adattiva
    Non si fossilizza. Se il piano A non funziona, inventa un piano B, C, Z. È la capacità di cambiare forma senza perdere la sostanza. Come l’acqua che prende la forma del contenitore ma resta sempre acqua.

  • È occasionale
    Un’idea che funziona in un contesto può essere inutile in un altro. Questa intelligenza lo sa. Sa leggere le sfumature sociali, culturali, ambientali. Non generalizza, agisce sul momento.

  • È inventiva
    Non copia, crea. È la scintilla che accende una nuova idea, l’intuizione che nasce nel mezzo del caos. È l’intelligenza che ti fa trovare una scorciatoia quando la strada è bloccata.

  • È umana
    Perché non è fatta di esattezza matematica, ma di empatia, errori, tentativi, sensibilità. Non rispetta sempre le regole. A volte le rompe per andare oltre. Ed è proprio lì che nasce l’innovazione.

E allora, perché ignorarla?

Perché questo tipo di intelligenza non è facilmente quantificabile. Non può essere trasformata in un punteggio o in una media. E quindi… la mettiamo da parte.

Ma questo è un errore colossale. È come ignorare il vento solo perché non si può afferrare. Eppure è il vento che muove le vele.

Intelligenza nel mondo reale: ciò che i test non vedono

Torniamo a quel tipo di intelligenza che agisce nel mondo reale. Quella che non si misura con un test, ma si manifesta nelle situazioni quotidiane.

Ad esempio, quando troviamo il modo giusto per dire una cosa difficile, oppure quando intuiamo che qualcosa non va, oppure quando risolviamo un imprevisto all’ultimo secondo.

Hai mai conosciuto qualcuno che “non era portato per la scuola”, ma poi nella vita ha costruito un’impresa, è diventato un leader naturale, o sa cavarsela in qualsiasi situazione? Quella persona sta usando l’intelligenza ecologica, anche se magari è stata etichettata come “mediocre” da bambino/a.

Ecco perché questa forma di intelligenza è tanto potente quanto invisibile.

Nella scuola tradizionale non c’è spazio per l’imprevisto, per il dubbio, per la creatività che scappa fuori dai margini. Eppure, è proprio lì che la mente umana dà il meglio di sé.

Il danno invisibile di un sistema rigido

Ora mettiamoci nei panni di un bambino o una bambina che cresce in un sistema che premia solo chi rientra nei parametri. Fin da piccoli imparano che esiste una risposta giusta, una strada per essere riconosciuti, una sola forma di intelligenza degna di valore.

Cosa succede a chi non si ritrova in quella forma?

Succede che inizia a pensare di essere “sbagliato”. Che non è intelligente, che non ha valore. E così, nonostante abbia potenziale, talento, e intuizioni originali, finisce per spegnersi. Si conforma, si ritrae, rinuncia.

E questo non è solo un problema individuale: è una perdita collettiva. Stiamo lasciando indietro idee, visioni, possibilità… solo perché non rientrano in un modulo già preimpostato.

I limiti pratici di questo approccio

Ecco alcuni effetti reali e misurabili di un sistema educativo basato esclusivamente sul rendimento “standard”:

  • Creatività in declino
    Gli studenti imparano a cercare la risposta giusta, non a fare domande nuove.

  • Paura dell’errore
    L’errore viene visto come un fallimento, non come parte del processo.

  • Disconnessione emotiva
    Chi non si sente “all’altezza” perde motivazione e senso di appartenenza.

  • Valutazione distorta del talento
    Si premia chi ripete bene, non chi innova o pensa diversamente.

E tutto questo solo perché ci ostiniamo a misurare ciò che è comodo da misurare, e non ciò che conta davvero.

Una società che ha bisogno di nuove intelligenze

Guardiamoci intorno. Il mondo di oggi è più caotico, incerto, e complesso che mai. Problemi ambientali, crisi sociali, rivoluzioni tecnologiche… È evidente che le risposte del passato non bastano più.

Abbiamo bisogno di persone capaci di navigare nell’ambiguità, di leggere il presente con occhi nuovi, di inventare soluzioni dove prima non ce n’erano. Abbiamo bisogno di menti elastiche, emotive, e connettive.

In altre parole, abbiamo bisogno proprio di quel tipo di intelligenza che il sistema attuale tende a ignorare o reprimere.

Di quali competenze abbiamo bisogno oggi?

  • Pensiero critico – Saper analizzare, dubitare, smontare le apparenze.

  • Empatia – Comprendere l’altro, comunicare con sensibilità.

  • Adattabilità – Muoversi in ambienti nuovi e incerti.

  • Creatività – Immaginare il possibile dove sembra esserci solo l’impossibile.

  • Leadership distribuita – Saper lavorare in gruppo, prendere iniziative senza bisogno di gerarchie.

E quante di queste sono valutate in un test a scelta multipla?

Serve meno misurazione e più fiducia

Questo non significa buttare via ogni forma di valutazione. Il punto non è demonizzare i voti o i test, ma rimetterli al loro posto e valutarli per quello che sono: strumenti parziali, non verità assolute.

Il rischio è che in nome dell’oggettività, ci dimentichiamo l’essere umano.

Serve un cambiamento di mentalità. Serve ridare valore all’osservazione qualitativa, al dialogo educativo, alla narrazione del percorso personale. Serve fiducia: nei docenti, che conoscono davvero i loro alunni; negli studenti, che sono più di ciò che sanno scrivere in mezz’ora.

Perché l’intelligenza è come un giardino: non si misura con un righello, ma si riconosce quando fiorisce.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei