Possiamo ricordare quando eravamo neonati? Un nuovo studio sfida l’amnesia infantile

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Ti sei mai chiesto perché non riesci a ricordare nulla di quando avevi pochi mesi o un anno di vita? Non sei il solo. È un mistero che ha incuriosito psicologi, neuroscienziati e genitori da generazioni. Questa “amnesia infantile”, come viene chiamata in termini tecnici, ha fatto pensare a lungo che il nostro cervello nei primi anni non fosse ancora in grado di creare veri ricordi. Ma… e se ti dicessi che non è così semplice?

Un recente studio dell’Università di Yale, pubblicato su Science il 20 marzo 2025, sta riscrivendo ciò che credevamo di sapere sulla memoria nei neonati. E sì, potresti anche aver ricordato qualcosa quando avevi sei mesi – solo che adesso non riesci più a recuperarlo!

Cosa hanno scoperto i ricercatori?

I neuroscienziati di Yale, guidati dal professor Nick Turk-Browne e dal ricercatore Tristan Yates, hanno condotto un esperimento davvero ingegnoso: hanno mostrato ai neonati, dai 4 mesi ai 2 anni, immagini di volti, oggetti o scene mai visti prima. Dopo un po’, hanno mostrato nuovamente quelle immagini accanto ad altre nuove. La reazione dei piccoli? Guardavano più a lungo quelle già viste.

Ok, dirai: “E quindi?”. Beh, guarda caso, quando un neonato riconosce qualcosa, tende a fissarla più a lungo, proprio come faresti tu se rivedessi per strada qualcuno che ti sembra familiare. Ma qui arriva il bello: mentre i piccoli osservavano le immagini, i ricercatori registravano l’attività del loro ippocampo, la parte del cervello che gestisce la memoria. Più l’ippocampo era attivo la prima volta che vedevano un’immagine, più sembravano ricordarla in seguito.

Ma l’ippocampo dei neonati non era “immaturo”?

Fino a poco tempo fa, si pensava che l’ippocampo, essendo ancora in fase di sviluppo nei primi anni di vita, non fosse capace di immagazzinare veri ricordi. Eppure questo studio mostra che in realtà funziona già! In particolare, la parte posteriore dell’ippocampo – quella legata alla memoria episodica negli adulti – era molto attiva nei neonati che sembravano “ricordare”.

Questa scoperta cambia le carte in tavola. I neonati potrebbero davvero codificare ricordi già a pochi mesi di vita. Allora… dove sono finiti quei ricordi adesso?

I ricordi spariscono o sono solo nascosti?

Secondo Turk-Browne, ci sono due possibilità: o i ricordi dei neonati non vengono mai archiviati in modo stabile (un po’ come salvare un documento senza premere “salva”), oppure restano nel cervello ma diventano inaccessibili con il tempo.

Ecco, questa seconda ipotesi è quella più intrigante. Immagina di avere dei ricordi “sepolti” nella mente, ancora intatti, ma senza una chiave per accedervi. Un po’ come avere delle vecchie foto in un hard disk criptato di cui hai perso la password.

E se questi ricordi durassero di più?

In effetti, nuovi studi pilota dello stesso team stanno indagando se bambini in età prescolare riescano a riconoscere filmati girati dal loro punto di vista quando erano neonati. I primi risultati? Pare che, in alcuni casi, quei ricordi resistano per qualche anno prima di svanire. Questo suggerisce che la nostra memoria da neonati non è affatto fragile – semplicemente, cambiamo il modo in cui la gestiamo col passare del tempo.

Episodico o statistico? Il cervello fa multitasking

Un’altra cosa curiosa riguarda i due tipi di memoria che il nostro cervello sviluppa da piccoli. C’è quella episodica, che ti fa ricordare eventi specifici (come il tuo primo compleanno con la torta in faccia), e quella statistica, che serve a identificare schemi ripetitivi (come notare che ogni volta che senti il frullatore, poco dopo arriva la pappa).

Il percorso della memoria statistica si attiva prima ed è localizzato nella parte anteriore dell’ippocampo. Ha senso: per un neonato, riconoscere schemi – come chi si prende cura di lui, le routine, i suoni – è vitale per sopravvivere. I ricordi “episodici”, invece, arrivano un po’ dopo. Ma non così tardi come si pensava!

Perché tutto questo è importante?

Le implicazioni di questo studio sono enormi. Comprendere quando e come iniziamo a ricordare può:

  • Aiutare genitori e insegnanti a stimolare meglio lo sviluppo cognitivo nei primissimi anni;

  • Portare a diagnosi più precoci di disturbi neurologici;

  • Cambiare il nostro approccio all’infanzia, valorizzandola di più anche dal punto di vista educativo.

E poi… c’è anche una nota romantica: sapere che tuo figlio di 6 mesi potrebbe ricordarsi della tua faccia sorridente – almeno per un po’ – non è meraviglioso?

Una memoria nascosta, come nei romanzi

In conclusione, questa ricerca ci invita a ripensare la nostra infanzia non come una nebbia senza memoria, ma come una biblioteca misteriosa in cui molte storie sono state scritte.. anche se ora non sappiamo più come leggerle. Chissà, un giorno la scienza potrebbe trovare una “traduzione” per accedervi di nuovo. Fantascienza? Forse. Ma anche le più grandi scoperte hanno avuto inizio da una semplice domanda: “E se..?”

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei