Può un corpo bruciare senza fiamme? L’autocombustione spontanea sfida ogni spiegazione logica. Ecco perché.

autocombustione umana

Una scena che non ha senso!

Immagina di entrare in una casa tranquilla. Nessun rumore, tutto è immobile. Ma mentre varchi la soglia di una stanza, senti che qualcosa non va. L’aria è densa, ma non di fumo. È l’atmosfera che ti opprime. Poi, lo vedi.

Sul pavimento, un piccolo mucchietto di cenere grigia. Accanto, una gamba umana ancora intatta — calzino incluso. Sembra messa lì da una mano invisibile. La sedia dove quella persona era seduta? Parzialmente bruciata. Ma tutto il resto… è intatto. Le tende sono perfette, i giornali accanto non hanno nemmeno un alone di fuliggine. Nessun odore di bruciato. Nessun vetro rotto. Nessun grido. Nessun incendio.

E allora ti chiedi: com’è possibile? Com’è possibile che una persona sia bruciata fino a sparire quasi del tutto, lasciando solo una parte del corpo e pochi segni attorno? Nessun fuoco visibile. Nessuna fonte apparente. Nessun testimone.

Benvenuto nel mondo inquietante dell’autocombustione umana spontanea — o SHC, come viene chiamata nei rapporti forensi. Un fenomeno che esiste nei documenti da secoli, ma che nessuno riesce a spiegare davvero. Una leggenda urbana? Un mistero paranormale? Un caso raro di fisica del corpo umano? O qualcos’altro ancora?

🧨 Cos’è l’autocombustione umana spontanea?

La definizione è tanto semplice quanto disturbante: si tratta della combustione improvvisa e inspiegabile di un essere umano, senza una fonte evidente di accensione. Niente accendini, niente fornelli, niente scintille.

Il termine venne coniato nel 1746 da Paul Rolli, un membro della Royal Society britannica, mentre descriveva un caso sconcertante: la contessa italiana Cornelia Zangheri Bandi, trovata ridotta in cenere nel suo letto, senza che nulla attorno a lei fosse realmente bruciato.

Da allora, sono stati documentati circa 200 casi nel mondo, molti dei quali raccolti in libri, articoli scientifici, dossier di polizia. E ogni volta si ripete lo stesso schema:

  • Il corpo è in gran parte incenerito.

  • Una parte, spesso una gamba o un piede, rimane intatta.

  • La scena del ritrovamento mostra “assenza di segni di bruciatura diffusa”.

  • Nessuna spiegazione logica può spiegare l’accaduto.

I casi più famosi: quando il fuoco colpisce il silenzio

Mary Reeser – 1951, Florida, USA

Il caso più emblematico di autocombustione. Mary Reeser, una donna di 67 anni, fu trovata nel suo salotto… o meglio, quello che ne restava. Il suo corpo era quasi totalmente ridotto in cenere. L’unica parte superstite? Il piede sinistro, ancora infilato in una pantofola.

La sedia in cui era seduta era parzialmente carbonizzata. Eppure le pareti, i mobili, persino il giornale accanto a lei… erano intatti.

L’FBI indagò. La conclusione? “Probabilmente si era addormentata con una sigaretta accesa dopo aver preso sonniferi.” Eppure gli stessi agenti ammisero che la temperatura richiesta per ridurre un corpo a quel livello di cenere superava i mille gradi — roba da forno crematorio. E allora, dove si era sprigionata tutta quella energia, senza danneggiare il resto della casa?

Dr. John Irving Bentley – 1966, Pennsylvania, USA

Medico in pensione di 92 anni. Venne trovato nel bagno di casa sua: solo una gamba era rimasta riconoscibile, insieme a parte del suo deambulatore. Il resto del corpo? Polvere nera e cenere, tutto concentrato in un piccolo punto.

Anche in questo caso, nessun incendio generale. Si ipotizzò che una scintilla proveniente dalla sua pipa avesse innescato un fuoco lento e concentrato. Ma nessuno spiegò come quel fuoco potesse bruciare il corpo per ore senza sprigionare fumo o attivare allarmi.

Michael Faherty – 2010, Irlanda

Uno dei pochi casi moderni classificati ufficialmente come autocombustione spontanea. L’uomo fu trovato morto nel soggiorno di casa sua con il corpo completamente carbonizzato. Nessuna fonte esterna di calore fu mai identificata.

Il coroner, incredibilmente, dichiarò che la causa della morte era compatibile con l’autocombustione umana spontanea. Una delle pochissime volte in cui un’autorità ufficiale dette la causa della morte a questo fenomeno inspiegabile. E qui è difficile parlare di leggende o dicerie: parliamo di una relazione medica firmata, su carta intestata.

 Cosa succede davvero in questi corpi?

Qui inizia il vero mistero. Non solo per cosa viene bruciato, ma anche per cosa rimane intatto:

  • Le estremità (piedi, gambe) spesso non vengono coinvolte.

  • I vestiti intorno alle parti bruciate sono anneriti, ma non consumati completamente.

  • Il pavimento, anche se in materiale infiammabile (plastica o legno), rimane in gran parte indenne.

  • Oggetti vicini come libri, tende o giornali… rimangono intatti.

In un forno crematorio servono 2-3 ore a 900 °C per ridurre un corpo in cenere, e anche lì restano frammenti ossei. In questi casi, invece, il corpo scompare quasi del tutto. E nessuno vede o sente nulla.

Siamo davanti a un fenomeno che:

  • Sfida le leggi della termodinamica.

  • Elude ogni spiegazione forense standard.

  • Si presenta in modo incredibilmente selettivo, come se il fuoco colpisse solo dove “volesse” arrivare.

Teorie più diffuse su questo inquietante fenomeno

L’effetto “candela umana”: la teoria più accettata

Secondo la scienza forense, la “spontaneità” dell’autocombustione è solo apparente. In realtà, sarebbe un processo lento e silenzioso, simile a quello di… una candela.

Sì, proprio così. L’effetto “wick” — o “effetto candela” — ci dice che:

  • Il grasso corporeo umano può fungere da combustibile.

  • Gli indumenti agiscono come lo stoppino di una candela.

  • Una piccola scintilla (una sigaretta accesa, una scintilla elettrica) può far partire tutto.

  • La combustione si mantiene lenta, concentrata, senza espandersi.

In laboratorio, alcuni esperimenti su tessuto animale (carne suina, per esempio) avvolto in stoffa, hanno confermato che una combustione può durare anche 6-8 ore, senza produrre fiamme alte né innescare un incendio generale.

Uno studio del Journal of Forensic Sciences descrive così il fenomeno:

“È un caso di combustione localizzata favorita da una densità lipidica elevata e da un abbigliamento assorbente.”

Insomma, il corpo stesso diventa una torcia… ma senza esplosione, senza fuoco visibile, e in modo inquietantemente ordinato.

Ma allora, perché è un fenomeno così raro?

Ecco il punto. Se il “wick effect” fosse davvero così, perché ci sono solo un paio di centinaia di casi in 300 anni? E perché avviene sempre in circostanze tanto precise?

  • Persone spesso anziane, sole.

  • Spesso sedute o distese.

  • Spesso in ambienti molto tranquilli.

Il biologo molecolare Brian J. Ford lo ha detto chiaramente:

“Non c’è nulla di spontaneo in una combustione che richiede un innesco. Ma c’è sicuramente qualcosa di inspiegabile nella calma terrificante con cui il corpo brucia.”

E se il mistero non fosse che brucia… ma come brucia?

Alcol, chetosi, acetone e… combustione interna

Alcolismo: il corpo diventa infiammabile?

Molti dei primi casi di SHC riguardavano persone con forte dipendenza da alcol. Questo ha portato alcuni studiosi a ipotizzare:

  • L’etanolo nel sangue potrebbe aumentare l’infiammabilità.

  • L’assunzione di alcol (o sonniferi) impedirebbe alla vittima di reagire, restando immobile mentre brucia.

Peccato che questa teoria, per quanto sensata a prima vista, non regga scientificamente. Neanche un corpo saturo di alcol può raggiungere la combustibilità necessaria per innescare un incendio del genere.

Il British Medical Journal l’ha definita:

“Una teoria suggestiva, ma non dimostrata. L’alcol può creare il contesto, non il fuoco.”

🧬 Acetone e chetosi: il fuoco viene da dentro?

Qui le cose si fanno più interessanti. Alcuni studiosi hanno proposto un’ipotesi affascinante: la chetosi, è una condizione metabolica che può verificarsi in:

  • Digiuni prolungati

  • Diete chetogeniche

  • Diabete non controllato

In questi casi, il corpo produce acetone, un composto altamente infiammabile, che può:

  • Essere espulso con il respiro (sì, letteralmente: alito infiammabile!)

  • Accumularsi nei tessuti

In presenza di una piccola fiamma, l’acetone potrebbe innescare una reazione a catena, con un’esplosione interna silenziosa e invisibile. Fantascienza? Forse no.

“Non stiamo dicendo che l’acetone bruci i polmoni. Ma in certe condizioni, potrebbe essere il cerino chimico che accende l’intero meccanismo.”
— Dr. M. Van Noort, tossicologo clinico

Quando le teorie non bastano: i casi che sfidano ogni logica

Ci sono episodi che non si spiegano nemmeno con l’effetto candela o la chetosi. Sono rari, ma esistono. E lì, le ipotesi scientifiche vacillano, e non poco!

Jeannie Saffin – 1982, Londra

Jeannie Saffin era una donna con disabilità mentali, che stava seduta tranquilla in cucina. Il padre era accanto a lei. Improvvisamente, una fiamma blu le uscì dalla bocca. Nessun fornello acceso, nessuna sigaretta, nessun accendino.

Ustioni gravissime, morì pochi giorni dopo. Nessuna fonte d’innesco trovata. Il padre, testimone oculare, disse:

“Sembrava bruciasse da dentro.”

Anche il poliziotto scientifico John Heymer definì il caso “autocombustione pura”.

Helen Conway – 1964, Philadelphia

Fu trovata incenerita nella sua stanza. Il corpo era completamente ridotto in cenere, ma il pavimento in plastica sotto di lei… era intatto. Nessun oggetto bruciato nelle vicinanze. Nessuna fiamma visibile.

Il coroner fu costretto a scrivere:

“Non è possibile identificare alcuna causa di combustione esterna.”

📌 Cosa accomuna questi casi inspiegabili?

  • Fiamme viste uscire dalla bocca.

  • Nessun odore di bruciato.

  • Oggetti fragili (carta, plastica) intatti accanto al corpo.

  • Vittime trovate in posizioni non compatibili con l’effetto candela (non sedute, non avvolte in tessuti).

Teorie alternative (e un po’ folli?) — ma affascinanti

Quando la scienza non sa spiegare qualcosa… arriva la fantasia. E in questo caso, si è scatenata.

Sovraccarico elettromagnetico del corpo

Secondo alcuni teorici, il corpo umano potrebbe in rare condizioni generare un campo elettromagnetico instabile, causando un corto circuito biologico. Tipo un’esplosione interna da energia “impazzita”.

Affascinante? Sì. Provata? No. Ma i biofisici alternativi ne discutono da decenni.

Combustione psicosomatica

C’è chi sostiene che la mente umana, in situazioni di estremo stress o trance profonda – raggiungibile ad esempio durante le pratiche di meditazione profonda -, possa causare alterazioni fisiche spontanee, come:

  • Febbri psichiche

  • Persino… fuoco interno

Un esempio evocato spesso è Thích Quảng Đức, il monaco che si diede fuoco nel 1963 senza muoversi, restando in posizione meditativa fino alla fine. Il suo cuore non bruciò — oggi è conservato come reliquia.

Conclusioni

L’autocombustione umana spontanea è un mistero che accende molto più del fuoco: accende la nostra immaginazione, le nostre paure, e quel sottile senso di inquietudine che nasce quando la realtà smette di seguire le regole della normalità.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei