Il fisico di Harvard che sfida la scienza: “Gli alieni possono creare universi”

Avi Loeb, uno degli astronomi più discussi (e criticati) del nostro tempo, è tornato a far parlare di sé, proponendo un’idea tanto spettacolare quanto divisiva: civiltà aliene avanzatissime potrebbero essere in grado di creare universi interi… in laboratorio!
Sì, hai letto bene. Non parliamo di scrittori di fantascienza, ma di uno scienziato con cattedra ad Harvard, che lancia provocazioni scientifiche come se fossero fuochi d’artificio.
Universi “baby” creati in laboratorio?
Durante un’intervista con Fox News, Loeb ha ipotizzato che una civiltà molto più avanzata della nostra – sarebbe capace di unificare la meccanica quantistica con la gravità – e quindi potrebbe raggiungere un livello tale da generare un nuovo universo. Un gesto che, per usare le sue parole, “è simile a ciò che attribuiamo a Dio nei testi religiosi”.
Un’affermazione potente, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche filosofico e spirituale. Per Loeb, l’intelligenza aliena non è solo questione di UFO e dischi volanti: potrebbe avere un ruolo cosmico, quasi divino.
C’è da dire che Loeb non è nuovo a queste idee fuori dagli schemi. Il suo stile audace e la sua disponibilità a mescolare scienza, religione e speculazione lo hanno reso una figura controversa, al punto che il New York Times gli ha dedicato un intero articolo – non tanto per analizzare le sue teorie, quanto per raccontare come le sue affermazioni abbiano messo a disagio gran parte della comunità scientifica.
Ma lui non si lascia intimidire. Anzi, rilancia con esempi ancor più provocatori. Ha dichiarato che se fosse stato presente quando Mosè vide il famoso roveto ardente, avrebbe potuto misurarne la temperatura superficiale, l’energia rilasciata e stabilire se si trattava davvero di un fenomeno soprannaturale. Una battuta? Forse. Ma anche un chiaro segnale del suo approccio: portare il metodo scientifico anche dove altri vedono solo mito.
Il Galileo del XXI secolo?
E qui viene il bello: Loeb non si considera un semplice scienziato alternativo. Si paragona apertamente a Galileo Galilei, perseguitato nel suo tempo per aver sfidato le verità ufficiali. Ha persino battezzato la sua iniziativa di ricerca The Galileo Project – un nome scelto non a caso, simbolo del suo desiderio di rompere con la mentalità dominante.
Ma c’è chi questa narrativa non la beve. Steve Desch, astrofisico dell’Arizona State University, ha detto chiaro e tondo che la gente è semplicemente “stufa delle assurdità di Avi Loeb”. Insomma, non è solo questione di scetticismo, ma di fastidio per il modo in cui Loeb si presenta: un paladino della verità contro un establishment corrotto e cieco.
Scienza o marketing?
Una domanda sorge spontanea: Loeb è un visionario coraggioso o un abilissimo comunicatore che ama stare sotto i riflettori? Forse entrambi. Certo è che sa come attirare l’attenzione. Le sue affermazioni arrivano sempre con grande clamore, alimentando dibattiti, curiosità… e anche parecchia irritazione nel mondo accademico.
Viviamo in tempi nuovi: gli alieni non sono più tabù
Un tempo, parlare di alieni era roba da complottisti e appassionati di X-Files. Oggi invece il discorso ha assunto una veste molto più “istituzionale”. Se ne parla al Congresso degli Stati Uniti, nei dossier governativi e persino nei media più rispettabili. Il punto non è più se “credi agli alieni?”, ma se “sei aggiornato sulle ultime ipotesi?”
E Loeb cavalca questa nuova onda. Secondo lui, l’umanità deve aprirsi alla possibilità che non solo non siamo soli nell’universo, ma che potremmo persino essere il prodotto – diretto o indiretto – di un’intelligenza superiore.
Per quanto bizzarre possano sembrare, le sue idee toccano un tema centrale: i limiti della conoscenza umana. Siamo davvero in grado di comprendere tutto ciò che esiste? O ci sono verità ancora fuori dalla nostra portata, che solo civiltà più evolute possono cogliere?
Loeb propone un esercizio mentale ardito ma stimolante: e se gli alieni fossero già tra noi, non come visitatori con grandi occhi neri, ma come forze creatrici? Come ingegneri dell’universo stesso?
Le critiche: scienza o invidia?
A chi lo accusa di essere un ciarlatano, Loeb risponde con una semplicità disarmante: “È solo gelosia accademica”. Una frase che ha fatto sorridere (e innervosire) molti, ma che rivela una verità più profonda: nel mondo della scienza, il confine tra genio e follia è spesso sottile.
In sintesi: perché parlare di Loeb?
Amiamolo o odiamolo, Avi Loeb ha un merito indiscutibile: ci costringe a pensare oltre i confini. Ci ricorda che la scienza non è solo rigore, ma anche immaginazione. E forse, un pizzico di follia è ciò che serve per fare il prossimo grande balzo.
🔍 In sintesi:
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Avi Loeb, fisico di Harvard, sostiene che civiltà aliene potrebbero creare universi in laboratorio.
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Paragona queste capacità a quelle attribuite a Dio nei testi religiosi.
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Ritiene che, con strumenti moderni, avrebbe potuto “verificare” eventi biblici come il roveto ardente di Mosè.
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Ha fondato The Galileo Project, paragonandosi allo scienziato rinascimentale.
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È criticato da colleghi come Steve Desch, che lo accusa di alimentare assurdità.
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Loeb ribatte parlando di “gelosia accademica”.
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Le sue teorie si inseriscono in un contesto culturale dove la vita aliena è sempre meno un tabù.
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