Cosa succede dopo la morte? Le sorprendenti scoperte del Dott. Parnia
La morte è davvero la fine?
Immagina per un attimo che la morte non sia quel confine invalicabile tra l’essere e il non essere. Che non sia, come abbiamo sempre pensato, uno stop definitivo. Strano da dire, vero? Eppure c’è un medico, un ricercatore molto rispettato, che da anni sostiene proprio questo. Il suo nome è Sam Parnia, professore associato di medicina alla NYU Langone. E il suo lavoro sta letteralmente rivoluzionando il modo in cui comprendiamo la vita… e la morte.
Chi è Sam Parnia?
Sam Parnia non è uno stregone, né un filosofo new age. È uno scienziato, un’autorità nel campo della rianimazione e dello studio della coscienza umana. Ha scritto un libro potente, Lucid Dying, dove racconta come la morte non sia un evento istantaneo, ma un processo. Secondo lui, le cellule – incluse quelle del cervello – non muoiono immediatamente dopo l’arresto cardiaco. Anzi, possono restare “in vita” per ore, perfino giorni.
Il cervello dopo la morte… continua a vivere?
Sorprendentemente, il cervello umano non muore subito dopo che il cuore si ferma. Per anni si è creduto che, una volta interrotto l’afflusso di ossigeno, i neuroni iniziassero a morire nel giro di pochi minuti, rendendo ogni tentativo di salvataggio praticamente inutile. Ma la ricerca del Dott. Parnia dice il contrario.
In realtà, le cellule cerebrali entrano in una sorta di “modalità di sopravvivenza” e possono resistere molto più a lungo del previsto, anche per ore. Ovviamente, il tempo è cruciale, ma questa finestra più ampia apre a scenari completamente diversi.
Grazie a questa scoperta, potremmo poter intervenire anche dopo tempi più lunghi, con tecniche avanzate per riattivare il cervello e riportare alla coscienza chi sembrava perduto.
“La morte è un processo, non un interruttore on/off”, ripete spesso il Dott. Parnia.
In pratica, morire non avviene in un attimo, come premere un interruttore della luce. È un percorso graduale, durante il quale alcune funzioni biologiche continuano a operare silenziosamente. Sapere questo cambia radicalmente il modo in cui guardiamo la morte. Non più come un “punto di non ritorno”, ma come uno stato che, se affrontato nel modo giusto, può essere invertito.
Questa scoperta non è solo teoria. È già stata applicata in situazioni reali, come nei casi di pazienti rianimati dopo diverse ore di “morte apparente”. Grazie a nuove tecnologie, come le macchine ECMO o il raffreddamento corporeo controllato, riportare alla vita il cervello è diventato possibile. E non solo a livello biologico, ma con piene capacità cognitive, come se nulla fosse accaduto.
Esperienze di pre-morte: visioni o realtà?
Parnia ha condotto uno studio internazionale su oltre 500 persone riportate in vita dopo un arresto cardiaco. Una su cinque ha raccontato esperienze vive, lucide e coerenti durante il periodo in cui era tecnicamente “morta”. Non si trattava di sogni o allucinazioni. I pazienti parlavano di:
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Sensazioni di separazione dal corpo
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Visioni dall’alto della stanza
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Ricordi nitidi e valutazioni della propria vita
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Un’assenza totale di dolore e paura
In altre parole: erano coscienti mentre erano incoscienti. Come è possibile?
Parnia e il suo team affermano che queste esperienze non sono allucinazioni. Sono qualcosa di diverso. Qualcosa che la scienza fatica ancora a spiegare.
La coscienza: un mistero che ci sfugge
Parnia ipotizza che la coscienza non sia un semplice prodotto del cervello, come pensano molti scienziati. Potrebbe invece essere qualcosa di separato, come un segnale radio che continua a esistere anche se la radio è spenta.
Un esempio? Il neuroscienziato di Harvard Eben Alexander. Nel 2008 entrò in coma profondo per un’infezione. Il suo cervello era clinicamente inattivo. Eppure, racconta di aver vissuto un’esperienza intensa, gioiosa, quasi ultraterrena. Prima era scettico. Dopo quella prova, ha cambiato idea: ora è convinto che la coscienza sopravviva alla morte.
Tecnologia e rinascita: un nuovo orizzonte?
Parnia utilizza l’intelligenza artificiale, le macchine ECMO (che mantengono cuore e polmoni in funzione) e tecniche mediche avanzate per rianimare pazienti dichiarati morti. Incredibile? Eppure è già realtà. Il caso di Audrey Mash, una donna che ha subito un arresto cardiaco per oltre sei ore durante un’escursione in Spagna, è emblematico. Era fredda, clinicamente morta. Ma in ospedale, grazie a queste tecnologie, è tornata in vita senza danni neurologici.
E se il cervello fosse solo un filtro?
Per molto tempo, la scienza ha dato per scontato che la coscienza nascesse nel cervello, un po’ come il calore viene generato da una stufa accesa. In questa visione, se il cervello si spegne, anche la coscienza si spegne. Fine. Buio totale.
Ma oggi alcuni scienziati e filosofi stanno mettendo in discussione questa idea. Una teoria sempre più discussa suggerisce che il cervello non sia il “produttore” della coscienza, ma il suo “filtro” o “ricevitore”.
In altre parole, la coscienza potrebbe esistere già da qualche parte, in una dimensione o in una realtà che ancora non comprendiamo appieno, e il cervello funzionerebbe solo come una sorta di modem o antenna, che la capta e la trasmette nel corpo.
Facciamo un paragone concreto: pensa a Internet. Tu puoi connetterti alla rete grazie al tuo computer o al telefono, giusto? Ma Internet non nasce dal tuo dispositivo: esiste già, altrove, e il tuo apparecchio semplicemente la riceve e ti permette di interagire con essa.
Ecco, secondo questa teoria, la coscienza funziona allo stesso modo:
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Esiste già, indipendentemente dal nostro corpo fisico.
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Il cervello la “traduce” nella nostra esperienza umana.
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Quando il cervello smette di funzionare (cioè moriamo), non è detto che la coscienza sparisca. Potrebbe semplicemente scollegarsi dal corpo e continuare ad esistere altrove, magari in una forma che ancora non riusciamo a comprendere o misurare con i nostri strumenti attuali.
Tra i sostenitori di questa ipotesi ci sono anche neuroscienziati di fama mondiale, come il già citato Dr. Eben Alexander, che dopo la sua esperienza di pre-morte ha affermato che la coscienza non può essere ridotta a una semplice attività neuronale. Per lui, il cervello è più uno strumento di accesso che una fonte di produzione.
La morte non è come pensavamo
Sam Parnia sta cambiando il modo in cui vediamo la morte. Non è più una linea netta, ma una zona grigia, una soglia attraversabile. E la coscienza, quel misterioso centro delle nostre emozioni, pensieri e desideri, potrebbe non spegnersi con il cuore.
Le implicazioni sono profonde:
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Dobbiamo ripensare quando e come dichiariamo la morte
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La rianimazione avanzata può salvare vite anche dopo ore
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La coscienza potrebbe non essere vincolata al cervello
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Forse, la scienza e la spiritualità non sono così distanti come credevamo
RIFERIMENTI SCIENTIFICI
https://www.sciencedaily.com/releases/2022/04/220407100956.htm
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