Entro il 2100, un terzo della terra sarà invivibile per il caldo

Negli ultimi anni abbiamo imparato a convivere con estati più calde, ondate di calore sempre più intense e giornate in cui l’aria sembra irrespirabile. Ma la scienza ci avverte: ciò che oggi consideriamo eccezionale, domani potrebbe diventare la norma.
Secondo un nuovo studio pubblicato su Nature Reviews Earth and Environment, le aree della Terra troppo calde per essere abitate dagli esseri umani triplicheranno entro la fine di questo secolo, anche se riuscissimo a mantenere l’aumento delle temperature globali entro i 2 °C previsti dall’accordo di Parigi.
E se pensiamo che 2 gradi possano sembrare “pochi”, basta guardare il presente: abbiamo già raggiunto +1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, e lo abbiamo fatto solo lo scorso anno. Un incremento che ha già trasformato il clima di molte regioni, causando problemi diretti sulla salute, sull’economia e sulla vivibilità delle città.
Cosa significa “troppo caldo per vivere”?
La definizione non riguarda solo la sensazione di disagio o di stanchezza percepita nelle giornate afose. Esiste un limite fisiologico oltre il quale il corpo umano non riesce più a disperdere il calore in eccesso.
È il cosiddetto calore “non compensabile”, ovvero una condizione in cui la temperatura esterna e l’umidità impediscono ai meccanismi naturali (come la sudorazione) di mantenere stabile la temperatura interna del corpo.
Questo fenomeno, un tempo raro e legato a contesti particolari – come nel caso di atleti in gara sotto la luce del sole – sta diventando sempre più comune durante le ondate di calore, soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali.
Le aree già colpite oggi
Negli ultimi anni, intere zone del golfo persico, della pianura indo-gangetica, del sud degli Stati Uniti, di alcune regioni del Messico e perfino dell’Australia hanno registrato episodi di calore oltre i limiti sopportabili anche da giovani adulti sani.
Non si parla solo di “giornate calde”, ma di condizioni che, anche se protratte per poche ore, possono portare a colpi di calore letali.
I numeri che preoccupano
Lo studio guidato dal climatologo Tom Matthews del King’s College di Londra è chiaro:
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Con +2 °C rispetto ai livelli preindustriali, Le zone del pianeta in cui un adulto sano non potrebbe vivere per il caldo estremo diventerebbero tre volte più vaste, coprendo un’area pari a quella degli Stati Uniti.
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Per gli over 60, più vulnerabili al calore, la zona di pericolo coprirebbe il 35% della superficie terrestre, rispetto al 21% attuale.
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Con un riscaldamento di 4 °C, il calore insopportabile interesserebbe il 40% della Terra. Solo le alte latitudini e alcune zone più fresche resterebbero vivibili senza rischi immediati.
E c’è di più: se si arrivasse a un incremento di 4-5 °C – scenario plausibile se non riduciamo drasticamente le emissioni – gli anziani rischierebbero l’esposizione a calore insopportabile sul 60% della superficie terrestre.
Calore “non compensabile” e calore “insopportabile”
Bisogna distinguere questi due concetti:
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Calore non compensabile: quando il corpo accumula più calore di quanto possa disperdere. Anche con ombra, vento e idratazione, il rischio resta elevato.
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Calore insopportabile: quando la temperatura corporea interna raggiunge i 42 °C in meno di sei ore, condizione letale per chiunque.
Matthews sottolinea che stiamo entrando in un’era in cui queste soglie, finora rare, saranno superate più spesso, persino per chi gode di buona salute.
E se non facciamo nulla?
Se continuiamo a bruciare combustibili fossili e a distruggere ecosistemi che assorbono CO₂, sarà quasi impossibile mantenere l’obiettivo dei 2 °C. Il risultato? Un pianeta dove stare all’aperto potrebbe diventare un rischio mortale in molte aree, anche per poche ore di esposizione.
Pensiamo alle conseguenze sociali:
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Migrazioni forzate da zone diventate invivibili.
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Crollo della produttività agricola e lavorativa nelle regioni colpite.
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Stress sulle infrastrutture sanitarie, già messe alla prova da altri eventi climatici estremi.
Possiamo ancora agire?
La buona notizia è che abbiamo strumenti per mitigare il problema:
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Passaggio rapido alle energie rinnovabili per ridurre le emissioni.
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Protezione e ripristino degli ecosistemi che assorbono carbonio, come foreste e zone umide.
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Pianificazione urbana e adattamento per garantire zone d’ombra, sistemi di raffreddamento e accesso ad ambienti climatizzati, soprattutto per le persone più vulnerabili.
Anche con le migliori politiche climatiche, dovremo prepararci a convivere con periodi di calore estremo. L’accesso a luoghi freschi e sicuri sarà una necessità, non un lusso.
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