Training autogeno: l’arte semplice (e scientifica) di guarire da dentro

Cosa accadrebbe se potessi ridurre l’ansia, migliorare la qualità del sonno, aumentare la concentrazione e persino ridurre il dolore… semplicemente chiudendo gli occhi e ascoltando il tuo corpo? Non è fantascienza, è il training autogeno!
Questa tecnica, sviluppata negli anni ’30 dal neurologo tedesco Johannes Heinrich Schultz, è il risultato di un lavoro scientifico di osservazione sul rilassamento profondo e sull’autosuggestione.
È usata ancora oggi in psicoterapia, nello sport, nella preparazione al parto, nella medicina psicosomatica e persino nel miglioramento delle performance cognitive. Eppure, pochi la conoscono. È come imparare a “parlare il linguaggio del corpo” e rieducarlo a reagire in modo più armonico, meno impulsivo, e più saggio.
Il contesto storico e scientifico del training autogeno
Le origini: Johannes Schultz e l’ipnosi scientifica
Il training autogeno nasce ufficialmente nel 1932, quando Johannes Heinrich Schultz pubblica Das autogene Training. Schultz era uno psichiatra rigoroso, formatosi nella scuola di Berlino, attento alle applicazioni cliniche delle tecniche ipnotiche.
Osservando i suoi pazienti sotto ipnosi notò un fenomeno curioso: durante gli stati di rilassamento profondo, molte persone riferivano sensazioni ricorrenti, come “il braccio è pesante”, “il corpo è caldo”, e “il respiro è calmo”.
Da qui, Schultz capì che quelle formule potevano essere indotte volontariamente, senza bisogno dell’ipnosi, attraverso una semplice ripetizione mentale in uno stato di rilassamento.
In un’epoca in cui la medicina era ancora centrata sulla chimica e sull’organo malato, Schultz compì un gesto rivoluzionario: portare l’attenzione sull’autonomia del soggetto. L’idea che una persona potesse, da sola, regolare il proprio equilibrio psicosomatico era davvero nuova e rivoluzionaria.
Le basi neurofisiologiche: come funziona?
Oggi, grazie alle neuroscienze, sappiamo molto di più su ciò che accade nel cervello durante il training autogeno:
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Si attiva il sistema parasimpatico, responsabile del rilassamento e della rigenerazione cellulare.
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Si riduce l’attività della corteccia prefrontale, quella legata al pensiero analitico e allo stress cognitivo.
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Migliora la coerenza cardiaca: il battito cardiaco si armonizza con il ritmo respiratorio.
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Si liberano endorfine e neurotrasmettitori calmanti come la serotonina.
In pratica, è come se il cervello ricevesse il messaggio: “Niente panico, siamo al sicuro”. E da lì comincia a disattivare le risposte da allarme.
Questa è già di per sé una medicina naturale potentissima. La mente ordina, il corpo risponde.
Le sei formule fondamentali del training autogeno
Il cuore della tecnica è un allenamento mentale composto da sei esercizi standard, chiamati formule autogene, da ripetere in silenzio e con regolarità. Queste frasi agiscono come comandi mentali che inducono uno stato di rilassamento profondo, via via più profondo.
Vediamole nel dettaglio:
1. Pesantezza: “Il mio braccio destro è pesante”
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Scopo: rilassare la muscolatura scheletrica
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Percezione: il corpo sembra pesante, come se affondasse
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Meccanismo: la pesantezza è correlata al rilassamento muscolare; induce uno stato di abbandono corporeo
✨ Immagina di lasciare andare le tensioni come sabbia che scivola tra le dita…
2. Calore: “Il mio braccio destro è piacevolmente caldo”
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Scopo: vasodilatazione e rilassamento vascolare
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Percezione: il corpo diventa caldo, specialmente agli arti
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Meccanismo: il calore è associato all’afflusso sanguigno nei capillari periferici, un chiaro segno di attivazione parasimpatica
💡 È come se il corpo dicesse: “Ora posso finalmente riposare”
3. Cuore: “Il mio cuore batte calmo e regolare”
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Scopo: regolare l’attività cardiaca e ridurre l’ansia
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Percezione: si avverte il battito, lo si ascolta senza giudizio
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Meccanismo: riduzione della frequenza cardiaca, miglioramento della variabilità cardiaca
❤️ Ascoltare il proprio cuore è come accordare uno strumento: solo quando lo fai, tutto torna armonico.
4. Respiro: “Il mio respiro è calmo e regolare”
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Scopo: prendere consapevolezza del ritmo respiratorio senza forzarlo
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Percezione: si osserva il respiro diventare naturale, lento, e fluido
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Meccanismo: il respiro regolare agisce come ponte tra corpo e mente, favorendo l’equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico
🌬 Non si tratta di controllare il respiro, ma di lasciarlo andare… come le onde del mare che vanno e vengono da sole.
5. Plesso solare: “Il mio plesso solare è piacevolmente caldo”
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Scopo: rilassare profondamente l’area addominale, sede delle emozioni
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Percezione: si avverte una sensazione di calore diffuso nella zona dello stomaco
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Meccanismo: si riduce la tensione viscerale, si riequilibrano le funzioni digestive e l’attività neurovegetativa
🔥 Questa formula agisce sul “secondo cervello” – l’intestino – pacificando le emozioni e sciogliendo i nodi dello stress.
6. Fronte fresca: “La mia fronte è piacevolmente fresca”
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Scopo: stimolare la vigilanza e la lucidità mentale
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Percezione: si avverte una lieve freschezza sulla fronte
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Meccanismo: si favorisce una lieve vasocostrizione nella zona cefalica, utile a riequilibrare l’eccessiva attività cerebrale
❄️ È come rinfrescare la mente dopo un lungo sogno… tornare alla realtà ma senza bruschi risvegli.
Le posizioni corrette per praticare il training autogeno
Anche se può sembrare banale, la posizione del corpo gioca un ruolo fondamentale per ottenere un vero stato autogeno. Il principio è semplice: il corpo deve essere in uno stato di rilassamento passivo, ma non dormiente.
Le tre posizioni principali:
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Sdraiati (testa rivolta verso l’alto)
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Ideale per chi è a letto o su un tappetino
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Evitare di incrociare le gambe o le braccia
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Attenzione a non addormentarsi
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Seduti su una poltrona comoda (posizione del cocchiere)
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Schiena appoggiata, mani sulle cosce
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Piedi ben piantati a terra
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La testa può essere leggermente inclinata in avanti
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Seduti a terra (in stile orientale, gambe incrociate)
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Ottimo per chi è abituato alla meditazione
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Necessita di un buon tono posturale per evitare tensioni nella schiena
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⚠️ Non è necessario essere rigidi o perfetti: l’importante è sentirsi comodi e al sicuro.
Benefici scientificamente comprovati dal training autogeno
La ricerca ha confermato in numerosi studi che il training autogeno ha un impatto diretto sulla salute fisica e mentale. E non parliamo solo di “sensazioni piacevoli”: ci sono effetti misurabili, ripetibili e profondi.
Benefici psicologici
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Riduzione dell’ansia generalizzata
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Miglioramento del tono dell’umore
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Maggiore stabilità emotiva
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Potenziamento della capacità di gestire lo stress
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Riduzione dei sintomi di depressione lieve e moderata
In uno studio del 2010 pubblicato sul “Journal of Psychosomatic Research”, il training autogeno si è rivelato efficace quanto la psicoterapia breve per ridurre l’ansia situazionale nei pazienti ospedalizzati.
Benefici fisici
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Abbassamento della pressione arteriosa
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Regolarizzazione del battito cardiaco
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Diminuzione della tensione muscolare
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Miglioramento della digestione
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Riduzione di emicranie, dolori cronici e insonnia
💡 L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha incluso il training autogeno tra le tecniche utili per la promozione della salute mentale.
Benefici cognitivi
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Maggiore concentrazione
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Miglioramento della memoria a breve termine
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Aumento della creatività
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Miglior controllo dell’attenzione sostenuta
✍️ Molti studenti, atleti e manager usano il training autogeno come strumento per migliorare la performance mentale nei momenti cruciali.
Come si struttura una sessione di training autogeno
Una seduta di training autogeno non è mai improvvisata. Anche se sembra semplice – e in parte lo è – segue una struttura precisa che ne garantisce l’efficacia. In pratica, è come una coreografia mentale: ogni parte ha la sua funzione, il suo tempo, e la sua logica.
Le tre fasi di ogni seduta
1. Fase di induzione (iniziale)
Scopo: portare la mente e il corpo in uno stato di ricettività passiva.
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Si assume una posizione comoda
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Si chiudono gli occhi
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Si respira lentamente e profondamente per 1-2 minuti
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Si comincia a ripetere mentalmente la prima formula (“Il mio braccio destro è pesante…”)
💡 In questa fase non si deve “ottenere” qualcosa: basta lasciarsi andare.
2. Fase centrale (ripetizione delle formule)
Scopo: attraversare progressivamente i sei stadi del training autogeno.
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Le formule vengono ripetute una per volta, con calma, più volte (di solito 3-6)
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L’attenzione è focalizzata sulle sensazioni corporee, senza nessun giudizio
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Si passa alla formula successiva solo quando si è “sentita” abbastanza la precedente
🎧 Non serve “sforzarsi” di sentire il calore o la pesantezza: basta osservare se arriva, oppure no. La mente impara nel tempo.
3. Fase di uscita (ritorno alla vigilanza)
Scopo: riattivare dolcemente il corpo e la mente.
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Si fanno 2-3 respiri profondi
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Si muovono lentamente le dita delle mani e dei piedi
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Si esegue una leggera tensione muscolare (come stiracchiarsi)
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Solo alla fine si aprono gli occhi
⚠️ Mai saltare questa fase! Tornare bruscamente allo stato di veglia può causare vertigini, disorientamento o mal di testa.
Errori comuni da evitare
Il training autogeno è semplice, ma non banale. Ecco gli errori più comuni che ne compromettono l’efficacia (e che molti fanno senza accorgersene):
1. Aspettarsi “risultati immediati”
È un allenamento. Alcuni effetti si sentono subito, ma il vero cambiamento avviene nel tempo. Come la meditazione o lo yoga, richiede costanza.
2. Sforzarsi di “sentire” qualcosa
Le sensazioni (calore, pesantezza, rilassamento) arrivano da sole. Se ti concentri troppo nel volerle percepire, ostacoli il processo. Ricorda: il training autogeno è passivo, non attivo.
3. Usarlo in situazioni sbagliate
Non praticarlo:
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mentre stai guidando
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quando sei troppo stanco (rischi di addormentarti)
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in ambienti rumorosi o dove potresti essere interrotto
🧘 Ritagliati uno spazio sicuro, anche 10 minuti, in un luogo che protegga la tua interiorità.
4. Saltare la fase di uscita
Questo errore può rendere il training autogeno controproducente. Saltare la fase finale rischia di lasciarti “spaesato”, con torpore e malessere, soprattutto se pratichi da sdraiato.
Ambiti di applicazione: dove si usa davvero il training autogeno?
Forse non lo immagini, ma il training autogeno è oggi ampiamente usato in moltissimi contesti, spesso accanto alla medicina tradizionale. Ecco dove trova spazio – e successo.
Psicoterapia e psichiatria
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Ansia, panico, fobie
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Depressione lieve
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Disturbi psicosomatici
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Disturbi ossessivi
Il training autogeno viene spesso integrato alla terapia cognitivo-comportamentale. È utile per ristrutturare la percezione del corpo e imparare a gestire l’iperattivazione emotiva.
Medicina e fisioterapia
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Ipertensione
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Insonnia
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Colon irritabile
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Fibromialgia
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Emicranie e cefalee muscolo-tensive
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Dolore cronico
È utilizzato negli ospedali e nei centri di riabilitazione per aiutare il corpo a ritrovare l’omeostasi (l’equilibrio naturale) e a migliorare la percezione corporea nei pazienti.
Sport e performance
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Migliora la concentrazione
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Riduce l’ansia da prestazione
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Ottimizza il recupero muscolare
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Accresce la consapevolezza corporea
Molti atleti olimpici, tennisti e maratoneti praticano il training autogeno come preparazione mentale. Aiuta a entrare nella “zona” – quello stato di flusso totale in cui mente e corpo sono un tutt’uno.
Scuola e apprendimento
Negli ultimi anni è stato introdotto anche nelle scuole italiane, per migliorare l’attenzione e ridurre lo stress degli studenti, soprattutto in prossimità di interrogazioni e verifiche.
Gravidanza e parto
Il training autogeno è uno degli strumenti principali nei corsi di preparazione al parto:
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Riduce la paura e la tensione
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Migliora la respirazione
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Rende il travaglio più consapevole e meno traumatico
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Favorisce il legame con il bambino
Differenze tra training autogeno e meditazione
Molti confondono il training autogeno con la meditazione, ma sono due tecniche molto diverse, con scopi, origini e meccanismi distinti.
Origine e approccio
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Training autogeno: nasce dalla psicoterapia occidentale (Schultz, anni ’30), ha un impianto medico-scientifico. Utilizza formule mentali precise per indurre il rilassamento.
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Meditazione: nasce in contesti spirituali orientali (buddismo, yoga), e ha obiettivi più ampi, anche esistenziali o trascendenti.
Meccanismo
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Il training autogeno lavora sul corpo tramite la mente, in modo sequenziale e autosuggestivo.
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La meditazione lavora sulla mente tramite la mente, portando consapevolezza non giudicante.
Il livello superiore: formule personali e visualizzazioni
Una volta che hai padroneggiato le sei formule base, puoi passare al training autogeno superiore, una forma più libera e creativa, utile per lavorare su obiettivi interiori più profondi.
Le visualizzazioni guidate
In questo livello, il praticante impara a visualizzare scenari simbolici, immagini archetipiche o situazioni specifiche. Esempi:
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Un luogo sicuro (una spiaggia, una foresta, un tempio)
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Un colore curativo che avvolge una parte del corpo
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Un simbolo (una fiamma, una stella, una porta) che rappresenta un cambiamento desiderato
🎨 Qui il training diventa quasi “immaginativo”: un dialogo poetico tra coscienza e inconscio.
Le formule personali
Il praticante può formulare frasi mirate per influenzare abitudini, comportamenti, ed emozioni. Ma c’è una regola d’oro: devono essere formulate in modo positivo, e al presente.
Esempi efficaci:
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“Mi sento calmo e sicuro in ogni situazione”
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“Affronto gli imprevisti con serenità e chiarezza”
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“Dormo profondamente e mi sveglio pieno di energia”
⚠️ Evita frasi come “non voglio più essere ansioso”: l’inconscio non riconosce la negazione e potrebbe rafforzare proprio ciò che si vuole eliminare.
Una guida pratica: 3 settimane per iniziare
Ti propongo ora un percorso graduale di 3 settimane per imparare a implementare il training autogeno durante la quotidianità.
Settimana 1: Familiarizzazione
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1 seduta al giorno, 10-15 minuti
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Solo le prime 2 formule (pesantezza e calore)
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Posizione seduta o sdraiata, luogo silenzioso
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Ripetere ogni formula 5-6 volte mentalmente
🎯 Obiettivo: imparare ad ascoltare il corpo e cogliere le prime sensazioni sottili.
Settimana 2: Approfondimento
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2 sedute al giorno (mattina e sera)
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Aggiungi le formule del cuore e del respiro
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Inizia a percepire il ritmo interno, e i micro cambiamenti
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Scrivi un diario: cosa senti? Ti senti diverso dopo?
🎯 Obiettivo: creare un legame più profondo con il tuo ritmo interno.
Settimana 3: Integrazione
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Pratica completa con tutte le 6 formule
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Introduci la fase di uscita con maggiore consapevolezza
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Aggiungi (se vuoi) una formula personale
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Inizia a usare la tecnica in situazioni reali: prima di dormire, prima di parlare in pubblico, o durante una pausa lavorativa
🎯 Obiettivo: il training autogeno diventa parte della tua giornata, non un momento isolato.
Conclusione
Viviamo in un mondo dove si corre, si pretende, e si reagisce. Ma quanti si fermano davvero ad ascoltare il battito del cuore, la temperatura delle mani, o il respiro che ci sostiene? Il training autogeno ci riporta lì, dove tutto comincia: nel corpo vivo, e nella mente che ascolta.
È una tecnica sì, ma anche una filosofia di vita: quella della consapevolezza, del rallentamento, e del rispetto profondo per i segnali sottili del nostro essere.
“Impara ad ascoltare il tuo corpo, o sarai costretto ad ascoltare le sue urla.”
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