Più libertà, e meno desiderio: il paradosso del sesso nell’era delle app e dell’iperconnessione.

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Mai come oggi il sesso è stato così accessibile e onnipresente. Lo trovi ovunque: sui social, nelle app di dating, nei film e nelle canzoni. È l’ossigeno culturale della nostra epoca, eppure… ne respiriamo sempre meno.

I dati parlano chiaro. In Italia e in Europa, le nuove generazioni fanno meno sesso dei loro genitori. Ci sono i social media che aiutano la connessione, e le app di appuntamenti, tutti strumenti utili per trovare un partner – eppure mai così tanti giovani si sono dichiarati soli, frustrati e disinteressati al contatto fisico.

Da cosa può dipendere?

L’abbondanza che ci paralizza

Viviamo nel regno dell’abbondanza. Troppa scelta, troppe possibilità e troppa libertà apparente. Il sociologo Barry Schwartz lo chiamava “il paradosso della scelta”: più opzioni abbiamo, più diventa difficile scegliere. E quando finalmente scegliamo, siamo meno felici, perché pensiamo a tutte le alternative che abbiamo scartato.

Nel mondo del sesso e delle relazioni questo meccanismo aumenta in modo esponenziale. Oggi basta un dito per scorrere migliaia di profili. Tuttavia questa abbondanza anestetizza.

  • Più scelta genera più ansia.

  • Più ansia genera indecisione.

  • Più indecisione genera solitudine.

Risultato? Il desiderio si trasforma in scroll infinito, la seduzione in catalogo, e l’incontro in una sorta di “esperimento sociale”.

Non a caso, la selettività è aumentata drasticamente. E gli studi lo confermano: le donne, in particolare, sono diventate molto più selettive nella scelta del partner, complici i nuovi strumenti digitali e la possibilità di accedere a un bacino “globale” di potenziali partner.

Non c’è nulla di sbagliato in questo, anzi: la selezione naturale dell’amore è più consapevole. Ma il rovescio della medaglia è evidente: con più scelta arriva più ansia, e con esso il rischio di non trovare mai qualcuno “abbastanza giusto”.

Quando l’amore era locale

Un tempo era diverso. Quando i nostri genitori o i nostri nonni si innamoravano, il mondo era più piccolo.
Se nascevi in un paesino, conoscevi venti, trenta persone – e tra quelle sceglievi. Non c’erano filtri, né infinite possibilità. Eppure, da quei limiti nascevano legami forti, relazioni autentiche e famiglie solide.

Oggi, invece, la possibilità di vedere migliaia di volti con un dito ci ha resi più esigenti, più sospettosi e più indecisi.
Abbiamo trasformato l’amore in una ricerca continua di “qualcosa di meglio”, dimenticando che l’amore vero nasce quando smetti di cercare.

La disconnessione digitale

Parliamoci chiaro: oggi non ci si guarda più negli occhi, ma ci si guarda sullo schermo. Le app di dating, i social network, i messaggi filtrati dagli emoji, nonché gli algoritmi ci fanno credere di essere più connessi che mai. Tuttavia, in realtà siamo più soli che mai.

Il match diventa così una piccola scarica di dopamina, una micro-dose di gratificazione che dura quanto una story su Instagram.

E quando arriva il momento dell’incontro reale, spesso scatta l’imbarazzo. L’energia che online sembrava esplosiva si dissolve in un caffè tiepido e in silenzi pieni di notifiche.

A questo si aggiunge la pornodipendenza, un tema spesso ignorato ma di vitale importanza. La pornografia oggi è ovunque, gratuita, immediata, e senza limiti. È diventata la prima educazione sessuale di milioni di ragazzi – e anche di molti adulti, ma il cervello umano non è fatto per gestire tutta questa spropositata quantità di stimoli.

Così, dopo anni di consumo compulsivo:

  • Il desiderio reale diminuisce.

  • L’eccitazione si lega più alla fantasia che alla realtà.

  • Il partner reale diventa “meno interessante” di un video o di un’immagine.

Insomma, siamo drogati di immagini ma affamati di contatto. È un paradosso tragico, ma perfettamente coerente con il nostro tempo.

La stanchezza del corpo e della mente

A tutto questo si aggiunge un altro elemento, più sottile ma devastante: la stanchezza cronica del corpo e della mente. Viviamo in una società dove si corre sempre, ma non sappiamo più verso cosa, e questo genera frustrazione.

Ansia, depressione, insonnia, stress da iperconnessione, stanchezza cronica, cattive abitudini alimentari… tutto l’Occidente è più malato che mai, nonostante abbia tutto.

E quando la mente è esaurita e il corpo è stanco, il desiderio si spegne. Il sesso richiede energia, curiosità e vitalità. Ma chi è continuamente esausto, non ha voglia di desiderare, ma vuole solo riposare.

In un certo senso, la mancanza di sesso è anche un sintomo della nostra salute mentale collettiva.

Abbiamo perso i valori

In questa corsa al “piacere istantaneo” abbiamo perso qualcosa di più profondo: i valori. Non parlo di moralismi, ma di significato.
Oggi l’intimità è diventata merce, contenuto e performance. Tutto viene mostrato, e nulla è davvero sentito.

Ci vantiamo della libertà sessuale, ma spesso la confondiamo con la libertà emotiva: possiamo fare tutto, ma non sentiamo più niente.

Una volta l’amore era impegno, scoperta e crescita reciproca. Oggi è un contratto a termine e rinnovabile solo finché “va bene”.

Il sesso come performance, non come intimità

Un altro grande errore del presente è la trasformazione del sesso in performance. Non lo viviamo più come un linguaggio del corpo istintivo, ma come una prova da superare.

Le pressioni estetiche, le aspettative derivate dalla pornografia e “la cultura dell’apparenza” hanno reso il momento più naturale dell’essere umano… un piccolo spettacolo privato pieno d’ansia.

E quando l’attenzione si sposta dal sentire al “fare bene”, succede qualcosa di semplice ma devastante: il desiderio evapora e
il sesso smette di essere connessione e diventa prestazione.

Non è più un incontro dove avviene uno scambio di due vulnerabilità – dato che durante l’atto sessuale le persone si mettono a nudo, ma diventa una gara di controllo.

Risultato? Più ansia e meno passione. Più confronto e meno intimità. La spontaneità si dissolve sotto la pressione del “devo essere bravo”, “devo piacere”, “devo sorprendere”.

Il ritorno del desiderio: connessione e autenticità

Forse, allora, il futuro del sesso non sta nell’aumentare le opportunità, ma nel riscoprire la lentezza e l’intimità autentica. E per conoscere davvero una persona occorre tempo. Utile anche per costruire fiducia e desiderio.

L’era dell’abbondanza ci ha tolto la fame, ma anche il sapore. E forse, per ritrovare il gusto del sesso — e della vita — dobbiamo tornare ad avere fame. Fame di sguardi, di contatto e di autenticità.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei