L’Alzheimer potrebbe dipendere da una carenza di un minerale secondo uno studio di Harvard
Per decenni ci hanno raccontato che l’Alzheimer è un enigma irrisolvibile, un ladro invisibile che ruba ricordi senza lasciare scampo. Eppure, oggi emerge un’ipotesi che potrebbe rivoluzionare tutto: la chiave non sarebbe soltanto nelle proteine difettose o nell’età che avanza, ma in una grave carenza di un micronutriente essenziale – il litio.
Un micronutriente nascosto in bella vista
Uno studio condotto ad Harvard dal professor Bruce Yankner, genetista e neurologo, ha analizzato circa 400 campioni di cervello umano. Il risultato è stato sconcertante: nei pazienti affetti da Alzheimer i livelli di litio risultano inferiori del 60% rispetto alla norma, e questa riduzione avviene spesso anni prima che compaiano i primi sintomi della malattia.
E non si tratta del litio usato in psichiatria a dosi farmacologiche (potenzialmente tossiche), ma di un litio naturale, paragonabile a minerali fondamentali come ferro e zinco.
Ancora più sorprendente è la scoperta che le famose placche amiloidi, da sempre considerate il colpevole principale, si comportano come calamite: intrappolano il litio e lo sottraggono ai neuroni. Senza questo nutriente, il cervello perde una delle sue difese fondamentali.
Esperimenti sui topi: memoria recuperata
Nei modelli animali i ricercatori hanno osservato un meccanismo impressionante. Riducendo del 50% il litio nel cervello dei topi, sono comparsi i classici sintomi dell’Alzheimer, come perdita di memoria, infiammazione cerebrale, nonché danni alle sinapsi.
Ma quando il litio è stato reintegrato tramite un composto specifico, l’orotato di litio, è accaduto l’impensabile:
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le placche si sono ridotte,
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la memoria è tornata,
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persino i topi più anziani, già in fase avanzata della malattia, hanno mostrato miglioramenti.
“Non ho mai visto nulla di simile in tutti i miei anni di ricerca”, ha dichiarato Yankner, colpito dall’ampiezza degli effetti positivi.
Farmaci costosi contro la semplicità della natura
Mentre questi risultati aprono a nuove prospettive, la medicina ufficiale continua a investire miliardi su farmaci mirati alle placche amiloidi.
Quasi tutti, però, hanno fallito negli studi clinici in quanto trattano il sintomo e non la radice del problema.
Un esempio lampante viene da una ricerca danese del 2017 condotta su 800.000 persone: le regioni con più litio naturale nell’acqua potabile mostravano tassi più bassi di demenza. Un dato epidemiologico difficilissimo da ignorare.
Eppure, le grandi case farmaceutiche non hanno interesse a puntare su un elemento naturale, economico e non brevettabile.
Le fonti naturali di litio
Il litio, a piccole dosi, è sempre stato presente nell’ambiente e nella nostra alimentazione. Lo possiamo trovare in:
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acqua potabile (soprattutto nelle zone ricche di minerali),
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verdure come patate, pomodori e ortaggi a foglia verde,
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cereali integrali e legumi (fagioli, lenticchie),
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tè e alcune acque minerali.
Il problema è che l’agricoltura moderna, l’impoverimento dei terreni e i trattamenti industriali delle acque hanno ridotto drasticamente la quantità di litio che arriva sulle nostre tavole.
L’integrazione tramite orotato di litio è disponibile, ma gli esperti avvertono: non bisogna improvvisare con l’autosomministrazione. Servono ancora studi clinici che confermino dosaggi sicuri ed efficaci nell’essere umano.
Ecco il vero problema!
Il problema è che, a differenza di altri minerali (come ferro, calcio o magnesio), il litio non è ancora riconosciuto ufficialmente come “nutriente essenziale” dall’OMS o dalle linee guida nutrizionali. Per questo non esistono esami di routine o “valori di riferimento” chiari per dire: “sei carente, devi integrare”.
🔍 Come si può valutare oggi?
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Analisi dei livelli di litio nel sangue o nelle urine
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In alcuni laboratori specializzati si possono misurare i livelli di litio, ma di solito viene fatto solo nei pazienti che assumono litio farmacologico (per controllare la tossicità).
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Nei soggetti sani non esiste un range “ottimale” ufficiale per l’uso nutrizionale.
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Analisi dell’acqua potabile
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In certi studi epidemiologici (come quello danese su 800.000 persone) hanno confrontato i livelli di litio nell’acqua e l’incidenza di demenza.
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Se vivi in zone dove l’acqua è povera di minerali, è probabile che anche l’apporto di litio sia basso.
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Alimentazione
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Chi consuma molte verdure fresche, legumi, cereali integrali, tè e acque minerali ricche di oligoelementi assume più litio rispetto a chi ha una dieta industriale e ricca di cibi ultra-processati.
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Biomarcatori indiretti (in futuro)
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Alcuni ricercatori stanno cercando “tracce biologiche” (ad es. nel capello o nel plasma) che possano rivelare una carenza nutrizionale di litio, ma non sono ancora test disponibili al pubblico.
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⚖️ La situazione reale oggi
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Non esiste un “modulo standard” o un protocollo ufficiale per diagnosticare la carenza di litio.
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Chi integra lo fa di solito a dosi molto basse (1–5 mg al giorno), proprio perché non c’è ancora una guida clinica solida.
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È probabile che in futuro, se le ricerche su Alzheimer e litio verranno confermate, nasceranno linee guida nutrizionali con dosaggi consigliati e test specifici.
💡 In pratica: oggi non abbiamo un metodo certo per sapere se siamo carenti, possiamo solo dedurlo da stile di vita, dieta e acqua. Ma la scienza si sta muovendo in questa direzione.
Non è la prima volta che succede!
Il caso del litio ricorda da vicino altre carenze nutrizionali trascurate dalla medicina convenzionale:
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La vitamina D, un tempo considerata marginale, oggi è collegata a tumori, malattie autoimmuni e persino alla gravità del COVID.
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Il magnesio, carente nell’80% della popolazione occidentale, è legato a patologie cardiache, diabete e depressione, tuttavia viene raramente monitorato.
Possibile che l’Alzheimer sia l’ennesima malattia aggravata, se non addirittura innescata, da una mancanza nutrizionale non presa sul serio?
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