Il grande inganno dell’amore moderno secondo Fromm: ciò che desideriamo davvero è essere scelti!

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Molti dicono di essere alla ricerca del vero amore, ma se osserviamo con attenzione scopriamo che, in realtà, ciò che desiderano davvero è essere scelti da qualcuno.

Da un lato c’è l’amore, che richiede impegno, responsabilità e presenza emotiva, mentre dall’altro c’è la ricerca di convalida: un bisogno profondo, spesso invisibile, che mira a colmare un vuoto interiore.

Gran parte di ciò che chiamiamo “amore” nasce in realtà dal desiderio di sentirsi sufficienti agli occhi dell’altro, dato che essere ammirati, o desiderati diventa un modo per mettere a tacere l’insicurezza che alberga dentro di noi.

È un meccanismo che Erich Fromm ha analizzato con lucidità nel suo volume “L’arte di amare”, dove evidenzia come la maggioranza delle persone non ricerchi l’amore in sé, ma il conforto di essere amate.

Secondo Fromm, l’amore richiede disciplina, volontà e maturità emotiva, mentre essere amati, invece, appare come una soluzione più semplice, dato che farsi scegliere – almeno per un momento – ci fa sentire importanti e degni di attenzione.

Quando il bisogno prende il posto del sentimento

Il desiderio di essere scelti, spesso nasce da esperienze precoci di rifiuto o da un’educazione emotiva insufficiente.

Se durante l’infanzia non impariamo a considerarci degni di affetto indipendentemente dalle prestazioni, sviluppiamo la convinzione di dover “meritare” l’amore, solo attraverso il compiacimento o la perfezione.

L’“amore immaturo”, secondo Fromm, nasce quando la relazione non è fondata sulla libertà, ma sul bisogno. In questo tipo di rapporto, il desiderio viene scambiato per amore, poiché la presenza dell’altro riduce – anche solo temporaneamente – un’insicurezza profonda.

La dipendenza emotiva così, viene vissuta falsamente come amore e passione, quando in realtà rappresenta una forma di fusione in cui l’identità personale si dissolve nell’altro.

La cultura contemporanea amplifica questa confusione, alimentando l’idea che un partner debba “completarci” o addirittura salvarci da noi stessi.

Il desiderio di fusione secondo Fromm

Fromm definisce il “bisogno nevrotico di fusione” come la tendenza a cercare nell’altro un antidoto alla propria mancanza interiore.

Questo bisogno non riguarda la sessualità, ma la necessità di annullarsi nell’altro, e di sciogliere temporaneamente la propria identità per sfuggire ad una profonda solitudine emotiva.

In questi casi, il partner diventa un rifugio dall’ansia, e non un compagno di vita. L’altro serve a zittire la voce interna che ci ripete continuamente di “non essere abbastanza”, tuttavia, nessuna relazione è in grado di sostenere tale peso.

Quando l’altro si avvicina, proviamo euforia, mentre quando si allontana, sperimentiamo un forte senso di vuoto esistenziale. È una dinamica ciclica che alterna idealizzazione e frustrazione.

Fromm descrive l’unione simbiotica come una fusione talmente intensa da far perdere a ciascuno la propria individualità, dato che le due persone si avvicinano al punto da non essere più davvero sé stesse.

Non si tratta di amore, ma di una dipendenza reciproca in cui uno domina e l’altro si lascia dominare. Questo tipo di rapporto vive di eccitazione ed impedisce la crescita personale, poiché entrambi i partner agiscono in funzione dell’altro, invece che come individui autonomi.

Non è l’incontro tra due persone complete, ma un legame che riempie vuoti interiori senza davvero nutrire l’identità di nessuno.

Il bambino ferito che abita nell’adulto

Perché reagiamo con così tanta intensità ai segnali di distanza o rifiuto? Perché alcune relazioni, pur nella maturità, ci fanno sentire vulnerabili come a cinque anni?

Fromm non usa direttamente il termine “bambino interiore”, ma descrive un modello emotivo che affonda le radici nell’infanzia.

Il bambino nasce completamente dipendente. Ha bisogno di sicurezza, stabilità, contatto ed amore incondizionato. Quando queste condizioni mancano, si crea al suo interno una ferita invisibile che nell’età adulta si manifesta come ansia di abbandono, ricerca compulsiva di approvazione, timore del rifiuto, nonché una forte tendenza a compiacere.

Fromm distingue tra amore infantile (“amo perché sono amato”) ed amore maturo (“sono amato perché amo”). Quando il bambino ferito continua a guidare le nostre relazioni, cerchiamo qualcuno che ci faccia sentire completi, prima ancora di poter donare qualcosa di autentico.

Molti adulti impegnano energie enormi nel tentativo di essere perfetti, utili o indispensabili, per evitare di essere abbandonati.

Che cos’è l’amore maturo?

Per Fromm, amare è uno dei compiti più difficili dell’esperienza umana: non è un evento che nasce spontaneamente, né si mantiene da solo. Non basta provare attrazione o affetto: l’amore va coltivato ogni giorno attraverso scelte consapevoli, impegno, cura e responsabilità.

Tutto questo è possibile solo se viviamo una condizione di pace interiore, poiché nessuno può offrire ciò che non ha costruito interiormente.

Molte relazioni falliscono non per mancanza di sentimento, ma per mancanza di struttura emotiva, dato che confondiamo attenzione con amore, intensità con intimità, e bisogno con dedizione. Da qui nascono relazioni fragili, reazioni impulsive e forte instabilità affettiva.

Amare richiede maturità, pazienza ed umiltà. Non è il prodotto di un’attrazione immediata, ma il risultato di una capacità interiore sviluppata nel tempo.

La trappola culturale dell’amore

Purtroppo viviamo un periodo storico in cui quasi tutto viene confezionato come un prodotto, e così, anche l’amore, finisce per essere trattato allo stesso modo.

Film, e social network alimentano l’illusione che la vera sfida sia trovare la persona “giusta”, e non imparare a coltivare la capacità di amare.

In questa visione, il partner diventa un oggetto emotivo, dato che diventa fornitore di sicurezza, felicità e validazione. Il rischio è di non vedere l’altro per ciò che è, ma solo per ciò che ci fa sentire.

La cultura dell’immediatezza che domina oggi, esaspera poi, un panorama emotivo già fragile, fondato su relazioni brevi ma estremamente intense. In questo contesto, l’intensità viene scambiata per profondità, e la dipendenza emotiva viene percepita come amore.

Ciò che realmente manca è la volontà — o forse la capacità — di costruire legami autentici, basati su una scelta consapevole e non sul bisogno di colmare un vuoto. Solo così una relazione può radicarsi, crescere e durare davvero.

Conclusione

Il vero amore inizia quando il bisogno finisce. Quando non cerchiamo più qualcuno che ci faccia sentire speciali, ma scegliamo di condividere la nostra completezza con un altro individuo già completo.

L’amore maturo non nasce per colmare un vuoto, ma vede nell’altro, un compagno con cui accrescere la propria pienezza.” Una persona emotivamente equilibrata non perde la testa se non trova un partner, o viene lasciato/a.

Per lei vale davvero il detto “meglio soli che male accompagnati”. Al contrario, chi cerca costantemente validazione finirà per passare da una relazione all’altra in modo compulsivo, spinto dal bisogno incessante di riempire un vuoto, più che dal desiderio creare un legame autentico.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona.Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei