Perché perdiamo il controllo? Il ruolo nascosto della memoria emotiva

Può capitare a tutti di ricevere una frase innocua, o un gesto banale… e improvvisamente “esplodere di rabbia”.
L’intensità della reazione appare sproporzionata rispetto allo stimolo, e la confusione che segue — “perché ho reagito così?” — diventa spesso la parte più difficile da elaborare.
Secondo gli psicologi, la spiegazione è chiaramente riconducibile al modo in cui il cervello immagazzina e richiama le emozioni.
Nella maggior parte dei casi infatti, non stiamo reagendo all’evento in sé, ma a ciò che esso riattiva dentro di noi: tracce emotive del passato, o ferite rimaste aperte, che continuano ad influenzare il presente, senza che ce ne rendiamo effettivamente conto.
Memoria emotiva e trigger invisibili
Tendiamo a credere che ogni nostra reazione dipenda dalla condizione emotiva con cui stiamo affrontando il momento presente. In realtà, quando esplodiamo per un dettaglio apparentemente insignificante, l’intensità emotiva raramente coincide con ciò che sta realmente accadendo.
Se ci si addentra in un percorso di terapia, emerge molto spesso un fenomeno ricorrente: l’esistenza di un “archivio emotivo”, cioè un insieme di ricordi non elaborati che possono riemergere all’improvviso.
Gran parte di questo processo coinvolge il sistema limbico, il cosiddetto cervello emotivo, che continua a conservare le tracce di ciò che abbiamo vissuto. Anche se razionalmente ci sentiamo distanti da un evento passato, il cervello emotivo continua a mantenere viva la memoria delle sensazioni percepite.
È lo stesso meccanismo per cui una canzone ci riporta all’adolescenza o un odore ci fa rivivere un momento preciso della nostra vita.
Nel caso dei trigger emotivi accade qualcosa di simile, dato che uno stimolo — una frase, un tono di voce, un gesto — riaccende un ricordo o una ferita antica, spesso in modo spontaneo ed intuitivo.
In quei momenti, il cervello interpreta la situazione attuale come se fosse la ripetizione del passato: l’emozione che emerge non è nuova, ma una riattivazione dell’emozione originale.
Ecco perché si reagisce intensamente anche a ciò che, in apparenza, non meriterebbe una risposta così forte. L’evento presente agisce come una chiave che innesca improvvisamente una reazione emotiva, che non era stata correttamente elaborata.
Quando il passato pesa sul presente
Questo meccanismo è particolarmente evidente nelle persone che hanno vissuto esperienze traumatiche — abusi, perdite, violenze, abbandono.
Uno studio condotto presso l’università di Zurigo ha mostrato che l’esposizione a stimoli associati al trauma scatena risposte emotive molto intense, quali rabbia e paura. Anche quando lo stimolo non è realmente pericoloso, il cervello interpreta la situazione come una minaccia.
Fenomeni dello stesso tipo possono verificarsi anche nella vita quotidiana, su scala minore. Ciò che un tempo rappresentava un sistema di allarme utile per la sopravvivenza può trasformarsi in un meccanismo disadattivo, capace di condizionare comportamenti e relazioni.
Reagire come se il passato stesse accadendo di nuovo rischia infatti, di compromettere i rapporti personali, l’equilibrio emotivo e la normale percezione di sé.
Nel tempo, questi automatismi generano una doppia sofferenza, dato che da un lato percepiamo una forte perdita di controllo, accompagnata da vergogna e senso di colpa, mentre dall’altro, chi ci circonda subisce il peso della nostra reazione, spesso senza comprenderne l’origine.
Occorre liberarsi dal bagaglio emotivo del passato
Comprendere che il passato influenza il presente permette di riconoscere i meccanismi interiori che ci fanno “scattare”. Ecco tre passaggi fondamentali utili a disinnescare i trigger emotivi:
Identificare le proprie attivazioni emotive
Il primo passo è osservare il momento della reazione. Cosa è successo? Quali parole sono state pronunciate? Che sensazioni fisiche ed emotive ho percepito?
Collegare l’emozione che provi adesso a qualcosa che hai vissuto in passato significa capire se la tua reazione nasce davvero dall’evento attuale… oppure da un ricordo emotivo più vecchio.
In altre parole: non sempre reagisci a quello che sta succedendo oggi. A volte stai reagendo a qualcosa che ti è successo anni fa, anche se non te ne rendi conto. Questa pratica di auto-osservazione consente di creare un ponte tra presente e passato e di portare alla luce il vero “perché” della reazione.
Distinguere tra passato e presente
Quando si sente che la reazione sta per prendere il sopravvento, è utile fermarsi per qualche secondo. La respirazione profonda infatti, permette alla parte razionale del cervello di riprendere il controllo sulla parte più emotiva.
Pratica la focalizzazione sensoriale.
Fai tre respiri lenti e profondi, lasciando che il corpo si distenda. Inseguito, porta l’attenzione a cinque elementi presenti nell’ambiente: nota i colori che ti circondano, ascolta i suoni, percepisci eventuali odori, osserva le diverse consistenze e i movimenti, anche minimi.
Infine, tocca un oggetto — un tavolo, una sedia, un tessuto — e concentrati sulla sensazione che ti trasmette: la temperatura, la superficie, la ruvidità o la morbidezza.
Questa breve sequenza aiuta il cervello a rientrare nel momento presente, interrompendo l’ondata emotiva e permettendo alla parte razionale della mente di riattivarsi. È un modo semplice, ma efficace per ricordare a te stesso che la situazione che stai vivendo non è quella del passato, e che ora puoi reagire con maggiore lucidità.
Anche ripetere mentalmente certe frasi —“Questo sta accadendo ora. Non sono più in quella situazione. Sono una persona diversa” può aiutare a ristabilire un senso di sicurezza interna.
Imparare nuove modalità di reazione
L’obiettivo terapeutico non è quello di reprimere il ricordo o l’emozione, ma di costruire risposte alternative, più adattive.
Quando ci troviamo in uno stato di calma, diventa più semplice immaginare modalità alternative di risposta. Questo passaggio è fondamentale, dato che ci permette di “pre-allenare” il cervello a reagire in modo diverso quando, in futuro, un fattore scatenante dovesse ripresentarsi.
Per esempio, se la critica tende a farci esplodere, possiamo esercitarci a scegliere una risposta più curiosa e meno difensiva. Un modo utile per farlo è utilizzare una breve visualizzazione.
Chiudi gli occhi e immagina una situazione in cui qualcuno ti rivolge un commento critico. Senti il tono, osserva l’espressione dell’altra persona, e nota la prima sensazione che emerge nel corpo.
A quel punto, invece di reagire come faresti di solito, prova a introdurre una risposta nuova: fai un respiro profondo e di’ mentalmente — o a voce — qualcosa come: “Grazie per la tua opinione, hai un suggerimento per migliorare?” oppure “Puoi farmi un esempio per capire meglio?”.
Ripetere questo scenario nella mente permette di creare una sorta di “traccia emotiva alternativa”, più disponibile quando lo stimolo reale si presenterà.
La capacità di scegliere una risposta diversa non cancella il passato, ma ne riduce la forza nel determinare il presente: ed è proprio questo il primo, vero passo verso un cambiamento stabile.
Conclusione
Modificare meccanismi emotivi ben radicati dentro di noi richiede tempo, poiché si tratta di automatismi consolidati, tuttavia, riconoscere il proprio funzionamento interno rappresenta già un un primo passo importante.
Quando si impara a distinguere tra ciò che appartiene al passato e ciò che riguarda il presente, il peso emotivo si alleggerisce e con il tempo, il passato smette di dettare le regole del presente e di influenzare il futuro.














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