Scopri come il tifo politico sta distruggendo il pensiero critico

tifo politico

È ormai evidente che per molti cittadini il voto, l’opinione e persino la morale politica si stiano trasformando sempre di più in qualcosa che assomiglia più al tifo da stadio rispetto a un’autentica partecipazione democratica fondata sul pensiero critico e sulla valutazione dei contenuti

Se la mia parte politica perde, è colpa del sistema, dei giudici e dei giornali. Se vince, la giustizia ha trionfato. Se l’altra parte fa qualcosa di giusto… è solo fumo negli occhi e propaganda spicciola. Ti sembra logico tutto ciò? Neanche un po’! Eppure è così che sempre più persone ragionano.

Ci siamo messi la maglia. E ce la teniamo stretta anche quando chi la indossa inciampa, sbaglia o bara. Perché ormai non si tifa più solo per la nazionale o per il club del cuore. Oggi si tifa per il partito, per l’ideologia e per la “propria parte” politica. E si fischia tutto il resto. Sempre e comunque.

Cos’è il “tifo politico”?

Il “tifo politico” è quel fenomeno in cui l’orientamento politico diventa un’identità totalizzante.

Allo stesso modo dei tifosi calcistici, che non ammetteranno mai di aver ricevuto un rigore inesistente a favore della propria squadra, anche i sostenitori politici più accesi tendono a giustificare ogni scelta della loro parte politica, anche quando è chiaramente sbagliata.

Molti elettori purtroppo, oggi non valutano più una proposta sulla base dei suoi contenuti o dei suoi effetti reali sulla società, ma la valutano in base a chi l’ha fatta. Cosa voglio dire?

Un elettore che vota a destra molto difficilmente riconoscerà i meriti di una legge progressista. E viceversa: chi è di sinistra tenderà a sminuire i meriti di una legge conservatrice, anche se magari potrebbe essere utile e ben fatta.

C’è qualcosa di profondamente umano in tutto ciò. Apparteniamo a gruppi e siamo continuamente alla ricerca di un’identità ben definita. Ma quando questa logica prende il sopravvento nel dibattito democratico, succede qualcosa di pericoloso: le idee smettono di valere per ciò che sono e cominciano a valere solo per chi le dice.

Come si manifesta questo tifo politico?

  • Si rigetta ogni proposta dell’opposizione per principio, anche senza leggerla

  • Si accetta tutto ciò che dice il proprio leader, anche se contraddice quello che aveva detto in precedenza

  • Si cerca solo conferma delle proprie idee, ignorando dati o esperienze contrarie

  • Si demonizza “l’altro”, trasformandolo in una caricatura

Il dialogo si trasforma in un coro di curve contrapposte. Il confronto? Sostituito dalla provocazione. L’ascolto? Roba da ingenui. In questo modo si rischia di isolarci all’interno delle proprie convinzioni, senza rendersi conto che, nel frattempo, il proprio schieramento politico sta portando avanti scelte che danneggiano proprio le persone che dovrebbe rappresentare.

La trappola dell’identità: perché tifiamo a prescindere?

Il tifo politico rappresenta soprattutto un meccanismo psicologico profondo. Quando scegliamo una parte politica, spesso lo facciamo perché ci rispecchia e perché ci dà un senso di appartenenza. Fin qui tutto bene. Il problema vero sorge quando quella scelta smette di essere una posizione critica e diventa una fede cieca.

Immagina questo: hai scelto di votare un partito perché difende i diritti dei lavoratori. Un giorno, quello stesso partito propone una legge che danneggia i lavoratori ma aiuta le imprese. In teoria, dovresti opporti, no? E invece molti dicono: “Avranno i loro motivi…”.

Perché? Perché ammettere che la “propria parte” può sbagliare è destabilizzante. È come scoprire che il tuo idolo ha vinto una gara barando. Fa male. Quindi è meglio negarlo. O peggio ancora: giustificarlo.

Ecco i meccanismi mentali che ci portano a difendere perfino l’indifendibile, pur di non darla vinta all’altra parte:

  • Bias di conferma: cerchiamo solo informazioni che confermino ciò che crediamo già

  • Effetto “noi contro loro”: esageriamo i difetti degli “altri” e minimizziamo quelli dei “nostri”

  • Dissonanza cognitiva: quando una decisione politica del nostro partito ci sembra sbagliata, troviamo scuse per non ammetterlo

Tutto questo alimenta una visione della realtà che non è più razionale, ma puramente emotiva. Si vota come funziona con il tifo. Si difende la propria “bandiera” più che le idee.

Quando la ragione perde la voce: esempi di tifo cieco

Facciamo qualche esempio. Non per fare nomi o prendere parti politiche, ma per mostrare con i fatti quanto il tifo politico condizioni il modo in cui molte persone reagiscono alle scelte del governo o dell’opposizione. Basta aprire un qualsiasi social o guardare i commenti a una notizia per rendersene conto.

Primo caso. Quando la sinistra ha introdotto alcune leggi per il riconoscimento dei diritti civili, molte persone di destra si sono opposte in blocco. Alcuni perché non erano d’accordo, certo, ma altri solo perché l’idea veniva “dalla parte opposta”. Poco importa se quella legge poteva migliorare la vita a centinaia di migliaia di cittadini. Era una “battaglia ideologica” e quindi da boicottare.

Secondo caso. Quando governi di centrodestra hanno introdotto politiche di sostegno fiscale per le imprese o incentivi all’assunzione, c’è stata una reazione automatica dall’altra parte: “Favoriscono i ricchi!”, “Rubano ai poveri!”. Anche qui, il merito è passato in secondo piano. Anche se in alcuni casi quelle misure hanno creato posti di lavoro veri, l’etichetta era più forte del risultato.

E potremmo andare avanti per ore.

  • Una riforma della scuola bocciata solo perché “fatta dalla Meloni”

  • Un piano sul salario minimo ridicolizzato solo perché “ fatto dai 5 Stelle”

  • Un intervento sull’ambiente ignorato perché “ritenuta troppo woke e quindi boicottata perchè ritenuta troppo a sinistra”

Tutto si riduce a una logica da curva nord contro curva sud. Questa non è più politica, ma diventa tribalismo travestito da opinione.

E nel frattempo? Le idee buone vengono affossate. Le soluzioni efficaci rimangono nei cassetti. I cittadini restano con problemi irrisolti mentre si scannano nei commenti su Facebook come se fosse la finale di Champions.

Ecco le conseguenze di un tifo cieco

Attenzione: il tifo politico non è solo fastidioso, è soprattutto pericoloso. Perché mina le fondamenta stesse della democrazia. Una democrazia sana si basa su cittadini informati, capaci di valutare, cambiare idea e discutere nel merito. Quando invece si trasforma in un’arena, dove ognuno urla il proprio slogan e copre le parole dell’altro, il rischio concreto è che si rompa tutto.

Ecco cosa succede quando il tifo prende il posto del pensiero.

1. Polarizzazione estrema

Destra e sinistra non sono più due visioni politiche. Diventano due identità incompatibili. Due mondi chiusi. Non si parla più con “chi la pensa diversamente”. Lo si evita, attaccandolo in modo estenuante. E ogni messaggio, ogni notizia e ogni scelta diventa pretesto per dire “noi buoni, loro cattivi”.

2. Incapacità al dialogo

Il dibattito pubblico degenera. I talk show diventano risse. I post diventano sfoghi. I dibattiti nei bar o nei gruppi di amici si trasformano in guerre civili a bassa intensità. Nessuno vuole più capire, solo vincere la discussione, ma la politica è basata dal confronto, dall’ascolto, e dal compromesso.

3. Semplificazione e disinformazione

Per fare tifo, servono slogan. Brevi, forti e facili. Il pensiero critico in questo modo viene spazzato via da ondate di frasi fatte.

E chi ci rimette? I cittadini. Perché nel rumore generale nessuno si accorge che le vere emergenze restano lì.

4. Perdita del senso civico

Una delle conseguenze più gravi è la disaffezione. Sempre più persone non credono più nella politica. Si sentono prese in giro. Dicono “sono tutti uguali”, “non serve a niente votare”. Ma come potrebbero pensare il contrario, se assistono ogni giorno a un teatrino in cui conta solo chi urla più forte?

Occorre ritornare al pensiero critico!

Allora, che si fa? Restiamo sugli spalti a gridare per la nostra “maglia”, anche quando chi la indossa ci prende in giro? Oppure torniamo a giocare sul serio, da cittadini consapevoli?

Serve una scelta e una presa di posizione vera. Ma non tra destra o sinistra. Tra tifo cieco e pensiero lucido.

Pensare con la propria testa è difficile. Fa fatica. Richiede tempo e informazioni, tuttavia è l’unico modo per difendere davvero i nostri valori. Perché, paradossalmente, quando non critichi mai la “tua parte”, stai smettendo di difenderla. La stai trasformando in un idolo. E gli idoli, si sa, non amano le domande.

Come si può tornare a pensare?

Non servono rivoluzioni. Servono piccoli gesti quotidiani. Eccone alcuni:

  • Leggere anche chi la pensa diversamente, non per attaccarlo ma per capire il suo punto di vista

  • Criticare apertamente le decisioni sbagliate del proprio partito, se lo pensiamo davvero

  • Riconoscere pubblicamente quando “gli altri” fanno qualcosa di buono

  • Smettere di condividere notizie solo perché confermano quello che già pensiamo

  • Chiedersi, ogni volta: se questa idea venisse dalla parte opposta, la valuterei allo stesso modo?

E badate bene, questo non vuol dire essere indecisi. Vuol dire essere liberi. Perché la vera libertà è poter cambiare idea anche quando hai scoperto che stavi sbagliando.

La legge della probabilità: davvero tutte le idee dell’avversario fanno schifo?

Facciamoci una domanda semplice, ma proprio semplice! È statisticamente plausibile che una persona non sia mai d’accordo su nulla con l’altra metà del paese?

Siamo sicuri che tutte le leggi fatte dalla “parte avversa” siano sempre e solo sbagliate, malvagie o inutili? E che invece quelle della propria linea politica siano al contrario sempre giuste e perfette?

Chiunque abbia una minima infarinatura di logica o di statistica sa che una tale coerenza totale è impossibile. Se ci sono decine di leggi, riforme e proposte… è inevitabile che, anche per puro caso, una ti risulti condivisibile, o quanto meno sensata.

Eppure, il tifoso politico non ammette eccezioni. Tutto ciò che viene “da fuori” è sempre sbagliato. Sempre per definizione. Anche se dice cose simili a quelle che il suo partito sosteneva solo un anno prima!

Questa rigidità mentale è un atteggiamento sbagliato, oltre ad essere profondamente anti-scientifico. In qualsiasi ambito della conoscenza – dalla medicina alla filosofia – si applica il dubbio. Non si rifiuta un’idea in base a chi la propone, ma in base al merito dell’idea stessa.

Pensaci: se ti dico che il pane è buono, ti interessa sapere se sono di sinistra o di destra? No, lo assaggi, e decidi di conseguenza in base al gusto. Lo stesso dovrebbe valere per una proposta politica.

Ma finché ci ostiniamo a valutare chi parla invece di cosa dice, finiremo per rifiutare idee che potrebbero anche essere giuste. O peggio: per accettarne altre che ci danneggiano, solo perché le dice “uno dei nostri”.

E tu invece pratichi il tifo politico o sei una persona libera?

Dovremmo leggere ogni proposta politica senza pregiudizi, con la genuina voglia di capire cosa potrebbe davvero comportare per noi cittadini tale legge, al di là di chi l’ha proposta.

E invece no, sempre più spesso, non siamo più in grado di prendere decisioni obiettive, perché il nostro giudizio è spinto, condizionato e dirottato dall’identità politica che ci portiamo addosso.

Come una divisa invisibile, ci guida senza che ce ne accorgiamo. Appena leggiamo un titolo, sappiamo già da che parte stare, anche se non abbiamo letto una riga del contenuto e anche se non sappiamo nemmeno di cosa si stia parlando davvero.

Ti sei mai sorpreso a pensare “questa proposta è buona… ma è della parte opposta”? Ecco, quello è il segnale. Il momento in cui puoi scegliere se essere un cittadino libero, o restare un tifoso ingabbiato.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei