Perché l’essere umano non può rigenerare gli arti o gli organi come fanno alcuni animali?

rigenerazione tessuti

Immagina di essere una lucertola, che corre spensierata tra i cespugli quando improvvisamente un predatore ti afferra per la coda. In quel preciso istante non c’è tempo per pensare, tuttavia il tuo corpo possiede la capacità di staccare la coda di netto, in modo da distrarre il nemico che osserva quel pezzo di carne che si contorce come se fosse vivo. Tu intanto sei già lontana e salva.

Questo fenomeno che prende il nome di autonomia rappresenta la capacità di alcuni animali di perdere una parte del corpo o di automutilarsi per aumentare le probabilità di sopravvivenza.

La natura ha selezionato questa strategia perché, per una lucertola, perdere una coda non è grave quanto perdere la vita. Tuttavia, il vero miracolo non è la fuga, ma quello che accade dopo.

La coda ricresce. Non un abbozzo imperfetto, ma una nuova struttura pienamente funzionante, con muscoli, cartilagine, nervi e pelle. Non è identica all’originale, perché ad esempio le vertebre vengono sostituite da cartilagine e i disegni delle squame possono variare, tuttavia, dal punto di vista funzionale, la coda torna a svolgere i suoi normali compiti che includono equilibrio nei movimenti, deposito di grasso, nonché fungere da strumento di difesa.

Come riesce la lucertola a fare tutto questo? La risposta dipende da tre fattori di fondamentale importanza:

  • La presenza di cellule staminali particolari che restano “dormienti” fino al momento giusto e si attivano dopo la perdita.

  • Un vero e proprio programma genetico che guida la ricostruzione dei tessuti, come se il corpo tornasse per un attimo allo stato embrionale.

  • Un vantaggio evolutivo enorme, perché sopravvivere a un attacco ha un valore superiore alla perdita temporanea di un organo sacrificabile.

In poche parole, la coda della lucertola è un esempio perfetto di resilienza biologica. Non solo si spezza per salvare la vita, ma poi rinasce, pronta a riprendere immediatamente il suo ruolo.

Perché l’essere umano non può rigenerare alcune parti del corpo?

E noi? Perché non abbiamo lo stesso dono? Perché quando perdiamo un arto o subiamo una ferita profonda, il nostro corpo non è in grado di ricostruirlo da zero?

La risposta è più complessa di quanto sembri e riguarda la nostra stessa storia evolutiva:

  • L’essere umano ha capacità rigenerative limitate. La pelle guarisce, le ossa si saldano e il fegato può ricrescere parzialmente, tuttavia non abbiamo serbatoi di cellule staminali in grado di ricreare interi organi o arti.

  • Il nostro sistema nervoso è estremamente complesso. Una mano, per esempio, contiene muscoli, ossa, vasi sanguigni, tendini e migliaia di connessioni nervose.

  • La nostra evoluzione ha seguito altre strade. L’uomo non ha sviluppato la rigenerazione a causa del fatto che la sua sopravvivenza non dipendeva da essa. Abbiamo puntato su un cervello enorme, sull’ingegno, nonché sulla capacità di costruire strumenti e comunità. Non potevamo rigenerare una mano, ma potevamo inventare una protesi, oppure avere compagni che ci aiutassero.

È come se la natura avesse distribuito le carte in modo differente. Alla lucertola ha dato il potere della rigenerazione, mentre a noi quello dell’intelligenza. Due strade diverse per uno stesso obiettivo comune: sopravvivere!

Salamandre, pesci e altri maestri della rigenerazione

La lucertola non è la sola ad avere ricevuto da madre natura spiccate proprietà rigenerative. Nel regno animale ci sono altre creature che fanno sembrare la rigenerazione ” un gioco da ragazzi”.

Prendiamo la salamandra. Non si limita a rigenerare solo la coda, ma incredibilmente può ricostruire zampe intere, occhi, cuore e persino parti del cervello. È come se avesse un cantiere interno sempre pronto ad aprirsi ogni volta che qualcosa viene danneggiato. Un dono che noi possiamo solo ammirare con un pizzico di invidia.

Ci sono poi i pesci zebra, piccoli abitanti dei fiumi e delle vasche da laboratorio, capaci di rigenerare il cuore dopo lesioni che per un essere umano sarebbero inesorabilmente fatali. Una capacità talmente straordinaria che ha spinto molti laboratori a usarli come modello di studio.

Perché queste specie possono e noi no? La chiave sta ancora una volta nei geni e nelle cellule staminali. In questi animali, il “programma di sviluppo embrionale” non viene mai del tutto spento. È come se nel loro DNA ci fosse un interruttore lasciato su “standby”, pronto a riaccendersi in caso di reale necessità.

Gli scienziati stanno studiando attentamente questi organismi. Ogni gene attivato, e ogni proteina coinvolta diventa un potenziale aiuto in grado forse, un giorno di insegnarci a stimolare la rigenerazione anche negli esseri umani.

Medicina rigenerativa

Se fino a pochi decenni fa la rigenerazione sembrava un qualcosa di irraggiungibile, oggi è diventata una delle frontiere più promettenti della biomedicina. Non possiamo ancora far ricrescere una gamba, tuttavia abbiamo fatto passi enormi.

Le cellule staminali come mattoncini della vita

Le cellule staminali sono in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula del corpo. In laboratorio, i ricercatori stanno imparando a guidarle, convincendole a diventare cellule cardiache, epatiche o cutanee. Immagina il giorno in cui basterà “seminare” queste cellule in una lesione per veder ricrescere il tessuto mancante.

Ingegneria dei tessuti

Esiste poi un’altra strada ancora più visionaria, che prende il nome di ingegneria dei tessuti. Immagina di poter costruire vere e proprie “impalcature” biodegradabili, dentro cui vengono inserite cellule che, crescendo, danno vita a nuovi tessuti o addirittura organi. È come stampare un organo con una stampante 3D biologica.

Organi in laboratorio

Un esempio concreto? I mini-organi, chiamati organoidi. Piccole versioni di cervello, fegato o intestino coltivate in provetta, che servono non solo per fare esperimenti senza rischi, ma anche come base per future terapie.

Le ferite che guariscono meglio

Alcuni studi hanno già dato risultati concreti sugli esseri umani. In campo ortopedico, ad esempio, si sperimentano cellule staminali per riparare cartilagini danneggiate. In dermatologia, ci sono pazienti che hanno beneficiato di innesti cellulari per ricostruire la pelle dopo ustioni gravi.

La strada è ancora lunga, ma la direzione è chiara.

Evoluzione umana. Perché abbiamo rinunciato alla rigenerazione

Perché l’essere umano, pur avendo un corpo tanto sofisticato, ha perso o non ha mai sviluppato a pieno la capacità di rigenerare arti e organi?

La risposta sta nella nostra storia evolutiva. La natura non distribuisce abilità a caso. Ogni specie sviluppa ciò che aumenta le probabilità di sopravvivenza.

  • Per le lucertole e gli anfibi era vitale poter rigenerare una coda o una zampa. Essere predati era un rischio quotidiano e avere una strategia di fuga, seguita dalla possibilità di rigenerare velocemente il danno subito, rappresentava una garanzia di sopravvivenza.

  • Per gli esseri umani, invece, l’evoluzione ha seguito un’altra logica. La nostra specie ha investito tutto nello sviluppo del cervello, nella cooperazione e nell’invenzione di strumenti. Più che rigenerare arti, potevamo costruire armi per cacciare, rifugi per difenderci e comunità che ci sostenessero.

In altre parole, la natura ha fatto un calcolo. Invece di darci la possibilità di ricostruire un braccio, ci ha dato l’intelligenza per inventare una protesi. Invece di permetterci di rigenerare tessuti, ci ha dato la capacità di curare le ferite con erbe, medicine e chirurgia.

È come se ci fosse stato un compromesso. Abbiamo rinunciato alla rigenerazione, ma in cambio abbiamo ricevuto la capacità di trasformare l’ambiente e di plasmare il mondo attorno a noi.

Ecco perché oggi possiamo guardare con stupore una salamandra che ricostruisce un arto, ma al tempo stesso siamo noi, e non lei, a costruire telescopi e città futuristiche.

Un futuro possibile. Potremo un giorno rigenerare gli arti come la salamandra?

Ecco gli scenari che gli scienziati immaginano nei prossimi anni:

  • Attivare geni dormienti. Alcuni ricercatori ipotizzano che nel nostro DNA esistano ancora frammenti di istruzioni legate alla rigenerazione. Basterebbe imparare ad accenderli per ridare al corpo capacità che crediamo perdute.

  • Usare cellule staminali come strumenti di ricostruzione. In futuro potrebbe bastare iniettare cellule staminali guidate da specifici segnali molecolari per far ricrescere un tessuto complesso.

  • Nanotecnologie e biostampa. Immagina minuscoli robot biologici capaci di riparare i tessuti dall’interno, oppure stampanti 3D che “ricostruiscono” in vivo ossa e muscoli danneggiati.

  • Integrazione con protesi bioniche. Forse non arriveremo mai a rigenerare arti interi come una salamandra, ma potremmo fondere biologia e tecnologia, creando arti artificiali che si comportano come se fossero naturali.

Già oggi ci sono pazienti che camminano con protesi controllate dal cervello o che ricevono innesti cellulari per rigenerare la pelle.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei