Il lato nascosto del pessimismo cronico tra evoluzione e psicologia

pessimismo

Quante volte ti sei ritrovato a immaginare scenari catastrofici prima di un esame, di un colloquio o persino di una cena con gli amici? “E se faccio una figuraccia? E se tutto va storto?”. Questo modo di ragionare in psicologia prende il nome di catastrofismo. Viene spesso giudicato come pessimismo cronico, quasi fosse un difetto del carattere, tuttavia la verità dietro a questo comportamento è molto più complesso e sorprendente.

L’origine evolutiva del catastrofismo

Pensare che possa succedere la cosa peggiore non è soltanto una tendenza moderna alimentata dallo stress quotidiano, ma rappresenta in primis, un antico meccanismo di sopravvivenza.

Immagina un nostro antenato che sentiva un fruscio tra i cespugli. Se pensava che potesse trattarsi di un predatore – anche quando in realtà era solo il vento – questo aumentava di molto le sue probabilità di sopravvivenza.

In quei contesti era sempre meglio correre via cento volte inutilmente, sprecando un po’ di energie, piuttosto che ignorare il pericolo una sola volta e rischiare davvero di non avere una seconda possibilità.

Questo processo è stato descritto anche dagli studiosi di psicologia evolutiva. Martin Seligman, noto psicologo e padre della psicologia positiva, ha spiegato che la nostra mente è programmata per privilegiare le informazioni negative, poiché queste hanno avuto un impatto enorme per la nostra sopravvivenza.

Ricordare un pericolo è sempre stato più importante che ricordare un frutto dolce.

Il rovescio della medaglia nella vita moderna

Il problema nasce quando questo meccanismo, utile nella savana, si attiva anche oggi in contesti dove non c’è una reale necessità a essere costantemente pessimisti, anzi, in molti casi questo pessimismo cronico non fa altro che peggiorare la nostra qualità di vita.

Ci preoccupiamo di un ritardo nella risposta a un messaggio, temiamo disastri economici anche se il nostro conto è in ordine, o anticipiamo fallimenti sul lavoro prima ancora di provarci, e così via…

Ecco cosa accade nella nostra mente:

  • L’anticipazione che possa andare tutto storto non fa altro che aumentare l’ansia e lo stress.

  • Il cervello entra in uno stato di allerta continua, consumando incredibili quantità di energie mentali.

  • Si riduce la capacità di godere del momento presente, poiché la mente è proiettata su ipotetiche catastrofi future.

È come vivere con un allarme sempre acceso. A lungo andare ci logoriamo, anche in assenza di pericoli.

Essere sempre pessimisti aiuta solo in caso di vita o di morte!

Il pessimismo ha avuto senso quando il prezzo dell’errore era la vita stessa. Se il nostro antenato vedeva un’ombra tra gli alberi e scappava convinto che fosse un leone, si salvava anche se alla fine era solo il vento. In quel caso, meglio essere eccessivamente prudenti piuttosto che rischiare di diventare la cena di un predatore.

Ma oggi, nel quotidiano, questa strategia non solo non aiuta, ma peggiora solo le cose. Partiamo dal fatto che se immagini continuamente lo scenario peggiore per ogni piccolo problema, vivi in uno stato di allarme costante.

Ammettiamo pure che una volta ogni tanto la tua previsione catastrofica possa realizzarsi davvero. E quindi? Anche in quel caso, nella quasi totalità delle volte non si tratterebbe di questioni di vita o di morte, ma di piccoli imprevisti che non avrebbero mai messo davvero a rischio la tua sopravvivenza.

Facciamo finta che tu abbia un colloquio di lavoro e che la tua mente inizi a produrre dei film mentali : “Mi bloccherò, dirò una stupidaggine o farò una pessima figura”. Magari succede davvero che ti emozioni troppo e ti esca una risposta poco brillante.

E anche se accadesse cosa accadrebbe? Non perdi la vita, al massimo perdi quell’occasione, ma potrai ritentare altrove. La differenza è che se sei stato pessimista per settimane, avrai già consumato una quantità enorme di energie e vissuto giorni di stress intenso.

Se invece avessi affrontato l’evento senza ossessionarti prima, avresti provato lo stesso picco di tensione al momento dell’errore, ma non avresti sprecato tutte quelle forze mentali in anticipo, anzi, molto probabilmente arrivare al colloquio semi-distrutto dall’eccesso di pensieri ti avrebbe fatto fare anche più errori.

Ecco la verità: il pessimismo cronico non riduce l’impatto dei problemi, anzi lo amplifica. È come pagare una multa cento volte prima ancora di riceverla.  

Questo atteggiamento ha senso solo quando è in gioco la propria sopravvivenza, perché in quei casi anche un allarme falso può salvarti la vita, ma nella vita di tutti i giorni, fatta di imprevisti piccoli e gestibili, il pessimismo diventa un peso inutile che consuma energie e logora la mente senza offrire alcun reale beneficio.

Studi psicologici sul catastrofismo

Pulopulos et al. (2020) – “Il ruolo delle aspettative e della regolazione anticipatoria dello stress”

Questo studio ha analizzato come le aspettative influenzano la risposta allo stress.

I risultati dimostrano che chi aveva aspettative più positive gestiva meglio l’ansia prima dell’evento e mostrava un aumento minore del cortisolo durante la situazione stressante. Al contrario, chi anticipava il peggio andava incontro a una risposta fisiologica più intensa.

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Li et al. (2024) – “Catastrofizzazione del terrorismo e legami con ansia e depressione”

I ricercatori hanno analizzato un campione di persone che vivevano con la paura costante di possibili attacchi terroristici. Per misurare questa tendenza hanno utilizzato una scala psicologica specifica chiamata “terror catastrophizing scale”, che valuta quanto spesso una persona immagina scenari estremamente negativi e incontrollabili legati a potenziali minacce.

I risultati hanno mostrato che chi otteneva punteggi più alti in questa scala riportava livelli significativamente maggiori di ansia e depressione.

Ma non finisce qui. Lo stesso atteggiamento, se presente nei genitori, influenzava anche i figli: i bambini di genitori con alta catastrofizzazione mostravano più sintomi ansiosi e depressivi rispetto ai coetanei. E questo effetto rimaneva anche tenendo conto di altri fattori, come traumi passati o diagnosi cliniche già presenti negli adulti.

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Boswell et al. (2013) – “L’intolleranza all’incertezza come fattore comune nei disturbi emotivi”

Questo studio si è concentrato sull’“intolleranza all’incertezza”, cioè nella difficoltà ad accettare che il futuro sia imprevedibile. Le persone che non tollerano l’incertezza tendono a riempire i vuoti con scenari negativi, un meccanismo molto vicino al catastrofismo.

I ricercatori hanno osservato che livelli elevati di questa caratteristica erano collegati a un aumento dei sintomi ansiosi e depressivi. In pratica, più una persona fatica ad accettare l’imprevedibilità, più rimane intrappolata loop ansiosi.

La buona notizia è che la terapia cognitivo-comportamentale può ridurre questa intolleranza. Quando ciò accade, si registra un netto miglioramento nell’ansia e nella sindrome depressiva.

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Come posso gestire il catastrofismo nella vita quotidiana?

Ecco alcune strategie semplici che possono aiutare:

  • Occorre chiedersi se lo scenario peggiore è davvero realistico. Spesso la mente ingigantisce le probabilità di un evento improbabile.

  • Immagina anche lo scenario migliore. Occorre bilanciare i pensieri negativi con i pensieri positivi.

  • Allenare la gratitudine. Sposta l’attenzione su ciò che va bene. In questo modo puoi riequilibrare la tua percezione.

  • Accettare l’incertezza. Non tutto può essere controllato, devi accettarlo! Le persone catastrofiche in molti casi sono contraddistinti da un eccesso di rigidità mentale che non permette loro di essere troppo aperti agli imprevisti.

  • Pensiero positivo e Yoga della risata. Associare il pensiero positivo allo yoga della risata credo che sia la strategia più potente che tu possa utilizzare per ridurre la gravità del tuo pessimismo, dato che entrambe queste discipline aiutano a migliorare l’umore e a ridurre i pensieri negativi e ossessivi.

NOTA BENE: Ricorda, che te sei i tuoi pensieri. Se pensi sempre negativo non potrai che avere una vita negativa. Essere pessimisti non è sempre un male, poiché in certe situazioni, se ben dosato, può anche rivelarsi molto utile.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei