Costruisci il cervello che vuoi: la scienza della neuroplasticità

cervello crescita

Ti sei mai chiesto perché alcune persone imparano più velocemente di altre? Perché certi bambini a scuola sembrano assorbire le nozioni come spugne, mentre altri faticano? O perché, con l’età, dimentichiamo più facilmente le cose?

La dottoressa Lara Boyd, neuroscienziata dell’Università della British Columbia, dedica la sua ricerca proprio a queste domande. Il suo lavoro svela qualcosa di straordinario: il cervello umano è in continuo cambiamento, un organismo vivo e dinamico che si rimodella ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo.

La rivoluzione nel modo di vedere il cervello

Fino a pochi decenni fa si pensava che il cervello, una volta terminata l’infanzia, rimanesse pressoché immutabile. Si credeva che con la crescita smettessimo di sviluppare nuove connessioni e che, anzi, col tempo perdessimo cellule cerebrali senza possibilità di recupero.

Oggi sappiamo che questa idea è completamente sbagliata. Grazie ai progressi della tecnologia – come la risonanza magnetica funzionale – abbiamo scoperto che il cervello è attivo anche quando “non fa nulla”, e che cambia costantemente, giorno dopo giorno.

La scoperta più entusiasmante? Ogni volta che impari qualcosa di nuovo, come una parola, una melodia, o anche solo un modo diverso di affrontare un problema, stai cambiando fisicamente il tuo cervello. Questo processo si chiama neuroplasticità.

Cos’è la neuroplasticità?

La neuroplasticità è la capacità del cervello di modificarsi, di adattarsi e di riorganizzarsi in risposta a ciò che facciamo, pensiamo e proviamo.

Solo 25 anni fa si credeva che, dopo la pubertà, l’unico cambiamento possibile fosse di tipo negativo, in quanto si pensava che superata questa età potesse avvenire solo la perdita di cellule o danni da traumi e malattie. Oggi sappiamo che il cervello è plastico per tutta la vita, e che ogni comportamento, ed ogni esperienza, lo trasforma.

E la buona notizia è che questo accade a qualsiasi età! Non solo: la neuroplasticità è ciò che permette al cervello di recuperare dopo un trauma o un ictus.

Come cambia il cervello quando impariamo

Il cervello può cambiare in tre modi fondamentali utili a sostenere l’apprendimento:

1. Cambiamenti chimici

Il cervello comunica attraverso segnali chimici tra i neuroni. Quando impariamo qualcosa di nuovo, può aumentare la quantità o la potenza di questi segnali, migliorando le connessioni temporanee.

Questo tipo di cambiamento è rapido e favorisce la memoria a breve termine o i miglioramenti immediati, come quando impariamo un nuovo movimento.

2. Cambiamenti strutturali

Con il tempo, se la nuova informazione viene ripetuta, il cervello modifica fisicamente le connessioni tra i neuroni. È un processo più lento, ma più duraturo, ed è ciò che consolida la memoria a lungo termine.

Pensa a quando impari a suonare il pianoforte: all’inizio ti sembra impossibile, poi poco a poco le dita si muovono da sole. Quelle connessioni si sono “rinforzate”.

3. Cambiamenti funzionali

Quando utilizzi una parte del cervello più spesso, questa diventa più efficiente. È come allenare un muscolo: più lo usi, più diventa forte. Con la pratica, il cervello riorganizza intere reti neuronali per rendere i movimenti, i pensieri o le capacità più semplici ed automatici.

Esempi concreti di un cervello che cambia

Gli esempi non mancano:

  • Le persone cieche che leggono in Braille sviluppano aree tattili della mano più ampie nel cervello.

  • Chi è destrorso ha la regione motoria della mano destra più grande dell’altra.

  • I tassisti di Londra, che devono memorizzare una mappa complessissima della città, hanno un ippocampo più sviluppato, cioè la zona legata alla memoria spaziale.

Sorprendente, vero? Eppure tutto questo non accade per caso: il cervello si modella letteralmente in base a ciò che facciamo ogni giorno.

Perché non impariamo tutti allo stesso modo?

Se il cervello è così plastico, perché non impariamo tutto facilmente? Perché alcuni bambini a scuola faticano, o perché dopo un ictus certe persone non recuperano completamente?

La risposta è che la neuroplasticità è un meccanismo complesso e altamente individuale. Ogni cervello è unico, e la sua capacità di cambiare dipende da molti fattori, quali età, salute, esperienze, motivazione, ambiente, ed emozioni.

La dottoressa Boyd, che studia in particolare il recupero dopo l’ictus, ha scoperto che nonostante i progressi medici, molte persone restano con disabilità permanenti. Questo perché, pur avendo la capacità di cambiare, il cervello non reagisce allo stesso modo in tutte le persone.

Il comportamento è la chiave per cambiare il cervello

C’è però una certezza: il più potente motore della neuroplasticità è il comportamento. È la pratica, la ripetizione, e l’impegno quotidiano a trasformare il cervello.

La ricerca dimostra che:

  • Più si pratica, più il cervello cambia.

  • Le difficoltà e le frustrazioni durante l’apprendimento non sono ostacoli, bensì segnali che il cervello sta lavorando duramente per costruire nuove connessioni.

In altre parole, “fare fatica” è una buona notizia! È il segno che stai davvero imparando.

La neuroplasticità può essere positiva e negativa

C’è però un lato meno conosciuto: la neuroplasticità può anche essere negativa. Se impariamo abitudini nocive o se smettiamo di stimolare la mente, il cervello cambia comunque, ma nella direzione sbagliata.

È quello che succede, ad esempio, con le dipendenze o con il dolore cronico: il cervello “impara” schemi che finiscono per danneggiarci. Ecco perché è così importante scegliere con cura ciò che facciamo ogni giorno. Anche l’inattività modifica il cervello — e non in meglio!

Non esiste un metodo unico per imparare

Hai mai sentito dire che servono 10.000 ore di pratica per diventare esperti in qualcosa? La dottoressa Boyd lo smentisce: non è così semplice.

C’è chi impara in metà tempo e chi ne impiega il doppio. Il cervello di ciascuno è diverso, quindi non può esistere una formula valida per tutti.

Questa idea porta a un concetto fondamentale: la medicina personalizzata — e, per estensione, l’apprendimento personalizzato.

Proprio come in oncologia si adattano le terapie in base al profilo genetico del paziente, anche nel recupero dopo un ictus (e nell’educazione!) bisogna adattare le strategie al cervello di ciascuno.

Biomarcatori e cervello su misura

La ricerca di Boyd mostra che la combinazione di diversi biomarcatori — cioè indizi legati alla struttura e alla funzione del cervello — può aiutare a prevedere come una persona reagirà a una terapia o a un percorso di apprendimento.

Capire questi meccanismi significa aprire la porta a trattamenti più efficaci, ma anche a metodi educativi su misura, in grado di valorizzare le potenzialità di ciascuno.

Ogni esperienza ti cambia

In fondo, tutto ciò che fai lascia un’impronta nel tuo cervello. Ogni esperienza, ogni incontro, e ogni parola ascoltata lo modella un po’. Questo vale per tutti!

Cosa possiamo fare, in modo concreto?

Ecco alcune azioni per “costruire il cervello che desideri”:

  • Pratica regolarmente: la costanza vale più del talento.

  • Sfida te stesso: il cervello cresce attraverso la difficoltà.

  • Abbandona abitudini dannose: ciò che non fai è importante quanto ciò che fai.

  • Sii curioso: ogni nuova esperienza accende nuove connessioni.

  • Crea il tuo metodo personale di apprendimento: non esiste un solo modo giusto.

Come dice Boyd, “tu e il tuo cervello siete costantemente modellati dal mondo che vi circonda”. Ogni giorno hai l’occasione di renderlo un po’ migliore.

Allora, cosa aspetti? Esci e costruisci il cervello che desideri!

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona.Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei