L’insospettabile effetto delle microplastiche: batteri più forti e farmaci inutili!

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Le microplastiche sono ovunque. Letteralmente! Nei mari, nell’aria, nel cibo, nei ghiacci, persino dentro di noi. Ma ora c’è un nuovo motivo per preoccuparsi: secondo uno studio condotto dalla Boston University, queste minuscole particelle potrebbero aiutare i batteri a diventare resistenti agli antibiotici. Sì, proprio così. Quello che sembrava “solo” un problema ambientale rischia di diventare anche un’emergenza sanitaria.

Cosa hanno scoperto i ricercatori?

Il team guidato dal professor Muhammad Zaman ha studiato come il batterio Escherichia coli (E. coli), uno dei più comuni e conosciuti, reagisce quando si trova in ambienti contaminati da microplastiche. E il risultato ha lasciato tutti a bocca aperta: in presenza di queste particelle, i batteri diventano molto più bravi a resistere agli antibiotici. Come? Grazie alla formazione di biofilm.

Immagina il biofilm come una sorta di pellicola protettiva, una “copertina di Linus” batterica, che avvolge e protegge i microbi. Questo scudo li rende più difficili da eliminare, anche con farmaci potenti. Sulle microplastiche, questo biofilm diventa ancora più spesso e resistente, quasi come se i batteri si costruissero una casa con doppi vetri, muri insonorizzati e un bel sistema d’allarme.

Perché è un problema grave?

Già oggi la resistenza agli antibiotici è un problema mondiale: si stima che quasi 5 milioni di persone ogni anno muoiano a causa di infezioni che non rispondono più ai farmaci. Se a questo aggiungiamo il ruolo nascosto (e sottovalutato) delle microplastiche, il quadro diventa ancora più preoccupante.

E non è un problema che colpisce tutti allo stesso modo. Lo studio sottolinea che le comunità più vulnerabili, come i rifugiati che vivono in campi sovraffollati e spesso senza servizi igienici adeguati, sono le più esposte. Qui, le microplastiche abbondano e le infezioni si diffondono facilmente. Un mix esplosivo.

Ma com’è possibile che la plastica renda i batteri più forti?

Bella domanda. I ricercatori hanno alcune ipotesi. Una è che le microplastiche, all’inizio impermeabili, col tempo iniziano ad assorbire umidità e — potenzialmente — anche gli antibiotici stessi, riducendone l’efficacia. Un’altra teoria è che la particolare composizione chimica delle plastiche favorisca l’adesione e la crescita dei batteri.

E c’è di più: anche quando le microplastiche vengono rimosse, i batteri sembrano mantenere la “memoria” della loro vita agiata. Continuano a formare biofilm più spessi e resistenti. È un po’ come se, una volta provata la vita in un attico di lusso, non volessero più tornare a vivere in un monolocale.

E adesso?

Il prossimo passo, dicono gli scienziati, sarà capire se quanto osservato in laboratorio accade davvero anche nel mondo reale. Per questo, intendono avviare studi nei campi profughi, per monitorare la presenza di batteri resistenti legati alle microplastiche.

L’obiettivo è duplice: proteggere le persone più esposte e sensibilizzare la comunità scientifica su quanto le cause ambientali (come l’inquinamento da plastica) possano incidere sulla salute pubblica. Troppo spesso, problemi come la resistenza agli antibiotici vengono analizzati solo da un punto di vista medico o politico. Ma qui si tratta anche di scienza dei materiali, biologia, ed ecologia. Insomma, serve uno sguardo più ampio e collaborativo.

Perché questa ricerca è importante per te

Potresti pensare: “Ok, interessante, ma cosa c’entro io?”. In realtà, c’entri eccome. Le microplastiche non sono un problema lontano: sono nella tua bottiglia d’acqua, nel pesce che mangi, persino nell’aria che respiri. E se davvero contribuiscono a rendere i batteri più resistenti, potrebbero rendere meno efficaci gli antibiotici su cui conti quando ti ammali.

In altre parole: il nemico non è solo invisibile. È anche fatto di plastica.

Un futuro con meno plastica e più salute

Questo studio non è una sentenza, ma un campanello d’allarme. Ed è anche una grande opportunità. Se confermato, potrebbe spingere a rivedere le nostre abitudini sull’uso e nello smaltimento della plastica. E forse, a investire di più nella ricerca scientifica legata all’ambiente, alla salute pubblica e alla tutela dei più vulnerabili.

Quindi sì, il mondo ha davvero bisogno di meno plastica. Ma anche di più consapevolezza.

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Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei