Troppe fibre possono danneggiare la digestione. Ecco cosa rivela Monastyrsky.

fibre alimentari

Per decenni ci hanno ripetuto che le fibre sono il sacro Graal della digestione. Il mantra “mangia più fibre” è diventato quasi un dogma nutrizionale, tanto radicato da sembrare intoccabile.

Pane integrale? Ottimo. Crusca a colazione? Ancora meglio. Mangia più fibre e sarai più in salute, ma cosa succede se questo dogma, che abbiamo accettato senza fiatare, non fosse poi così solido?

Nel suo libro Fiber Menace, Konstantin Monastyrsky – biochimico e nutrizionista di origine ucraina – getta una vera bomba nel campo della nutrizione.

Secondo lui, l’idea che le fibre facciano sempre bene non solo è sbagliata, ma può essere addirittura pericolosa.

Monastyrsky non parla per provocare, ma parla per esperienza. Dopo anni di problemi intestinali che peggioravano nonostante le “diete ricche di fibre”, decise di indagare. Il risultato? Un libro che ribalta una certezza ritenuta inviolabile: più fibre non significa sempre più salute.

Le fibre: un mito moderno

Per capire la rivoluzione di “Fiber Menace”, dobbiamo prima osservare da dove nasce il culto della fibra. Tutto comincia negli anni ’70, quando due medici britannici, Burkitt e Trowell, notarono che le popolazioni africane che consumavano diete ad alto contenuto di fibre avevano tassi molto più bassi di stitichezza, diverticolite e cancro al colon rispetto agli occidentali.

Da lì in poi, la fibra divenne la paladina dell’intestino felice e le industrie alimentari non persero tempo. Ogni prodotto divenne “ricco di fibre”, anche quelli che di salutare avevano ben poco.

Biscotti integrali, barrette di crusca, yogurt con fiocchi di avena… L’etichetta “con più fibre” divenne sinonimo così di virtù, una sorta di bollino morale per sentirsi in pace con il proprio corpo.

Ma Monastyrsky ci invita a guardare dietro le quinte. Secondo lui, questa narrazione è una semplificazione estrema di un sistema biologico complesso.

Per esempio, distingue tra:

  • Fibre solubili come quelle dell’avena o delle mele, che si dissolvono in acqua formando un gel che può aiutare a regolare il glucosio e il colesterolo.

  • Fibre insolubili come la crusca di grano, che non si scioglie ma aumenta il volume delle feci.

Sembra tutto perfetto, vero? Eppure, Monastyrsky spiega che l’aumento di volume delle feci non è necessariamente un segno di salute.

Secondo l’autore, l’abuso di fibre insolubili può irritare le pareti intestinali, aumentare la fermentazione batterica e causare gonfiori, dolori e persino disbiosi, ovvero uno squilibrio nella flora intestinale.

Quando consumare “più fibre” diventa un problema

Monastyrsky si oppone all’idea che tutti dovrebbero aumentare drasticamente l’assunzione di fibre. In realtà, sostiene che molte persone ne assumono già troppe, spesso senza rendersene conto.

La sua argomentazione si basa su alcuni punti chiave:

  • Le fibre non sono digeribili. Questo significa che il corpo non può trarne energia diretta. Passano attraverso l’intestino come “ospiti” indesiderati che, se in eccesso, creano congestione invece che fluidità.

  • Troppa fibra può rallentare la digestione. Un eccesso di materiale fibroso può letteralmente “intasare” il colon, specialmente se non si beve abbastanza acqua. Il risultato? Gonfiore, crampi, e stitichezza cronica.

  • Le fibre possono bloccare l’assorbimento di nutrienti. Alcuni tipi di fibra si legano a minerali essenziali come ferro, zinco, calcio e magnesio, riducendone l’assimilazione.

  • L’intestino irritato produce più muco. Un segno che il corpo sta cercando di proteggersi da qualcosa che lo irrita, proprio come accade con un’allergia.

Immagina l’intestino come a una strada a scorrimento veloce. Le fibre, in quantità moderate, aiutano il traffico a fluire, tuttavia se consumate in eccesso, possono creare un ingorgo.

Monastyrsky racconta casi clinici di persone che, nel tentativo di “purificarsi”, hanno aumentato l’assunzione di fibre fino a sperimentare costipazione grave, gonfiori persistenti e persino emorroidi.

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Il lato oscuro delle fibre: microbiota e fermentazione

Uno degli argomenti più affascinanti – e controversi – di Fiber Menace riguarda il ruolo delle fibre nel microbiota intestinale. Oggi si parla spesso dei batteri intestinali come di un esercito di alleati silenziosi e indispensabili per il nostro benessere.

Ci viene detto che le fibre sono il loro cibo preferito – i cosiddetti “prebiotici” – e che quindi più fibre equivalgono a una flora più felice. Ma secondo Monastyrsky la realtà è molto più sfumata di così.

Le fibre non digerite fermentano nel colon, producendo gas, acidi grassi a catena corta e altri sottoprodotti. Fin qui, tutto bene: una fermentazione equilibrata può essere benefica, ma se l’apporto di fibre è eccessivo, la fermentazione diventa una vera tempesta batterica.

Il risultato?

  • Gonfiore e flatulenza eccessiva

  • Dolori addominali cronici

  • Alterazioni della motilità intestinale

  • Squilibri nel microbiota (disbiosi)

È come se, per far crescere un giardino, annaffiassimo troppo le piante: invece di prosperare, affogano.

Secondo Monastyrsky, l’intestino umano non è progettato per gestire quantità industriali di fibre aggiunte artificialmente ai prodotti raffinati, come crusca, inulina o fibre isolate usate per “fortificare” cibi ultraprocessati.

Inoltre, le popolazioni che consumano molte fibre, come quelle tradizionalmente rurali africane, vivono in contesti completamente diversi: camminano di più, bevono molta acqua, non mangiano zuccheri raffinati e possiedono un microbiota abituato da generazioni a questo tipo di dieta.

Monastyrsky sottolinea anche, che non è la quantità di fibra in sé a garantire la salute, ma l’equilibrio complessivo dello stile di vita.
Per questo motivo, chi vive in un contesto moderno, conduce una vita sedentaria e soffre di infiammazioni intestinali o stress cronico, può trarre beneficio da un apporto più moderato di fibre, soprattutto se isolate o aggiunte artificialmente.

Invece, chi ha un corpo in equilibrio, si idrata bene e si muove regolarmente non ha bisogno di esagerare, perché il suo intestino sa già lavorare in modo efficiente senza “stimoli forzati”.

L’autore paragona nel libro l’assunzione di fibre a quello di indossare un “cappotto di lana in estate”: può essere utile in certi contesti, ma soffocante in altri.

Quando la fibra “finge” di fare bene

Monastyrsky spiega che spesso le persone associano il consumo di fibre al miglioramento del transito intestinale. In realtà, questo effetto è solo temporaneo e meccanico.

Le fibre trattengono acqua e aumentano il volume fecale, stimolando i movimenti peristaltici, tuttavia se l’intestino è già infiammato o debole, questo stimolo costante diventa un’aggressione.

Ecco perché, nel lungo periodo, chi aumenta eccessivamente le fibre può peggiorare la propria stitichezza. È come dare una frustata a un cavallo già stanco: per un tratto correrà più veloce, ma poi crollerà esausto.

Il mito della “dieta naturalmente ricca di fibre”

Una delle critiche più taglienti di Monastyrsky riguarda il modo in cui il concetto di “fibra naturale” è stato distorto dal marketing. Ciò che un tempo derivava da frutta, verdura, semi e legumi oggi viene spesso sostituito da polveri di crusca, fibre isolate e additivi “funzionali”.

Il mercato del “benessere intestinale” è diventato un business miliardario, dove dominano le barrette “digestive”, i cereali “detox”,  e lo yogurt con “fibre attive”. Tutti promettono miracoli, ma spesso contengono al loro interno anche zuccheri nascosti, oli vegetali raffinati, nonché fibre aggiunte in quantità eccessive.

Monastyrsky distingue tra:

  • Fibre naturali, contenute negli alimenti integri, bilanciate da enzimi e micronutrienti che ne regolano l’effetto sull’organismo

  • Fibre isolate o sintetiche, come la cellulosa microcristallina o l’inulina industriale, che agiscono in modo più aggressivo sull’intestino

L’autore sottolinea anche un punto fondamentale: molte persone che eliminano i cibi ultraprocessati e tornano a un’alimentazione semplice, ricca di verdure cotte, proteine e grassi buoni, notano un miglioramento anche riducendo la quantità totale di fibre.

Questo perché ciò che conta non è quante fibre assumi, ma quali e in che contesto.

Le linee guida ufficiali e la critica di Monastyrsky

Le principali organizzazioni sanitarie – come l’OMS, l’EFSA e l’American Heart Association – raccomandano l’assunzione giornaliera di fibre compresa tra 25 a 35 grammi per gli adulti. Queste raccomandazioni si basano su studi che mostrano una correlazione tra l’assunzione di fibre e un minor rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e cancro del colon.

Monastyrsky non nega questi dati, ma li interpreta con cautela. Secondo lui, si tratta di correlazioni, e non di causalità. Le persone che consumano più fibre tendono anche ad avere uno stile di vita più sano in generale: mangiano più frutta e verdura, fanno più attività fisica, e fumano meno. Insomma, non è detto che la fibra sia la protagonista dei loro benefici.

L’autore evidenzia inoltre, che molte ricerche non distinguono tra tipi di fibra e non tengono conto di variabili come l’idratazione, lo stress o la presenza di disturbi intestinali preesistenti.

Per Monastyrsky, imporre una “dose standard” di fibre a tutta la popolazione è come dare la stessa taglia di scarpe a tutti gli esseri umani: qualcuno camminerà bene, mentre altri si faranno male ai piedi.

Verso un nuovo equilibrio: la via del “meno ma meglio”

Il messaggio di Fiber Menace non è quello di demonizzare le fibre, ma quello di restituire equilibrio e consapevolezza.
L’autore invita a:

  • Smettere di forzare l’intestino con dosi massicce di crusca e cereali integrali

  • Privilegiare cibi naturali cucinati con cura, come verdure cotte, frutta, brodi, pesce, carne magra e grassi buoni

  • Bere molta acqua per sostenere la funzione intestinale

  • Ascoltare i segnali del proprio corpo: gonfiore, stanchezza, e digestione lenta non sono condizioni da sottovalutare

  • Valutare l’introduzione graduale di fibre e non accettare dogmi universali. 

Riflessione personale: cosa mi ha convinto e cosa no

Dopo aver analizzato “Fiber Menace”, mi sono trovato a riflettere non solo sul tema delle fibre, ma sul modo in cui costruiamo le nostre certezze a tavola.

Devo ammetterlo: Monastyrsky mi ha colpito. Non tanto per la sua polemica contro i cibi ultraprocessati ricchi di fibre, quanto per la lucidità con cui rimette in discussione l’idea stessa di standard nutrizionale.

Abbiamo passato anni a sentirci dire quante fibre “dovremmo” assumere ogni giorno, come se il nostro corpo fosse una formula matematica, ma non lo è.

Una persona che si muove, si idrata, mangia cibi naturali e non soffre di infiammazione intestinale non ha bisogno di forzare l’intestino con quantità eccessive di fibre, anzi, in molti casi ne trae beneficio proprio riducendole, poichè il corpo funziona già bene da solo.

Chi invece ha uno stile di vita sedentario, beve poco o soffre di stipsi cronica può trovare sollievo in un apporto più alto, purché graduale e naturale.

È qui che Monastyrsky è più convincente: quando ricorda che la fisiologia non è democrazia. Ogni organismo ha il suo ritmo, il suo livello di tolleranza, nonché il suo equilibrio.

Apprezzo molto la sua distinzione tra fibra naturale e fibra industriale. Viviamo immersi in un mercato che ha trasformato un principio salutare in un’etichetta commerciale, e in questo senso la sua denuncia è di fondamentale importanza. La fibra di un frutto o di una verdura cotta non ha nulla a che vedere con quella estratta, essiccata e sparata nei cereali della prima colazione.

Ciò che mi convince meno è il tono allarmistico con cui porta avanti la sua battaglia. A volte sembra quasi voler ribaltare completamente la narrativa, come se il problema fossero le fibre in sé, ma a mio avviso, la verità è più complessa: le fibre possono essere amiche o nemiche, dipende dal corpo che le accoglie e dal contesto in cui arrivano.

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Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei