Quando l’AI diventa scienziato: la rivoluzione di FutureHouse

ia ricerca scientifica

C’è chi dice che la scienza corra veloce, ma molti studiosi non sono d’accordo: la velocità delle scoperte sta rallentando. Serve più tempo, più denaro e più persone per ottenere risultati che, in passato, arrivavano quasi in un lampo. Perché accade questo?

Forse perché la ricerca è diventata più complessa e frammentata. Gli scienziati devono leggere montagne di articoli, analizzare dati sempre più intricati, nonché progettare esperimenti sempre più complessi… e il tempo non basta mai.

Eppure, una nuova realtà vuole ribaltare questa tendenza! Si chiama FutureHouse, un laboratorio di ricerca finanziato da fondi filantropici che ha un obiettivo tanto ambizioso quanto concreto: quello di accelerare il progresso scientifico grazie all’intelligenza artificiale.

FutureHouse è stata fondata da Sam Rodriques – PhD del MITe da Andrew White – chimico computazionale dell’Università di Rochester -.

FutureHouse sta costruendo una piattaforma di agenti intelligenti capaci di automatizzare i passaggi chiave del lavoro scientifico. 

In poche parole, vuole dare a ogni scienziato un “assistente virtuale” personale, in grado di liberarlo dai compiti più ripetitivi e fargli ritrovare il piacere di pensare, ipotizzare e scoprire.

FutureHouse punta sul linguaggio umano

Rodriques spiega che esistono due “lingue” per l’intelligenza artificiale: una parla il linguaggio dei dati, come il DNA o le proteine, utile per analizzare strutture e fare calcoli, mentre l’altra parla il linguaggio naturale, cioè quello umano, fatto di parole, concetti e idee.

FutureHouse punta su quest’ultima, poiché rappresenta la lingua con cui gli scienziati ragionano, formulano ipotesi e comunicano le scoperte.

I modelli che parlano DNA capiscono i dati, ma non il loro significato, mentre quelli che usano il linguaggio naturale, invece, possono collegare le informazioni e generare nuove intuizioni. In questo modo, l’intelligenza artificiale diventa un vero partner del pensiero scientifico, e non solo un analizzatore di numeri.

E questa decisione è nata proprio da un problema di comprensione. Durante il suo dottorato al MIT, nel laboratorio del celebre neuroscienziato Ed Boyden,

Rodriques si rese conto di un paradosso: anche se avessimo tutti i dati necessari per capire come funziona il cervello, nessuno riuscirebbe a leggerli tutti.

Questo, spiega, è il limite del linguaggio dei dati: può descrivere perfettamente ciò che accade, ma non riesce a trasformarlo in conoscenza. I numeri da soli non raccontano una storia, e non spiegano il “perché” delle cose.

Serve il linguaggio naturale, quello che permette di dare senso ai dati, di collegarli e di trarne conclusioni. Da questa intuizione nacque l’idea di FutureHouse.

Quando la complessità diventa un ostacolo

Dopo il dottorato, Rodriques ha diretto un laboratorio presso il Francis Crick Institute di Londra, ma la sua curiosità lo spingeva oltre i confini di un singolo campo di ricerca.

Era affascinato dalle grandi domande: come automatizzare la scienza? Come rendere più produttiva la collaborazione tra laboratori? Quali nuove tecnologie possono moltiplicare la velocità del pensiero umano?

La risposta è arrivata nel 2022, con l’uscita di ChatGPT-3.5. In quel momento, Rodriques capì che il sogno di una scienza potenziata dall’intelligenza artificiale poteva diventare realtà.

Poco dopo, incontrò Andrew White, che stava già sperimentando con ChatGPT-4 e aveva costruito il primo agente linguistico per la scienza. I due unirono le forze e fondarono FutureHouse.

Una squadra di agenti intelligenti

All’inizio, l’obiettivo era quello di creare strumenti separati per diversi compiti, che includevano:

  • cercare e riassumere articoli scientifici,

  • analizzare dati complessi,

  • generare ipotesi,

  • progettare esperimenti.

Il primo successo arrivò con PaperQA, lanciato nel settembre 2024, definito da Rodriques “il miglior agente al mondo per recuperare e riassumere informazioni scientifiche”.

Nello stesso periodo nacque anche Has Everyone, uno strumento capace di rispondere a una domanda che ogni scienziato si fa di continuo: “Qualcuno ha già provato questo esperimento?”

Con il lancio ufficiale della piattaforma il 1° maggio 2025, gli strumenti hanno ricevuto nuovi nomi:

  • Crow (l’ex PaperQA) per la ricerca e il riassunto di articoli,

  • Owl (l’ex Has Everyone) per verificare esperimenti e ipotesi già esplorate,

  • Falcon, che raccoglie e rivede informazioni da più fonti,

  • Phoenix, specializzato nella pianificazione di esperimenti chimici,

  • Finch, dedicato alla scoperta basata sui dati in biologia.

Un vero e proprio ecosistema di intelligenze specializzate, capaci di collaborare tra loro come farebbe un team di scienziati umani. “Presto – dice Rodriques – gli agenti di ricerca bibliografica, di analisi dei dati e di pianificazione lavoreranno insieme in modo continuo e coordinato”.

Scoperte in tempo record

Il 20 maggio 2025, FutureHouse ha dimostrato l’efficacia di questo approccio con un caso concreto: un flusso di lavoro scientifico completamente automatizzato che ha portato all’identificazione di un nuovo candidato terapeutico per la degenerazione maculare secca legata all’età (dAMD), una delle principali cause di cecità irreversibile.

Solo un mese dopo, l’azienda ha rilasciato ether0, un modello di ragionamento da 24 miliardi di parametri dedicato alla chimica, completamente open source. Un passo che molti hanno paragonato a quello che, in informatica, è stato l’arrivo dei primi sistemi operativi aperti.

Dalla teoria alla pratica: gli agenti in azione

La piattaforma di FutureHouse, accessibile a tutti su platform.futurehouse.org, ha subito attirato l’attenzione di ricercatori in tutto il mondo. Le storie di utilizzo iniziano a moltiplicarsi:

  • Un team ha individuato un gene potenzialmente collegato alla sindrome dell’ovaio policistico, formulando anche una nuova ipotesi terapeutica.

  • Un ricercatore del Lawrence Berkeley National Laboratory ha usato Crow per creare un assistente di intelligenza artificiale capace di esplorare il database PubMed alla ricerca di informazioni sul morbo dell’Alzheimer.

  • Altri scienziati hanno impiegato gli agenti per condurre revisioni sistematiche sui geni associati al morbo di Parkinson, ottenendo risultati migliori rispetto agli strumenti di intelligenza artificiale generici.

Insomma, la piattaforma non è solo una curiosità tecnologica, ma è uno strumento che accelera davvero la ricerca scientifica.

Un nuovo modo di fare scienza

Rodriques osserva che chi usa questi agenti, come un semplice motore di ricerca ne sfrutta solo una piccola parte. Il vero potenziale emerge quando gli scienziati li trattano come colleghi virtuali, in grado di ragionare, ipotizzare e persino criticare.

Secondo lui, i ricercatori più curiosi, e disposti a esplorare strade ancora inesplorate saranno quelli che otterranno quasi sicuramente i risultati più sorprendenti.

“Chi cerca speculazioni e ipotesi creative trova grande valore nella ricerca profonda – spiega – mentre chi vuole riassunti fedeli della letteratura ottiene risposte precise e ben documentate dai nostri agenti.”

Ma il sogno non si ferma qui. Il prossimo passo sarà far sì che gli agenti possano verificare la riproducibilità dei risultati scientifici, analizzando i dati grezzi e confrontandoli con le conclusioni degli studi. Una rivoluzione nella trasparenza della scienza.

Verso la scienza aumentata

FutureHouse sta lavorando per insegnare ai suoi agenti ciò che oggi chiameremmo “conoscenza tacita”, ovvero quell’intuizione che gli scienziati sviluppano dopo anni di esperienza. L’obiettivo? Permettere agli agenti di eseguire analisi più profonde, collegando dati, modelli e strumenti computazionali.

Rodriques è convinto che il futuro della scienza dipenderà dall’integrazione tra modelli linguistici e modelli fondamentali della biologia, capaci di dialogare con gli strumenti che gli scienziati già usano.

“Dobbiamo costruire l’infrastruttura che consenta agli agenti di utilizzare gli strumenti specializzati per la scienza”, afferma. Solo così si potrà dare vita a una vera intelligenza scientifica collettiva, capace di unire mente umana e potenza artificiale.

Conclusione

La storia di FutureHouse fa riflettere. Per secoli la scienza è avanzata grazie alla collaborazione tra menti brillanti. Oggi, quella collaborazione potrebbe estendersi alle macchine. Non per sostituire gli scienziati, ma per amplificare la loro capacità di vedere connessioni, formulare ipotesi, nonché creare ponti tra saperi.

E allora mi viene in mente una domanda molto inerente: quanto più velocemente potremmo scoprire le cure, le tecnologie e le soluzioni del futuro se ogni scienziato avesse al suo fianco un assistente AI personale?

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei