Le 5 tecnologie che stanno trasformando gli esseri umani in veri cyborg.

cyborg essere umano

Negli ultimi anni abbiamo già imparato a correggere in modo efficace molte limitazioni dell’essere umano. Basti pensare agli occhiali che compensano i difetti visivi, agli apparecchi acustici che amplificano i suoni, nonché alle protesi artificiali, che possono persino imitare con sempre più maggior precisione, il movimento degli arti.

Oggi, tuttavia, stiamo entrando in una fase completamente nuova: la tecnologia non serve più soltanto a ripristinare ciò che perdiamo, ma anche a migliorare ciò che non abbiamo mai avuto.

Un insieme crescente di dispositivi – reali, funzionanti e in alcuni casi già disponibili sul mercato – sta spingendo il corpo umano oltre i confini biologici tradizionali.

Vola con la Gravity Jet Suit

Dalla fantasia alla realtà

Il sogno di volare accompagna l’umanità da millenni. Per molto tempo l’idea di un’“armatura volante” è rimasta confinata nella cultura pop. Oggi, invece, esiste davvero: è la Gravity Jet Suit, una tuta che sfrutta la spinta di micro-turbine per sollevare e manovrare una persona in aria.

Come funziona?

Contrariamente ai più classici stivali-razzo immaginati nei fumetti, la Gravity Jet Suit distribuisce la spinta in modo più stabile ed efficiente:

  • Dietro la schiene è posizionata una turbina principale da 1.050 cavalli che fornisce il portamento centrale;

  • Due micro-turbine sono situate su ciascun braccio: questo permette al pilota di controllare al meglio direzione ed assetto.

Questa configurazione mantiene il baricentro in una posizione stabile e consente al pilota di librarsi, virare e muoversi per brevi distanze sia sull’acqua, e sia sulla terra.

Prime applicazioni reali

La Royal Navy ha testato la tuta nel 2021 durante alcune esercitazioni di abbordaggio tra navi. L’obiettivo era valutare se i soldati potessero sfruttarla per spostarsi rapidamente da un’imbarcazione all’altra, riducendo i tempi e i rischi nelle operazioni operative.

Vedere anche al buio con le lenti all’infrarosso

La vista umana è uno dei sensi umani più limitati, dato che senza luce, gli occhi diventano quasi inutilizzabili. I visori notturni hanno già dimostrato che è possibile sfruttare la luce infrarossa per vedere al buio, ma fino ad oggi erano dispositivi ingombranti e poco sfruttabili.

In risposta a ciò, un gruppo di ricercatori cinesi ha prodotto lenti a contatto ricoperte da nanoparticelle che assorbono la radiazione infrarossa e la riemettono sotto forma di luce visibile.

I test e i risultati

Durante gli esperimenti, ai volontari sono state applicate lenti speciali che trasformano la luce infrarossa in luce visibile. Guardando un LED a infrarossi, i partecipanti riuscivano quindi a vedere dei lampi che normalmente l’occhio umano non percepisce.

La parte davvero sorprendente è che i lampi erano più facili da vedere con gli occhi chiusi. Questo accade perché, con le palpebre abbassate, la luce normale (quella visibile) non entra negli occhi e non crea “disturbo”. Rimane solo la luce infrarossa convertita dalle lenti, che risulta così più chiara e riconoscibile.

Potenziali applicazioni

Questa tecnologia potrebbe espandersi ben oltre la visione notturna. Un’ipotesi di sviluppo riguarda le persone affette da daltonismo, dato che modificando le nanoparticelle, le lenti potrebbero aumentare la gamma di colori percepibili, permettendo di distinguere tonalità oggi invisibili.

Cammina (e solleva pesi) con gli esoscheletri

Cosa sono realmente?

Gli esoscheletri sono macchine indossabili pensate per potenziare la forza e assistere i movimenti. Si comportano come una “tuta motorizzata” che replica ed amplifica le azioni di chi la indossa.

Come funzionano?

Al loro interno, una rete di sensori percepisce l’intenzione del movimento. Ogni volta che l’utilizzatore muove un arto, l’esoscheletro attiva motori sulle articolazioni per aumentare forza e stabilità. È un dialogo continuo tra corpo e macchina.

Gli impieghi attuali

  • Riabilitazione: Alcuni modelli hanno già permesso a persone con disabilità motorie di camminare senza alcun tipo di assistenza.

  • Logistica e industria: I magazzinieri possono sollevare carichi pesanti con minore fatica e minor rischio di infortuni.

  • Vita quotidiana: Vengono studiati esoscheletri compatti per aiutare a percorrere lunghe distanze, salire le scale o mantenere l’equilibrio in situazioni difficili.

Ottenere una presa superumana con il “terzo pollice”

Una mano più versatile

All’University College di Londra è stato sviluppato un dispositivo curioso: un pollice robotico aggiuntivo. Si indossa come un guanto e permette di afferrare oggetti e svolgere compiti che normalmente richiederebbero entrambe le mani.

Come si controlla?

Il movimento non avviene tramite la mano, ma attraverso sensori posizionati sotto le dita dei piedi. Muovendo piedi e dita in modo specifico, il pollice artificiale si piega, ruota o afferra.

Attualmente manca il feedback tattile, quindi non è ancora possibile compiere operazioni delicate come maneggiare uova o oggetti estremamente fragili.

I risultati dei test

Durante gli studi, quasi 600 persone hanno provato il terzo pollice. La maggior parte ha imparato ad utilizzare questa tecnologia in pochi minuti: solo quattro partecipanti non sono riusciti ad acquisirne il controllo. Un dato che suggerisce un’elevata adattabilità del cervello umano a nuove appendici meccaniche.

Controllare il mondo con il pensiero: le interfacce cervello-computer

Che cosa sono le BCI?

Le Brain–Computer Interface (BCI) rappresentano una delle frontiere più avanzate della neurotecnologia. Consistono nell’impianto di microelettrodi nel cervello atti ad intercettare i segnali neurali legati al movimento.

Questi impulsi, interpretati da un computer, diventano così, comandi in grado di controllare dispositivi esterni.

Dalle sperimentazioni ai primi risultati

Finora, volontari con lesioni al midollo spinale sono riusciti a muovere il cursore del computer semplicemente “pensando” ai movimenti della propria mano paralizzata. La BCI riconosce quei segnali e li traduce in istruzioni digitali.

Ma le potenzialità sono molto più ampie: questa tecnologia potrebbe infatti, restituire autonomia a persone con malattie neurodegenerative, permettendo di gestire dispositivi domestici, comunicare o utilizzare bracci robotici con movimenti precisi.

Il prossimo passo

L’obiettivo futuro è ottenere un controllo preciso degli arti robotici, rendendo possibile afferrare oggetti, manipolarli e compiere movimenti complessi. Gli scienziati sperano che un giorno le BCI possano ripristinare completamente le funzioni motorie nei pazienti colpiti da atrofie muscolari o paralisi.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona.Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei