Perché cambiare abitudini è difficile (e come possiamo renderlo facilissimo)
La parola “abitudine” è molto usata nella vita quotidiana, e spesso indica comportamenti ricorrenti, come l’impegno a mangiare più frutta e verdura, la preoccupazione per gli eccessi del sabato sera o il desiderio di iniziare ad andare in palestra con regolarità.
Queste espressioni funzionano nel linguaggio comune, ma per gli psicologi non tutto ciò che facciamo regolarmente può essere definito davvero un’abitudine. Molti comportamenti frequenti riguardano infatti, obiettivi, intenzioni o competenze: aspetti molto diversi dal meccanismo automatico che caratterizza una vera abitudine.
Le routine – come andare in palestra o leggere prima di dormire – possono trasformarsi in abitudini, ma non è garantito che ciò accada. Per capire come costruirne di nuove o modificarne di esistenti, dobbiamo partire dalla domanda fondamentale: cosa rende un comportamento davvero un’abitudine?
Cosa definisce una vera abitudine?
Per la psicologia, un’abitudine è un comportamento che viene attivato automaticamente da segnali specifici presenti nell’ambiente.
Già all’inizio del XX secolo, il filosofo e psicologo William James aveva colto questo punto con una frase rimasta celebre: quando un comportamento diventa un’abitudine, “l’azione procede da sola”. In altre parole, si agisce senza riflettere.
Oggi sappiamo che questo automatismo nasce dall’associazione stabile tra un segnale e una risposta. L’associazione può iniziare come scelta volontaria, motivata da uno scopo o da una gratificazione, ma la ripetizione la rende sempre più rapida e inconsapevole. A un certo punto, il comportamento si attiva anche quando non è più davvero desiderato.
Un esempio tipico? Sei al pub, prendi un sorso della tua birra e, quasi senza accorgertene, tiri fuori il pacchetto di sigarette – anche se hai deciso di smettere di fumare. Il contesto ambientale ha innescato un comportamento automatico.
Il cervello delle abitudini: quando il processo decisionale si spegne
La ricerca neuroscientifica ha mostrato che, quando un comportamento passa da intenzionale ad automatico, cambia anche il modo in cui viene gestito dal cervello.
Più l’abitudine si consolida, più entrano in gioco maggiormente zone cerebrali dedicate ai comportamenti involontari, mentre diminuisce il ruolo delle aree coinvolte nelle decisioni consapevoli.
Questo rende il comportamento più efficiente, dato che il cervello risparmia energia. Se un’azione è stata ripetuta molte volte, e ha generato gratificazione, la parte decisionale può essere in gran parte “bypassata”.
Ecco un esempio quotidiano per chiarire questo meccanismo. Immagina che tu abbia nella tua routine quotidiana il fatto di concederti un bicchiere di vino dopo il lavoro.
Quando questo comportamento era ancora nuovo, la scelta attivava risorse importanti della corteccia prefrontale, come l’area deputata alla pianificazione e al pensiero consapevole.
Ma, attraverso la ripetizione, il comportamento viene trasferito a una regione più piccola della corteccia prefrontale: la corteccia infralimbica (IL), che funziona come un attivatore delle abitudini.
I ratti, il labirinto e il “pilota automatico”
Lo studio più famoso su questo meccanismo proviene dal MIT. Durante questa ricerca i ricercatori hanno addestrato dei ratti a percorrere un labirinto per ottenere una ricompensa: un po’ di latte al cioccolato. Dopo varie ripetizioni, gli animali percorrevano il tracciato quasi senza esitazioni: il percorso era ormai diventato un’abitudine.
A questo punto, la ricompensa poteva essere rimossa o resa spiacevole mescolando al latte una sostanza nauseabonda: i ratti continuavano comunque a percorrere il labirinto. L’automatismo era ormai completo.
A conferma del ruolo svolto dalla corteccia infralimbica, gli scienziati hanno usato una tecnica chiamata optogenetica, che permette di attivare o inibire gruppi specifici di neuroni tramite la luce.
Quando la corteccia infralimbica veniva temporaneamente disattivata, i ratti rallentavano e ricominciavano a valutare ogni svolta del labirinto. L’abitudine appresa veniva sospesa quasi all’istante.
Questo suggerisce che la corteccia (IL) funzioni come un centralino neurale, in grado di accendere e spegnere le abitudini a seconda del contesto.
Perché le abitudini contano così tanto?
Le abitudini influenzano profondamente il nostro stile di vita. Quelle sane possono favorire il benessere e l’efficienza personale, mentre quelle malsane, invece, possono avere effetti cumulativi dannosi, che compromettono salute, motivazione e obiettivi a lungo termine.
Per questo la scienza del comportamento considera di vitale importanza imparare a sradicare le abitudini dannose e costruire quelle benefiche. Si tratta di un processo che richiede consapevolezza, strategia e costanza.
Ecco come rompere una cattiva abitudine
1. Identifica i segnali che la attivano
Ogni abitudine nasce da un segnale. Per interromperla, la prima mossa è analizzare quali stimoli la scatenano, e provare a ridurli o eliminarli.
Esempi pratici:
Controllare i social a letto → segnale evidente: lo smartphone a portata di mano. Soluzione: lasciarlo in un’altra stanza.
Versarsi un bicchiere di vino dopo il lavoro → il segnale potrebbe essere la vista della bottiglia, del bicchiere o del frigorifero. Nascondere questi elementi può aiutare a interrompere la sequenza automatica.
2. Cambiare contesto e routine
Le abitudini si consolidano in contesti stabili. Modificare il contesto può spezzare l’associazione tra segnale e comportamento.
Il cambiamento può essere graduale o drastico:
Riorganizzare la casa,
Cambiare il luogo in cui si svolge una certa attività,
Modificare orari e routine quotidiane,
Oppure, all’estremo, cambiare lavoro o città.
Non a caso, molte abitudini domestiche “svaniscono” in vacanza: i segnali ambientali sono profondamente diversi.
3. Capire la funzione originaria del comportamento
Una cattiva abitudine nasce spesso da un bisogno reale di ridurre lo stress, ottenere gratificazione, o colmare un vuoto. Per smantellarla è utile capire quella funzione e sostituire il comportamento indesiderato con uno nuovo che soddisfi lo stesso bisogno.
Esempi:
Invece di consumare un bicchiere di vino la sera → puoi farti una passeggiata, bere una tisana, o scegliere in alternativa un rituale di relax alternativo;
Invece di scorrere i social → puoi leggere qualche pagina di un libro o ascoltare musica rilassante.
Sostituire è più efficace che eliminare lasciando un vuoto.
Ecco come costruire nuove abitudini sane
1. Ripetizione coerente: stesso stimolo, stesso luogo, e stessa ora
Le abitudini si formano grazie alla ripetizione. Per facilitarle, è importante eseguire il nuovo comportamento sempre in presenza degli stessi segnali.
Per esempio: Se vuoi iniziare a mangiare una mela ogni giorno come spuntino, devi farlo sempre alla stessa ora, e nello stesso luogo;
Per aiutare l’associazione, prova a tenere una ciotola di mele vicino a dove consumi solitamente i tuoi spuntini, così da trasformare la vista del frutto in un trigger operativo.
2. Ridurre l’attrito
Ogni ostacolo tra il segnale e il comportamento riduce le probabilità di ripetizione.
Esempi: Vuoi andare in palestra il giovedì tornando dal lavoro? Scegli una palestra vicina a dove lavoro, prepara la borsa la sera prima, e tieni l’abbonamento a portata di mano.
Vuoi correre al mattino? Prepara scarpe e vestiti vicino al letto.
La semplificazione aumenta la probabilità che il comportamento venga compiuto.
3. Devi premiare il comportamento durante le prime fasi
Prima che una nuova abitudine diventi automatica, devi rinforzarla. Una ricompensa coerente facilita questo passaggio.
Esempio: Vuoi iniziare a correre ogni lunedì alle 7? Nelle prime settimane concediti un bagno caldo o un rituale piacevole dopo la corsa. Quando l’abitudine sarà ben consolidata, la ricompensa potrà anche scomparire.
Quanto tempo serve per formare un’abitudine?
Non esiste un metodo perfetto per stabilire con la massima precisione il momento preciso in cui un certo comportamento diventa un’abitudine.
Uno degli studi più famosi, ha mostrato che servono in media 66 giorni perché un nuovo comportamento raggiunga la massima automaticità.
Un’altra ricerca condotta su frequentatori di palestre ha stimato che siano necessarie almeno sei settimane con quattro sedute settimanali di esercizio, per consolidarne la pratica.
Costruire una nuova abitudine richiede coerenza, impegno e ripetizione costante.















Post Comment
You must be logged in to post a comment.