La trappola della stupidità collettiva: la lezione dimenticata di Bonhoeffer

stupidità collettiva

Perché tante persone scelgono di credere a idee prive di fondamento anche quando i fatti dimostrano il contrario? Perché alcune decisioni politiche, pur danneggiando l’intera comunità, continuano a ricevere ampio sostegno?

Questi interrogativi non riguardano solo il presente: nel corso della storia, intere società hanno seguito leader autoritari, sostenuto politiche contrarie ai propri interessi, e accettato narrazioni costruite ad arte.

Comprendere questo comportamento significa analizzare un meccanismo profondo, che va oltre l’ignoranza o la mancanza di competenze. E uno dei primi a studiarlo fu il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer.

Il contesto storico: la Germania del 1943

Durante la seconda guerra mondiale, Dietrich Bonhoeffer vide il suo paese attraversare una trasformazione profonda e drammatica. La Germania, conosciuta per secoli come culla di pensatori, musicisti, scienziati e innovatori, si era progressivamente convertita in uno stato fondato sull’obbedienza assoluta al Führer.

Una nazione ricca di tradizioni culturali e intellettuali si ritrovò immersa in un clima in cui la critica diventava pericolosa e il dissenso era equiparato al tradimento.

Questa metamorfosi non avvenne improvvisamente, ma fu il risultato di un processo graduale alimentato da tre elementi chiave: la propaganda, la paura e il controllo sociale.

La propaganda nazista, orchestrata dal ministro Joseph Goebbels, saturava ogni spazio pubblico: radio, cinema, scuole e giornali diffondevano un’unica narrativa, presentata come indiscutibile. L’obiettivo era quello di modellare il modo di pensare della popolazione, sostituendo la riflessione critica con messaggi emotivi e ripetuti all’infinito.

Accanto alla propaganda agiva la paura. La Gestapo, la polizia segreta del regime, sorvegliava cittadini ed istituzioni, pronta a intervenire contro chiunque manifestasse un qualunque tipo di dissenso.

In un clima simile, anche persone istruite e capaci, preferirono mantenere un profilo basso, confondendo la prudenza con l’obbedienza.

Il controllo sociale completava questo “orribile quadro”: l’intera società era organizzata in modo da scoraggiare qualsiasi forma di autonomia, dai gruppi giovanili nazisti, ai sindacati sciolti o assorbiti dal regime.

Bonhoeffer osservò con crescente preoccupazione questa pericolosa deriva. Teologo luterano, docente e figura di spicco della chiesa confessante — il movimento cristiano che si oppose all’ingerenza nazista nella vita religiosa — fu tra i pochi a criticare apertamente il potere hitleriano fin dagli anni Trenta.

Con estrema lungimiranza, aveva compreso, che il pericolo più grande non risiedeva soltanto nella brutalità del regime, ma nella disponibilità della popolazione a seguirlo senza contestarlo.

Il suo coinvolgimento nella resistenza antinazista lo portò all’arresto nel 1943. Recluso nella prigione di Tegel, vicino a Berlino, Bonhoeffer ebbe modo di riflettere in profondità su come la società tedesca fosse potuta scivolare verso un fanatismo così cieco.

In quelle condizioni estreme, egli formulò una delle sue intuizioni più note e controverse: la “Teoria della stupidità”.

Questo concetto, non era un giudizio morale sulle persone, né un’accusa di ignoranza. Per Bonhoeffer, la stupidità era un fenomeno collettivo, una sorta di paralisi del pensiero che nasce quando individui e gruppi rinunciano alla propria autonomia mentale.

Secondo il teologo, la Germania non era stata sottomessa solo dalla violenza del regime, ma soprattutto dalla disponibilità della maggioranza a lasciarsi guidare senza interrogarsi sulle conseguenze.

La prigione, paradossalmente, divenne il luogo in cui Bonhoeffer riuscì a esprimere con maggior lucidità questa intuizione. Osservando detenuti, guardie e funzionari, comprese che la stupidità non era un difetto individuale, ma un prodotto del contesto: un processo in cui la persona smette di essere soggetto attivo e diventa parte passiva di una macchina ideologica.

Queste riflessioni, raccolte nelle sue lettere e nei suoi appunti, sarebbero poi diventate una delle chiavi interpretative più influenti per comprendere appieno la dinamica delle dittature e dei fenomeni di manipolazione collettiva.

La “stupidità” secondo Bonhoeffer

Per Bonhoeffer, la stupidità non è mancanza di intelligenza, ma è una condizione mentale e morale che nasce in circostanze collettive specifiche. Una persona può essere colta, istruita e comunque cadere nella trappola della stupidità.

La definizione sorprende perché sposta l’attenzione dal singolo al contesto sociale. La stupidità, secondo il teologo, emerge quando:

  • Il pensiero critico viene abbandonato;

  • La pressione del gruppo induce ad accettare dogmi ed estremismi come veri;

  • La paura rende rischioso esprimere qualsiasi tipo di dissenso;

  • La propaganda offre risposte semplici a problemi complessi.

In questo scenario, la stupidità diventa una forza potente, capace di orientare masse intere.

Un fenomeno collettivo che si autoalimenta

Secondo Bonhoeffer, la stupidità non si limita a contesti autoritari. Ogni società in cui il conformismo supera il giudizio personale può generare credenze assurde o irrazionali. Quando un’idea viene accettata senza essere sottoposta alla ragione, la ripetizione la trasforma in verità condivisa.

ECCO ALCUNI ESEMPI

  • Durante l’inquisizione, le persecuzioni furono accettate senza contestazioni;

  • Nel Sudafrica dell’apartheid, la discriminazione razziale venne giustificata da teorie facilmente confutabili;

  • Nei regimi totalitari del novecento, propaganda e paura alimentarono un consenso cieco.

Questa dinamica continua anche oggi, dato che la disinformazione, la polarizzazione e il fanatismo digitale contribuiscono al declino del pensiero critico.

Il ruolo dei media e degli algoritmi

Nel mondo contemporaneo, gli algoritmi digitali isolano gli utenti in vere e proprie “bolle informative”, dove ciascuno incontra solo contenuti in linea con le proprie opinioni. Questo fenomeno intensifica il fanatismo, e rende più difficile confrontarsi con punti di vista divergenti.

In una società frammentata in gruppi che si percepiscono tutti, come depositari della verità assoluta, le evidenze contrarie vengono respinte con forza. L’isolamento informativo aumenta la vulnerabilità alla manipolazione, favorendo chi trae enorme vantaggio dalla disinformazione: politici, gruppi di interesse, e media sensazionalistici.

Perché la stupidità è più pericolosa della malvagità?

Secondo Bonhoeffer la stupidità rappresenta una minaccia ancor più difficile da arginare rispetto alla malvagità. La distinzione tra i due concetti, per il teologo, è fondamentale per comprendere la fragilità delle società contemporanee, e i meccanismi che permettono a regimi o ideologie distruttive di prosperare.

La malvagità, spiegava, è riconoscibile. Può essere identificata, isolata e contrastata attraverso la legge, la condanna morale, la protesta civile o, nei casi più estremi, l’uso della forza. Il male, infatti, conserva una sua logica: chi lo compie sa, almeno in parte, di agire contro norme etiche condivise. Questa consapevolezza permette alle istituzioni e ai cittadini di reagire, di contrastarlo e di limitarne gli effetti.

La stupidità, al contrario, non nasce da un intento negativo, ma è una condizione mentale che rende le persone impermeabili alla ragione e ai fatti. Bonhoeffer osservò infatti, che chi cade nella stupidità è convinto di agire nel giusto, e respinge con estrema determinazione qualsiasi argomento contrario.

Notò inoltre, che quando viene messo in discussione, reagisce con irritazione o ostilità, come se la critica minacciasse la propria identità e non solo la propria opinione.

Secondo il teologo, questo rende la stupidità straordinariamente pericolosa, dato che:

  • Non è possibile dialogare con chi ha deciso di abbandonare il pensiero critico;

  • Non si può convincere chi non valuta gli argomenti, ma li giudica solo in base all’emotività o al gruppo di appartenenza;

  • Non si può correggere chi è persuaso di possedere la verità, e rifiuta categoricamente qualsiasi possibile revisione, alle proprie affermazioni.

Una persona malvagia può essere fermata, mentre una persona stupida, proprio perché inconsapevole, no, dato che agisce con la sicurezza di chi è certo di essere dalla parte del bene, senza interrogarsi mai sulle conseguenze delle proprie azioni.

Questa dinamica, secondo Bonhoeffer, può generare danni persino maggiori della malvagità stessa, dato che:

  • Le persone stupide possono sostenere politiche distruttive senza rendersi conto dell’impatto reale;

  • Possono essere facilmente manipolate da chi detiene il potere;

  • Possono diventare strumenti inconsapevoli per la diffusione di ideologie pericolose;

  • Possono legittimare con il proprio consenso decisioni che una minoranza malvagia da sola non riuscirebbe mai a imporre.

La forza della stupidità — osservava Bonhoeffer — ha una caratteristica inquietante: è contagiosa. In presenza di paura, propaganda e pressione sociale, questa condizione tende a diffondersi rapidamente, soprattutto quando la maggioranza rinuncia al pensiero autonomo.

È per questo che una società può cadere in errore anche se la maggior parte dei suoi membri non è né malvagia, e né ostile: basta infatti, che un numero significativo di persone smetta di farsi domande, di analizzare, e di prendere posizione nette che seguano la razionalità.

In questo senso, la stupidità appare come un vero e proprio “vuoto mentale” che il potere può riempire con qualunque contenuto, trasformando cittadini comuni in sostenitori entusiasti di cause che, in condizioni normali, avrebbero rifiutato.

Conformismo e psicologia moderna

Le intuizioni di Bonhoeffer sono oggi confermate anche dalla psicologia sociale. Il conformismo è un meccanismo di sopravvivenza primordiale, dato che andare contro la maggioranza è percepito come una mossa altamente rischiosa.

Negli anni sessanta, lo psicologo Stanley Milgram dimostrò quanto l’obbedienza all’autorità possa sovrastare la morale del singolo individuo. Nel suo famoso esperimento, il 65% dei partecipanti arrivò a somministrare scosse elettriche “massime” a un’altra persona solo perché un’autorità lo ordinava.

Quando la responsabilità sembra ricadere su qualcun altro, il giudizio personale si indebolisce.

Come contrastare la stupidità secondo Bonhoeffer

Per Bonhoeffer, la soluzione non risiede nell’accrescere l’intelligenza individuale, ma nel rafforzare l’autonomia mentale. Tre sono i pilastri fondamentali:

1. Coltivare il pensiero critico

Prima di accettare o diffondere un’informazione, occorre verificarla. Il fatto che un’idea sia ripetuta da molti o appaia nei media non la rende automaticamente vera.

2. Assumersi la responsabilità personale

Non delegare MAI il tuo giudizio. Bonhoeffer sottolineava che una società matura è composta da individui capaci di pensare da soli, indipendentemente dalla maggioranza.

3. Devi sfidare il conformismo

«Essere in disaccordo con tre quarti della gente è il primo requisito della sanità mentale», scriveva Oscar Wilde. La storia conferma che molte verità sono emerse grazie ad individui disposti a dissentire: Galileo ne è l’esempio più eclatante.

Il coraggio come antidoto finale

Secondo Bonhoeffer, il “ciclo della stupidità” può essere interrotto solo attraverso il coraggio: il coraggio di informarsi, di dubitare delle verità apparenti, e di analizzare criticamente ciò che ci viene proposto come dogma assoluto.

Le società che prosperano non sono quelle che non commettono errori, bensì quelle in cui i cittadini hanno la forza di preferire la ragione al conformismo.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona.Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei