Un solo albero può ospitare al suo interno fino a un trilione di microbi
Chi avrebbe mai pensato che un albero, apparentemente silenzioso e immobile, potesse nascondere al suo interno un intero universo di vita? Eppure è così: un singolo albero può ospitare fino a mille miliardi di microbi nel suo legno!
Uno studio condotto negli Stati Uniti nordorientali su 150 alberi appartenenti a 16 specie diverse ha rivelato che le comunità microbiche al loro interno non sono affatto casuali. Esse si distribuiscono in modo distinto tra il durame (la parte più interna, più vecchia e secca) e l’alburno (la parte più esterna, giovane e vitale). Sorprendentemente, i microbi presenti nel legno non coincidono con quelli che si trovano nelle foglie, nelle radici o nel suolo.
Mondi nascosti sotto la corteccia
Siamo abituati a pensare agli alberi guardando ciò che è visibile: le foglie che cambiano colore, le radici che affondano nel terreno, o la corteccia che protegge il tronco.
Ma gran parte della “vita” di un albero si svolge al suo interno, dove si accumula carbonio, acqua e nutrienti. Le foreste, nel loro insieme, immagazzinano circa 861 gigatonnellate di carbonio distribuite tra biomassa vivente, legno morto, residui e suolo.
Il tronco non è un blocco uniforme, ma è diviso in:
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durame, più vecchio e secco, è una sorta di archivio sigillato;
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alburno, invece, è il tessuto giovane e dinamico che trasporta acqua e nutrienti.
In questi due ambienti così diversi prosperano comunità microbiche altrettanto diverse.
I ricercatori hanno estratto DNA di alta qualità dai tessuti legnosi per capire quali microbi vivono in ciascun livello. Un microbioma non è una lista statica di ospiti, ma una comunità attiva, in grado di modificare la chimica del proprio ambiente.
Il quadro che emerge è affascinante:
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nel durame si trovano microbi che vivono senza ossigeno (anaerobici), capaci di produrre metano e di prosperare in condizioni povere di ossigeno;
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nell’alburno, invece, prevalgono organismi che utilizzano ossigeno, coerentemente con il ruolo di questa parte del legno nel trasporto dell’acqua e nello scambio con l’aria.
Ogni specie possiede la propria firma microbica
Un dettaglio ancora più sorprendente è che ogni specie arborea ospita un microbioma unico. Gli aceri zuccherini, per esempio, contengono comunità diverse da quelle dei pini, e questa diversità si mantiene persino confrontando alberi della stessa specie.
Tutto ciò lascia pensare che gli alberi non siano solo “ospiti passivi”, ma che nel corso dell’evoluzione abbiano coevoluto con i loro microbi, scegliendo nel tempo chi poteva rimanere e chi no.. In altre parole, ogni albero è un piccolo pianeta con regole proprie di convivenza.
Gli alberi come olobionti
Sempre più spesso si parla di piante come olobionti, ossia organismi che non vanno considerati da soli, ma come un organismo che vive in simbiosi con altri organismi – microbi.
Pensare agli alberi in questo modo cambia radicalmente la prospettiva sulla loro salute, sulla crescita e sulla resistenza alle malattie.
Questi microbi, infatti:
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aiutano a riciclare nutrienti all’interno del tronco;
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producono gas che possono essere rilasciati nell’atmosfera o utilizzati da altri microrganismi;
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contribuiscono alla resilienza degli alberi contro parassiti, siccità e inondazioni.
Microbi e cambiamenti climatici
Le foreste sono un gigantesco serbatoio di carbonio e ogni anno rimuovono dall’atmosfera enormi quantità di anidride carbonica. Capire in che misura i microbi interni agli alberi partecipino attivamente a questo processo è di fondamentale importanza. Anche piccoli cambiamenti nel metabolismo microbico possono avere conseguenze globali, dato il numero immenso di alberi sul pianeta.
Queste conoscenze possono migliorare le stime sull’impatto della riforestazione e sulla capacità delle foreste di contrastare il cambiamento climatico. Ma c’è di più: sapere come il microbioma cambia in risposta a stress ambientali – come siccità, calore o parassiti – può aiutarci a proteggere meglio gli ecosistemi.
Lo studio negli Stati Uniti è solo l’inizio. Bisogna ora estendere la ricerca a foreste tropicali, regioni aride, piantagioni e persino alberi urbani, che vivono condizioni particolari come potature, inquinamento e compattazione del suolo.
Come ha sottolineato il ricercatore Jonathan Gewirtzman, esiste un “enorme serbatoio di biodiversità inesplorata” negli alberi del mondo. Conoscere queste comunità prima che il cambiamento climatico le alteri o le faccia sparire è di vitale importanza.
Microbi e gestione forestale
Non si tratta solo di curiosità accademica. I microbi del legno influenzano direttamente la vita degli alberi in quanto:
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aumentano la resistenza al decadimento;
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favoriscono la guarigione delle ferite;
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regolano le interazioni con i fattori patogeni;
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modificano la risposta alla siccità e alle inondazioni.
Se riuscissimo a capire quali comunità microbiche rendono un albero più forte o più produttivo, potremmo sviluppare nuove tecniche di coltivazione, cure mirate e strategie di selvicoltura innovative. Un po’ come accade già con il microbiota umano, che la medicina moderna riconosce come parte essenziale della salute.
Conclusione
Gli alberi sono universi viventi, che ospitano al loro interno comunità invisibili e indispensabili. Ogni tronco è come una città con quartieri diversi, abitata da microbi che dialogano tra loro e con l’albero stesso.
Pensare che un singolo albero contenga al suo interno un trilione di microbi ci invita a rivedere la nostra relazione con la natura. Non siamo soli sul pianeta, ma parte di una rete fittissima e invisibile che tiene insieme la vita. Forse, guardando un albero, dovremmo ricordarci che ciò che non vediamo è altrettanto importante rispetto a quello che vediamo con gli occhi.
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