La SLA può essere letta nei capelli? Ecco cosa rivela il nuovo studio
Secondo una ricerca condotta presso l’Icahn School of Medicine del Mount Sinai e pubblicata su eBioMedicine, nei capelli potrebbe nascondersi un indizio fondamentale per comprendere – e forse un giorno diagnosticare precocemente – la sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
La SLA è una patologia che colpisce i motoneuroni: le cellule nervose responsabili del movimento volontario. Quando questi neuroni si deteriorano, i muscoli progressivamente si indeboliscono fino alla paralisi.
In molti casi la diagnosi di questa malattia arriva molto tardi: in media dopo 10 o 16 mesi dalla comparsa dei primi sintomi. E in questo periodo di tempo le cellule nervose continuano a danneggiarsi.
Ma cosa c’entrano i capelli con la SLA? Scopriamolo subito!
Un archivio pieno di informazioni
Possiamo immaginare il capello come a un “nastro” che scorre nel tempo: man mano che cresce, registra ciò che succede nell’organismo, giorno dopo giorno. Per tale motivo, analizzare il capello può informarci su come il corpo sta funzionando.
In questo studio, i ricercatori hanno analizzato 391 campioni di capelli:
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295 provenivano da persone affette da SLA
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96 da persone sane, senza la malattia
Per raccogliere i dati, è stata usata una tecnica molto avanzata, che prende il nome di ablazione laser. In pratica, si tratta di un laser estremamente preciso che “legge” esattamente la composizione chimica del capello, mentre lo attraversa. Questo ha permesso ai ricercatori di misurare 17 diversi elementi lungo ogni singolo capello.
Il risultato? Una specie di diario chimico che racconta la storia del metabolismo della persona nelle ultime settimane o mesi. E non una storia approssimativa, ma dettagliatissima!
Per ogni capello lungo circa 3,8 cm, sono state ottenute dalle 400 fino alle 800 misurazioni. È incredibile! Un singolo capello, che di solito non consideriamo importante, contiene al suo interno dati molto precisi su come il corpo gestisca certe sostanze nel corso del tempo.
Tuttavia, l’aspetto più interessante di questo studio non riguarda semplicemente la presenza o meno di un metallo. Non è la quantità che conta, o quantomeno, non conta solo quella. Ciò che ha fatto davvero la differenza nello studio è come questi metalli lavorano insieme nel corpo.
Non è sufficiente che nel corpo siano presenti tutti i metalli necessari: ciò che conta davvero è come questi metalli lavorano insieme, in equilibrio. Perché il nostro organismo funzioni in modo corretto, deve mantenere un coordinamento continuo tra questi elementi. Questo equilibrio prende il nome di sincronia.
E cosa succede nella SLA?
Dai risultati dello studio è emerso che nella SLA questa sincronia si rompe, in quanto i metalli non riescono più a regolarsi l’uno in funzione dell’altro come dovrebbero. I rapporti fra i metalli che dovrebbero solitamente seguire un ritmo naturale e prevedibile, diventano invece irregolari e disordinati.
Analizzando i capelli, i ricercatori hanno potuto vedere chiaramente questa perdita di coordinazione: è come se i metalli, invece di “lavorare in squadra”, iniziassero a muoversi ognuno per conto proprio. Questa è una delle differenze più evidenti riscontrate nei campioni delle persone con SLA rispetto a quelli di persone sane.
Il ruolo del rame
Il rame è un minerale di fondamentale importanza per la salute del cervello. Questo micronutriente partecipa al funzionamento di un enzima chiamato SOD1, che protegge i neuroni dai danni ossidativi. Quando questo sistema si rompe o si inceppa, i motoneuroni diventano vulnerabili e iniziano a degenerare.
Questa ricerca ha rilevato che:
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Negli uomini con la SLA, il rame e lo zinco non lavorano più in modo coordinato, ma si muovono “a caso”, e questo può creare problemi alle cellule nervose.
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Nelle donne, invece, i cambiamenti si sono osservati soprattutto nella coppia cromo-nichel, anche se questi risultati sono rimasti meno solidi dopo verifiche più approfondite.
In particolare, la cosiddetta “connettività della rete del rame”, cioè il modo in cui il rame si coordina con altri metalli nel tempo, risultava:
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nettamente più bassa negli uomini con SLA
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e più bassa anche nelle donne in alcuni test preliminari
In poche parole, nella SLA, il corpo non perde solo una quantità di rame, ma perde anche il ritmo interno con cui i metalli vitali collaborano fra loro.
Perché questa scoperta è importante?
Oggi diagnosticare la SLA è un processo complesso, lungo e spesso frustrante per le famiglie. Si procede per esclusione, con:
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esami neurologici
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risonanze
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elettromiografie
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analisi del sangue
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osservazione dei sintomi nel tempo
E nel frattempo, i motoneuroni continuano a morire. Se l’analisi dei capelli venisse validata come strumento diagnostico, potrebbe offrire diversi vantaggi, in quanto:
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È indolore, basta un capello.
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È accessibile: non serve una struttura ospedaliera avanzata.
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È trasportabile: i campioni possono essere spediti in laboratorio.
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È potenzialmente precoce: potrebbe individuare anomalie prima dei sintomi evidenti.
Tuttavia, i ricercatori sono molto chiari. Non si tratta ancora di un test diagnostico. La ricerca è in fase iniziale e presenta alcune limitazioni, fra cui:
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il campione era composto principalmente da persone anziane e bianche
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mancano dati dettagliati su professioni, condizioni ambientali e varianti della SLA
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serve replicare i risultati su scala più ampia
Una scoperta che va oltre la SLA?
Gli scienziati non escludono che questo metodo possa essere applicato ad altre malattie neurologiche legate alla gestione dei metalli, come:
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Parkinson
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Alzheimer
Se pensiamo che un semplice capello potrebbe un giorno aiutare a identificare precocemente più malattie neurodegenerative, il quadro cambia radicalmente. Immaginate diagnosi più rapide, trattamenti più mirati, e maggiore qualità della vita.



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