Gli animali sono meglio di noi? Ecco la verità che nessuno ti dice

animali e uomini a confronto

“Gli animali sono meglio degli esseri umani”. Quante volte lo abbiamo letto sui social o sentito in una conversazione. È una frase che emoziona, dato che crea subito un senso di purezza e innocenza attribuita al mondo animale.

Tuttavia se cerchiamo di analizzare questa frase da un punto esclusivamente razionale, questa affermazione vacilla. Siamo davvero sicuri che gli animali siano “migliori” dell’uomo, oppure rappresenta solo un riflesso dei nostri disagi verso la società, la politica, la corruzione e le delusioni interpersonali

Il paradosso è evidente! L’essere umano è l’unica specie che non si limita alla spietata legge del più forte. Non abbandoniamo gli anziani, non lasciamo indietro i bambini più fragili, ci prendiamo cura delle persone con handicap, ci prendiamo cura anche dei figli che non sono nostri, costruiamo ospedali, inventiamo protesi, creiamo sistemi di supporto e così via…

In natura, invece, gli animali seguono completamente la direzione opposta. Il debole viene escluso, ignorato, schiacciato o lasciato morire, poiché la selezione naturale non ammette eccezioni. Eppure, nel nostro immaginario collettivo, continuiamo a dire che “gli animali sono meglio”.

Se una persona vive in Italia e si ritrova senza casa, ha comunque la possibilità di non morire di fame. Può rivolgersi a una mensa dei poveri o a un’associazione di volontariato: troverà sicuramente un piatto caldo, e quindi una rete di sostegno minima che gli permette di sopravvivere.

Nel mondo animale, la storia è completamente diversa. Se sei ferito, malato o semplicemente non sei più in grado di procurarti il cibo, la tua fine è segnata. Nessun altro membro della tua specie verrà a soccorrerti, tranne rarissime eccezioni.

Nel mondo animale non esistono mense, non esistono ospedali, e non esistono braccia solidali che si fermano per te. La legge è semplice e brutale: chi non riesce a procurarsi da vivere muore.

E questa regola in quasi la totalità dei casi non conosce eccezioni. Vale per ogni specie animale. In natura il debole non viene aiutato. Non c’è pietà, né alcuna forma di compassione universale. Esiste solo la sopravvivenza, in cui il più fragile resta inevitabilmente escluso.

NOTA BENE: Non si tratta nemmeno di dire che gli esseri umani sono “meglio” degli animali, così come non ha senso sostenere il contrario.

Il punto della questione è un altro: il paragone stesso è illogico. Uomini e animali appartengono a dimensioni diverse, con funzioni, istinti e responsabilità che non possono essere misurati con lo stesso metro di misura.

L’animale vive seguendo l’istinto, mentre l’uomo vive seguendo i propri principi morali. Pretendere di stabilire chi sia “migliore” è come chiedersi se sia più utile il sole o il mare: entrambi hanno un senso, ma su piani totalmente differenti.

In questo articolo scoprirai proprio perché il confronto diretto non regge, e perché attribuire qualità morali agli animali o svalutare gli esseri umani è un errore di prospettiva.

Gli animali non sono né buoni né cattivi

Quando diciamo che un cane “è meglio delle persone”, stiamo proiettando su di lui qualità che appartengono esclusivamente alla nostra mente.

In realtà, l’animale agisce per istinto. Un cane non ti ama perché riflette sulla sua fedeltà. Ti è fedele perché la sua biologia e la sua storia evolutiva lo portano a legarsi al branco. E tu rappresenti il suo branco. Se sei un serial killer, o uno stupratore incallito il tuo cane pur sapendolo ti amerà e ti difenderà sempre. Cosa che un essere umano non farebbe, dato che possiede una propria etica morale.

Un esempio lampante è rappresentata dalla mamma gatta che, con apparente tenerezza, porta il topo vivo ai suoi cuccioli. Ai nostri occhi potrebbe sembrare un atto crudele, quando in realtà è un gesto educativo. Nella giungla non esistono scuole elementari né manuali di sopravvivenza. Esiste la legge dell’efficienza.

Gli animali non provano compassione nel senso umano. Non costruiscono ospedali per gli individui feriti, non inventano stampelle per i membri zoppi, e non hanno sistemi pensionistici per i più vecchi. Al contrario, nel branco spesso chi è malato viene allontanato. È crudele, ma è logico in termini evolutivi.

E allora perché questa frase ci attrae così tanto? Perché dire che gli animali sono “migliori” ci fa sentire meglio verso di loro e peggio verso di noi. È un modo indiretto di criticare la società, e di ribellarci a ingiustizie, ipocrisie e tradimenti umani.

La forza dell’essere umano sta nella cura del debole

Se davvero valesse soltanto la legge del più forte, oggi noi non saremmo qui. La nostra specie non avrebbe inventato la medicina, non avrebbe sviluppato società complesse, e sicuramente non avrebbe dato valore alla solidarietà.

Pensiamo agli anziani. In natura, un individuo vecchio non serve più al gruppo, tuttavia nell’essere umano, l’anziano custodisce esperienza, conoscenza e tradizioni. È la memoria vivente della comunità. Senza di loro, non ci sarebbe trasmissione culturale.

La nonna che racconta storie al nipote sta facendo qualcosa che in natura non esiste. Sta educando attraverso la parola, e questa capacità è il cuore della civiltà.

Pensiamo ai bambini fragili. Un cucciolo malato, nella savana, viene spesso abbandonato. Nella società umana, invece, i bambini più deboli sono protetti, nutriti e curati. Questo ha reso possibile l’evoluzione di società in cui anche chi nasce con difficoltà può contribuire con talenti unici. Quanti scienziati, artisti o inventori non sarebbero mai arrivati a lasciare un segno, se avessero dovuto rispettare la brutale legge naturale del più forte?

E che dire delle persone con handicap. L’uomo ha inventato protesi, linguaggi dei segni, dispositivi di supporto, nonché leggi a tutela dei diritti. Questo non è un segno di debolezza della specie, ma un punto focale della sua incredibile forza. Un branco che si ferma per il più lento rischia di morire. Una società che invece integra il fragile si arricchisce.

Ecco alcuni esempi concreti

  • Stephen Hawking, immobilizzato da una malattia, ha cambiato la fisica moderna

  • Helen Keller, cieca e sorda, è diventata simbolo universale di resilienza e cultura

Il fenomeno dell’idealizzazione

Questa affermazione non nasce dal nulla. Non è una verità scientifica, ma una proiezione emotiva. Quando diciamo che gli animali sono “migliori”, in realtà stiamo parlando di noi stessi, delle nostre ferite e delle nostre delusioni.

Un tradimento, un’amicizia finita male, la corruzione che leggiamo nei giornali o la violenza che vediamo in televisione riesce a minare la nostra fiducia nell’umanità. Ed ecco che il cane fedele, il gatto che ci aspetta a casa o il cavallo che si lascia accarezzare diventano simboli di un mondo “puro” che immaginiamo contrapposto alla società corrotta.

In psicologia questo fenomeno si chiama idealizzazione. Quando siamo delusi da una parte della realtà, tendiamo a ingigantire il valore di qualcos’altro che percepiamo come incontaminato. È un meccanismo di difesa messo in atto dalla nostra mente per dire a noi stessi che “non tutto è marcio e che c’è ancora qualcosa di autentico”.

Perché gli animali diventano simboli di bontà?

  • Non parlano, quindi non mentono e sicuramente non giudicano

  • Non tradiscono con la parola e non manipolano

  • Offrono affetto semplice e diretto, senza contratti sociali

  • Vivono nel presente, senza preoccuparsi del passato o del futuro

Tutto questo ci rassicura, ma attenzione… è un’illusione costruita dalla nostra mente. Gli animali non “sono migliori”. Sono semplicemente diversi.

Ecco il paradosso

Se davvero pensassimo che gli animali fossero superiori, dovremmo imitare il loro stile di vita, e quindi di conseguenza dovremmo smettere di curare i malati, di salvare i bambini nati prematuri, nonché di proteggere i più deboli.

Invece non lo facciamo. La società umana, nonostante tutte le sue storture, si fonda proprio sul contrario.

In altre parole, la frase “gli animali sono meglio” nasce più dal nostro disagio sociale che da un’analisi scientifica oggettiva del comportamento animale. È un modo di gridare: “sono stanco della cattiveria umana, ho bisogno di credere in un bene assoluto”. E gli animali diventano in questo modo il contenitore perfetto di questa speranza.

Evoluzione: competizione ma anche cooperazione

C’è un’altra grande verità che spesso dimentichiamo. L’evoluzione non è stata costruita solo sulla competizione. Certo, la selezione naturale premia i più forti e i più adatti, ma non basta. Esiste anche un’altra forza: la cooperazione.

Charles Darwin stesso, spesso citato solo per la “sopravvivenza del più forte”, parlava in realtà anche dell’importanza della collaborazione tra individui. Nel libro “La discendenza dell’uomo” scriveva che l’empatia e la capacità di aiutare gli altri, è stata una delle basi fondamentali dell’evoluzione umana.

Esempi dal mondo animale

  • I lupi cacciano in branco, e il branco si organizza con ruoli precisi

  • I delfini cooperano per proteggere i piccoli e cacciare in gruppo

  • Le formiche e le api sacrificano persino la propria vita per la colonia

Anche nel regno animale, quindi, non esiste soltanto la brutalità della selezione. Esiste la cooperazione come strategia vincente, tuttavia l’essere umano ha portato questo principio a un livello superiore. Non ci limitiamo a cooperare per cacciare o per difenderci. Cooperiamo per costruire città, scrivere libri, curare malattie, nonché mandare sonde su Marte.

Se ci pensiamo, è proprio questo che ci distingue dagli altri animali. Non siamo “peggiori”. Al contrario, siamo l’unica specie che ha rotto la catena della selezione naturale, inserendo un elemento nuovo: la compassione consapevole.

Perché la frase “gli animali sono meglio” è sbagliata sul piano logico

Se ci fermiamo un attimo e la leggiamo con attenzione, questa frase crolla da sola. Dire che un animale è “meglio” significa attribuire un giudizio morale a un essere che non ha coscienza morale. È come dire che un sasso è “più sincero” di un uomo perché non parla mai. È un paragone senza senso.

Gli animali non hanno etica. Non si pongono il dilemma del bene e del male. Non si chiedono se tradire un compagno sia giusto o sbagliato, semplicemente agiscono in base al loro istinto.

Quando un leone uccide i cuccioli del rivale per imporre il suo dominio, non è cattivo. Quando una mamma orsa abbandona il piccolo troppo debole per seguirla, non è crudele. Sta solo rispondendo a pressioni evolutive.

L’essere umano invece può scegliere. Può essere spietato, certo, ma anche altruista fino all’estremo sacrificio. È capace di guerre devastanti, ma anche di fondare ospedali, organizzare associazioni di volontariato, nonché rischiare la propria vita per salvare sconosciuti.

Possiamo affermare che l’essere umano possiede capacità estreme che lo distinguono da ogni altra specie animale. È in grado, nel suo lato distruttivo, di condurre interi ecosistemi verso l’estinzione di massa, tuttavia al tempo stesso, è l’unico che può scegliere di portare amore, cura e benevolenza proprio dove il mondo animale non potrebbe mai arrivare.

In questa duplicità – distruzione o salvezza, egoismo o solidarietà – si trova la vera grandezza e responsabilità dell’essere umano.

Ecco gli errori da un punto di vista puramente logico

  • Categoria sbagliata: confronta morale umana con istinto animale

  • Generalizzazione emotiva: da un cane fedele si passa a dire che “tutti gli animali” sono migliori

  • Svalutazione dell’essere umano: l’individuo proietta le proprie delusioni sociali confrontandole con il mondo animale

  • Idealizzazione: attribuisce qualità morali a chi non le possiede, perché un cane che segue il proprio padrone anche se è un serial killer non possiede moralità. Quale essere umano dotato di coscienza e moralità seguirebbe un padre che si è macchiato dei peggiori crimini? Nessuno!

In sintesi, la frase non è solo sbagliata. È una vera e propria illusione cognitiva.

Perché è sbagliata sul piano scientifico?

La biologia ci mostra chiaramente che il comportamento animale non è “migliore”, è semplicemente più funzionale.

Prendiamo alcuni esempi reali.

  • Infanticidio animale: i leoni, come accennato, uccidono i cuccioli di altri maschi per accelerare l’accoppiamento con le femmine. Nei primati, come i langur, accade la stessa cosa.

  • Cannibalismo: in molte specie, dal criceto alla mantide religiosa, capita che la madre o la compagna divori i piccoli o il partner.

  • Abbandono dell’individuo più debole: i cervi lasciati indietro dai branchi se feriti, le tartarughe marine che non aiutano i piccoli verso il mare, o i pinguini che ignorano i pulcini troppo gracili.

Se questi comportamenti li vedessimo negli esseri umani, li giudicheremmo inaccettabili, persino mostruosi. Negli animali invece li definiamo “naturali”. Ma naturale non significa migliore. Significa solo necessario per la sopravvivenza della specie.

L’uomo ha spezzato questa logica. Abbiamo creato un mondo in cui la sopravvivenza non è l’unico criterio. Proteggiamo chi in natura non ce l’avrebbe fatta. E questa non è debolezza, ma un atto di forza culturale ed evolutiva.

Il vero salto evolutivo

  • La natura seleziona i più forti

  • L’uomo crea spazio anche per i più fragili

  • Questa scelta ha permesso lo sviluppo della civiltà

  • La solidarietà diventa un vantaggio evolutivo, e non un ostacolo

Dire che “gli animali sono meglio” significa non vedere questa conquista straordinaria. È come guardare una cattedrale gotica e dire che una tana di una volpe è superiore perché “più semplice e naturale”.

Il ruolo della delusione sociale

Un altro punto cruciale è capire da dove nasce questo bisogno continuo di svalutare continuamente la civiltà umana. Spesso dire che gli animali sono meglio degli essere umani non è dettato da un amore assoluto per gli animali, ma rappresenta più una forma di sfiducia nella nostra specie.

Quando vediamo corruzione, violenza, guerre e discriminazioni, è facile pensare che “gli uomini sono terribili, e che gli animali rappresentano la purezza”. È un riflesso emotivo. Un cane che scodinzola sembra offrirci la purezza che ci manca nei rapporti umani, ma è sempre una illusione. Quel cane non è puro né corrotto, è semplicemente un cane.

L’uomo, con tutte le sue contraddizioni, resta l’unico a interrogarsi sul bene e sul male. È il solo a sentire la spinta morale. Questo è ciò che ci rende complessi, fragili, ma anche incredibilmente straordinari.

Perché questo mito si è rafforzato?

Nell’epoca dei social media e della globalizzazione, la frase “gli animali sono meglio degli esseri umani” si è diffusa ancora di più. Perché:

  • Viviamo in società complesse, con regole, tasse e ingiustizie. L’animale rappresenta il contrario: libertà, semplicità e istinto.

  • Le delusioni personali (amori finiti, amicizie tradite) trovano conforto nel cane che non ti giudica e ti aspetta sempre.

  • La crisi di fiducia nelle istituzioni e nella politica fa percepire gli animali come “puri” in contrapposizione agli uomini “corrotti”.

  • La cultura ambientalista ha rafforzato il mito della natura incontaminata, contrapponendola all’uomo che distrugge e inquina.

Questi fattori hanno reso la frase un luogo comune planetario, ripetuto quasi come un mantra, ma come abbiamo visto, è un mito che si regge su illusioni psicologiche.

Etica umana e istinto animale

L’animale agisce, l’uomo decide. Questa è la differenza che cambia tutto.

Un cane che difende il padrone non ha riflettuto se sia giusto o sbagliato rischiare la propria vita. Ha seguito il suo istinto di branco e attaccamento. Un uomo che si getta in un fiume per salvare uno sconosciuto invece ha fatto una scelta morale, spesso consapevole del rischio.

L’istinto non è morale

  • Il leone non è crudele quando uccide i cuccioli rivali

  • La mantide religiosa non è spietata quando divora il compagno dopo l’accoppiamento

  • L’aquila non è malvagia quando strappa via un agnello da un gregge

Sono comportamenti funzionali, non etici. L’animale non sceglie, risponde a millenni di evoluzione

La responsabilità umana

L’uomo invece possiede la capacità di riflettere sulle conseguenze delle sue azioni. Questo significa che può agire per interesse egoistico, ma anche per altruismo puro. Qui nasce la morale.

  • Possiamo decidere di curare un malato anche se “non serve alla sopravvivenza” del gruppo

  • Possiamo scegliere di adottare un bambino non nostro

  • Possiamo donare un organo a un estraneo senza trarne alcun vantaggio

Questi gesti non esistono nel regno animale. Sono esclusivamente umani.

L’uomo è l’unica specie che si interroga sul bene e sul male

Ecco un altro punto interessante: l’animale non si chiede mai se “sta facendo la cosa giusta”. L’uomo sì. Questa capacità di introspezione, per quanto fonte di angoscia, è ciò che ci distingue.

L’uomo è chiamato a comportarsi bene – a differenza del mondo animale – non solo per convenienza, ma anche perché è giusto.

Gli animali non conoscono giustizia. Non hanno tribunali e non hanno etica. Noi sì. E anche se spesso falliamo, la semplice esistenza di concetti come giustizia, compassione, e solidarietà dimostra che siamo su un piano totalmente diverso.

Perché dire “gli animali sono meglio” è una fuga dalle nostre responsabilità

Idealizzare gli animali significa spesso rinunciare al peso della nostra coscienza. È più facile dire “preferisco i cani alle persone” che affrontare la complessità dei rapporti umani. Un cane non ti deluderà mai, ma non perché è “migliore”, ma solo perchè non ha la libertà di scelta che ha un essere umano.

Un amico, un partner o un familiare possono ferirti perché sono liberi. E la libertà implica anche il rischio di sbagliare, tuttavia senza questa libertà non esisterebbe neppure la possibilità di scegliere il bene.

Ecco perché la frase è ingannevole. Esalta una “purezza” che in realtà non esiste, e allo stesso tempo svaluta la nostra capacità di costruire etica, amore e solidarietà.

L’animale come specchio, non come modello

L’errore sta nel voler fare degli animali un modello morale. Loro non sono né migliori né peggiori. Sono creature che vivono secondo la loro natura. Noi invece siamo chiamati a guardare a loro come a uno specchio: ci mostrano semplicità, spontaneità e immediatezza, tuttavia solo il modello umano presenta come fulcro la moralità.

Gli animali ci insegnano a vivere nel momento presente, ma non possono insegnarci la giustizia. Ci mostrano fedeltà istintiva, ma non possono insegnarci il sacrificio consapevole.

La natura non è “buona”

Molti idealizzano la natura come un luogo armonioso, dove tutto scorre in equilibrio. In realtà, la natura è spesso un teatro di violenza silenziosa e costante. La sopravvivenza richiede competizione, esclusione e sacrificio.

Quando diciamo che “gli animali sono meglio degli esseri umani”, dimentichiamo o ignoriamo tutto questo. Per capirlo, basta osservare da vicino alcuni comportamenti documentati dalla biologia.

Infanticidio nel regno animale

  • Leoni: quando un nuovo maschio conquista un branco, uccide i cuccioli del precedente leader. Così accelera il ciclo riproduttivo delle femmine e assicura che i futuri piccoli abbiano i suoi geni. Se un uomo facesse lo stesso, lo definiremmo mostro.

  • Langur e gorilla: lo stesso comportamento è stato osservato in questi primati. Non è cattiveria, è strategia evolutiva.

  • Orsi bruni: i maschi a volte uccidono i cuccioli per poter accoppiarsi di nuovo con la madre.

Cannibalismo e sfruttamento

  • Mantide religiosa: la femmina divora il maschio subito dopo o durante l’accoppiamento. È una strategia per nutrirsi e garantire energie alla prole. Romantico? Non proprio.

  • Criceti: le femmine possono divorare i propri piccoli se percepiscono una minaccia o se le risorse sono scarse.

  • Pesci: alcune specie mangiano regolarmente le proprie uova, riducendo così il numero di bocche da sfamare.

Abbandono degli individui più deboli

  • Pinguini: nelle colonie antartiche, se due pulcini nascono e uno è più fragile, spesso i genitori concentrano le energie solo sul più forte.

  • Tartarughe marine: depongono centinaia di uova, ma non si curano dei piccoli. Solo pochissimi raggiungeranno il mare, mentre gli altri diventeranno inesorabilmente cibo per i predatori.

  • Ungulati: cervi, antilopi e gazzelle abbandonano i membri malati o feriti, che diventano facili prede.

Violenza sessuale e coercizione

  • Delfini: considerati spesso “giocherelloni”, in realtà sono noti per pratiche di accoppiamento violento e di gruppo.

  • Anatre: i maschi possono forzare le femmine con aggressività estrema, tanto che l’anatomia delle femmine si è evoluta per ridurre i danni e difendersi.

  • Scimpanzé: le gerarchie si fondano anche su episodi di aggressività sessuale.

Questi comportamenti non significano che gli animali siano “cattivi”, ma mostrano con chiarezza che la natura non conosce pietà. Non esiste un sistema di protezione sociale. C’è soltanto l’imperativo della sopravvivenza e della riproduzione.

Eppure, di fronte a queste realtà, continuiamo a ripetere che gli animali “sono meglio”. Forse perché scegliamo di vedere solo il lato che ci consola.

Il vero punto di forza dell’uomo

La differenza non è che l’uomo sia più “cattivo”. È che siamo più complessi. Abbiamo dentro di noi la capacità di distruggere quanto quella di creare, di ferire, di curare, di odiare e di amare.

Gli animali no. Agiscono per istinto. Non conoscono compassione universale, non salvano i malati e non proteggono i più fragili. Solo noi abbiamo rotto la catena della selezione cieca, inventando la solidarietà come valore.

Prendi ad esempio il caso dei cani che salvano le vite in mare.

Quando vediamo un cane accorrere in aiuto, quel comportamento nasce dall’istinto e dall’educazione ricevuta fin da cucciolo. Per l’animale, il padrone rappresenta il capo branco, la figura da seguire in modo quasi cieco.

Così, ciò che a noi appare come un atto di altruismo spontaneo, è in realtà il risultato di imprinting, addestramento e di una fedeltà innata alle dinamiche del branco.

Se quel cucciolo non fosse stato addestrato in quel modo, non salverebbe le persone, anche se vedesse una persona affogare. Questo deve essere chiaro.

Sicuramente aiuterebbe il proprio padrone o le persone con cui interagisce in famiglia, ma non salverebbe un estraneo, salvo rari casi, perchè è vero che ci sono stati anche casi – molto rari – di animali che salvano persone o altri animali al di fuori del loro ” branco “.

Un bisogno psicologico collettivo

Questa frase – gli animali sono meglio degli esseri umani – funziona perché, in fondo, non parla di animali, ma parla di noi in quanto rappresenta:

  • Uno sfogo contro la cattiveria umana

  • Un rifugio dalla complessità sociale

  • Un modo per ricordarci che desideriamo un mondo più giusto

Gli animali sono solo il simbolo che usiamo per esprimere tutto questo. In realtà, ciò che cerchiamo negli animali è ciò che vorremmo trovare più spesso tra gli uomini: autenticità, fedeltà e semplicità.

Una riflessione personale

Gli animali ci affascinano perché incarnano la semplicità, ma noi non siamo stati creati per la semplicità. Siamo esseri complessi, contraddittori, capaci di errori terribili ma anche di atti di amore che in natura non esistono.

Esempi concreti di umanità che non esistono in natura

La scienza al servizio dei più fragili

  • Stephen Hawking: condannato da giovane a una malattia neurodegenerativa progressiva, avrebbe dovuto “scomparire” in base alla logica naturale. E invece, grazie alla tecnologia, alle cure mediche e alla solidarietà di una società che non abbandona i più deboli è potuto diventare una delle menti più brillanti della fisica moderna.

  • Louis Braille: cieco dall’età di tre anni, inventò il sistema di scrittura tattile che porta il suo nome. Questo ha permesso a milioni di persone con disabilità visiva di leggere e scrivere. In natura, la cecità avrebbe significato esclusione. Nell’umanità, è diventata punto di partenza per una rivoluzione culturale.

La solidarietà universale

  • Medici Senza Frontiere: migliaia di persone che partono per aiutare sconosciuti in zone di guerra, rischiando la vita per chi non conoscono. Non c’è istinto che spieghi questo comportamento. È pura scelta morale.

  • Donatori di organi: individui che decidono di lasciare un pezzo di sé per salvare la vita di un altro. Un animale non concepirebbe un gesto simile.

L’arte e la cultura come dono collettivo

  • Beethoven: ormai sordo, ha continuato a comporre alcune delle opere più emozionanti della musica universale. L’arte non porta alcun vantaggio evolutivo immediato. Eppure, arricchisce miliardi di vite.

  • Van Gogh: visse in povertà e sofferenza, ma ci lasciò capolavori che ancora oggi commuovono il mondo.

La cura degli anziani

In natura, gli individui anziani vengono lasciati indietro. Nell’uomo invece gli anziani non solo vengono curati, ma spesso sono la memoria vivente della comunità.

Le nonne che custodiscono tradizioni culinarie, gli anziani che tramandano lingue e storie, nonché i saggi che orientano i giovani rappresentano una forma di “sopravvivenza culturale” che non ha paragoni nel regno animale.

La civiltà come ribellione alla natura

Potremmo dire che la nostra civiltà è una ribellione continua contro la spietata logica della natura. Dove la natura dice “lascia morire”, noi diciamo “curiamo”.

Dove la natura dice “solo il più forte sopravvive”, noi rispondiamo “proteggiamo anche i più fragili”. Dove la natura dice “riproduciti e muori”, noi aggiungiamo “crea, sogna, costruisci e ama”.

È qui che la frase “gli animali sono meglio” crolla definitivamente. L’animale non è migliore, è semplicemente diverso. È ancorato all’istinto. L’uomo, con tutti i suoi difetti, ha invece la possibilità di trasformare il mondo con le proprie scelte.

Perché questa frase viene detta da persone ferite e arrabbiate?

È interessante notare che la frase “gli animali sono meglio degli esseri umani” non viene mai pronunciata da chi vive in armonia con sé stesso e con gli altri.

Non sentirai mai una persona serena, soddisfatta della propria vita, circondata da affetti e fiducia, dire queste parole. A pronunciarle sono quasi sempre individui feriti, delusi, arrabbiati con la società o con qualcuno che li ha traditi.

È una frase che nasce dal dolore, non dalla gioia. In fondo, non stiamo parlando davvero di animali: stiamo esprimendo la nostra frustrazione verso gli uomini.

Quando invece vediamo il bene, viviamo relazioni sane e ci sentiamo parte di una comunità, non abbiamo bisogno di rifugiarci in quel mito dato che riconosciamo la grandezza degli esseri umani.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei