Esistono lavori perfettamente legali, ma moralmente sbagliati da accettare?

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Nella vita capita, prima o poi, di trovarsi davanti a un bivio professionale. Non si tratta solo di capire che cosa fare, ma anche di domandarsi se ciò che stiamo per andare a fare sia moralmente giusto, e in linea con ciò che siamo e con i valori che vogliamo rappresentare.

Alcune professioni, come quelle legate alla cura, all’educazione o all’assistenza, trasmettono facilmente un senso morale positivo, mentre altre invece, ci costringono a ragionamenti più complessi.

In fondo, se ci pensiamo bene, viviamo tutti dentro a una grande rete di connessioni. Questo significa che il nostro lavoro può influire su moltissime persone, anche se non ne vediamo subito le conseguenze.

E allora vi pongo questa domanda: Esistono lavori perfettamente legali, ma moralmente sbagliati da accettare?

La risposta è sì! E spesso molte persone svolgono questi lavori con un certo disagio, cercando di mettere forzatamente a tacere i propri dubbi, razionalizzando le ragioni per cui continuano a farli.

Che cosa intendiamo per “lavoro” in questo discorso?

Qui non si parla di attività illegali come truffe, sfruttamento o contrabbando, ma prendiamo in esame solo ed esclusivamente quei lavori che seppur legali sulla carta, restano comunque moralmente ingiusti.

Per fare ciò, è necessario distinguere tra:

  • il tipo di lavoro in sé

  • e le azioni cattive che un individuo può compiere indipendentemente dalla professione.

Essere dentista non è immorale, ma truffare i pazienti sì! Fare il commesso non è immorale, ma convincere deliberatamente qualcuno a fare un acquisto dannoso lo è. Qui si vuole ragionare su quelle professioni in cui la problematicità non è episodica, ma intrinseca.

Legale non significa morale!

Molti confondono ciò che è legale con ciò che è giusto, e vi svelo un segreto, le leggi non rappresentano la moralità dato che:

  • possono essere incomplete,

  • lente ad aggiornarsi,

  • influenzate da pressioni politiche o economiche,

  • oppure basate su compromessi storici non più validi.

La moralità invece riguarda tutto ciò che riduce o migliora il benessere umano.

Perciò, un lavoro può essere:

  • perfettamente legale,

  • socialmente accettato,

  • eppure eticamente sbagliato.

Come riconoscere un lavoro moralmente problematico

Ecco tre criteri fondamentali, che possiamo utilizzare. Un lavoro risulta chiaramente immorale quando li soddisfa tutti e tre.

1. Il lavoro provoca danni (direttamente o indirettamente)

Per capire cosa sia il danno, possiamo usare una definizione chiara: il danno è tutto ciò che può ridurre la qualità della vita di una persona.

Questo include danni fisici, psicologici, economici o sociali.

Ma attenzione: il danno morale è legato al consenso informato.

  • Se una persona sceglie consapevolmente un comportamento rischioso (come fumare o mangiare fast food), non si può dire che sia stata “ingannata”.

  • Il problema nasce quando qualcuno subisce un danno che non conosce o non comprende.

Dove c’è danno non consapevole, c’è immoralità.

2. Il lavoro richiede inganno intenzionale

Quando per svolgere il proprio ruolo è necessario ingannare le persone, allora siamo davanti a un problema etico serio.

Si può ingannare per scherzo (come nelle feste a sorpresa) o per necessità strategica, ad esempio in operazioni investigative delicate, ma quando l’inganno è strutturale, e quindi serve a far accettare qualcosa che danneggerà la persona, allora diventa moralmente inaccettabile.

ECCO ALCUNI ESEMPI TIPICI:

  • Vendere prodotti spacciandoli per più efficaci di quanto siano,

  • Manipolare le emozioni di persone vulnerabili (come chi finge di parlare con i defunti),

  • Costruire sistemi di vendita che si alimentano di disinformazione, come le fake news, o l’utilizzo di video creati dall’intelligenza artificiale,

  • Spacciare gli integratori come prodotti miracolosi che possono aiutare a migliorare una specifica patologia

Se per svolgere il lavoro bisogna mentire, quel lavoro è moralmente sospetto.

3. Il lavoro sostiene o alimenta un’industria moralmente dannosa

Non tutti i ruoli in un’azienda hanno lo stesso peso morale:

  • chi progetta mine antiuomo ha una responsabilità enorme;

  • chi lavora alla reception della stessa azienda ne ha una molto marginale.

Il ruolo conta, eccome se conta! E conta anche la consapevolezza. Se non si conosce la natura problematica dell’azienda, la responsabilità è minore, tuttavia, quando si scopre che l’azienda causa danni e si continua comunque a sostenerla, si diventa complici.

La complicità inizia quando comprendiamo il danno e scegliamo di restare lo stesso.

Le giustificazioni più comuni (e perché non funzionano)

Quando qualcuno accetta un lavoro discutibile, spesso cerca di giustificarlo, usando tipicamente queste tre forme di scuse:

“Se non lo faccio io, lo farà qualcun altro”

Se tutti ragionassero così, non cambierebbe mai nulla. In realtà, se un numero crescente di persone rifiutasse i lavori immorali, quelle industrie perderebbero forza fino a doversi trasformare o scomparire.

“Ho bisogno di soldi”

È vero che tutti devono mantenersi, ma dire “ho bisogno” non giustifica creare danno, soprattutto quando esistono alternative, anche meno comode o meno remunerative.

“Lo cambierò dall’interno”

Può essere possibile solo se si ha un reale potere decisionale. Se non si è in una posizione di influenza, questa frase diventa una semplice scusa per accettare qualcosa che si sa a priori sia sbagliato.

Ecco alcuni esempi di lavori potenzialmente immorali

Sulla base dei criteri visti prima, rientrano tra quelli più problematici:

  • chi progetta o struttura slot machine e sistemi di gioco d’azzardo,

  • chi lavora nei prestiti con tassi da usurai,

  • lobbisti per interessi che danneggiano la collettività,

  • falsi sensitivi o chi specula sul lutto,

  • venditori di trattamenti pseudoscientifici o ingannevoli,

  • chi fa marketing manipolativo verso bambini o persone fragili,

  • paparazzi aggressivi o invasivi verso la vita privata altrui.

Questi lavori, pur essendo legali, si sostengono grazie all’inganno, allo sfruttamento e al danno di terzi.

Conclusione

Il lavoro è una parte molto importante nella vita di ognuno. È ciò su cui spendiamo tempo, studio ed energia. Per questo merita una valutazione morale molto seria.

Ecco alcune domande che potresti porti prima di accettare un lavoro:

  • Questo lavoro danneggia qualcuno?

  • Richiede inganno o manipolazione?

  • Sostiene un settore che peggiora la società?

Se la risposta a tutte e tre le domande è sì, allora quel lavoro probabilmente non andrebbe MAI accettato.

Nata e cresciuta a Rosignano Solvay , appassionata da sempre per tutto quello che ruota intorno al benessere della persona. Biologa, diplomata all'I.T.I.S Mattei