Il MIT riscrive le regole della vita: anche senz’acqua, l’universo potrebbe pullulare di vita
L’acqua da sempre, è considerata la base per la vita. Senza di essa infatti, la vita sulla terra cesserebbe di esistere. E se la vita potesse nascere e prosperare anche senza la presenza d’acqua?
Un gruppo di scienziati del MIT ha messo in discussione una delle convinzioni più radicate dell’astrobiologia, ovvero, che l’abitabilità di un pianeta dipenda esclusivamente dalla presenza di acqua.
La loro nuova ricerca suggerisce che esistono altri tipi di liquidi – chiamati liquidi ionici – che potrebbero formarsi naturalmente anche su pianeti completamente asciutti, aprendo scenari inaspettati sulla possibilità della vita nell’universo.
Quando la vita non ha bisogno d’acqua
Per decenni, la caccia ai pianeti abitabili si è concentrata sulla cosiddetta “zona di abitabilità”, ovvero quella fascia di distanza da una stella, dove l’acqua può esistere in forma liquida, tuttavia questa nuova ricerca ribalta completamente questa prospettiva: forse la vita non ha bisogno necessariamente d’acqua, ma solo di un liquido in cui possano avvenire le reazioni chimiche fondamentali.
Come spiega Rachana Agrawal, ricercatrice del MIT e autrice principale dello studio:
“Consideriamo l’acqua necessaria per la vita perché è ciò che serve a noi, qui sulla Terra, ma se allarghiamo lo sguardo, ciò di cui la vita ha davvero bisogno è un liquido che permetta il metabolismo, cioè lo scambio e la trasformazione di energia e materia.”
L’esperimento: far nascere un liquido dove non dovrebbe esserci
Nel laboratorio del MIT, Agrawal e il suo team hanno condotto una serie di esperimenti sorprendenti. Hanno mescolato l’acido solforico – una sostanza corrosiva che sulla Terra proviene da attività vulcaniche – con composti organici contenenti azoto, simili a quelli trovati su asteroidi e pianeti del nostro sistema solare.
Il risultato? Un fluido stabile, viscoso e colorato, che non evapora facilmente, e che può esistere a temperature e pressioni in cui l’acqua si disintegrerebbe, che prende il nome di liquido ionico.
Questi liquidi, a differenza dell’acqua, hanno una pressione di vapore bassissima: non evaporano, non si ghiacciano, e inoltre, resistono anche a calore e pressione estremi.
Dalle nubi di Venere all’universo intero
Il punto di partenza di questa ricerca è stato Venere. Quel pianeta è avvolto da un’atmosfera densa e tossica di acido solforico, eppure da anni gli scienziati sospettano che tra le sue nuvole possano nascondersi molecole organiche, e forse persino tracce di vita microbica.
Durante test di laboratorio condotti in condizioni simili a quelle dell’atmosfera di Venere, gli scienziati – Agrawal e la professoressa Sara Seager (una delle più note astrobiologhe del MIT) – hanno notato qualcosa di strano: anche dopo aver eliminato quasi tutto l’acido, restava sempre un sottile strato di liquido.
Incuriositi dal fenomeno, gli scienziati scoprirono che l’acido solforico reagiva con la glicina, formando un nuovo fluido stabile: un liquido ionico.
Una scoperta casuale, come spesso accade nella scienza, che ha portato a cambiare il paradigma di come conosciamo la vita:
“Abbiamo fatto un salto di immaginazione,” racconta Agrawal. “Se questo accade in laboratorio, perché non potrebbe accadere su altri pianeti, dove l’acido solforico e i composti organici sono già presenti?”
Un mondo di possibilità
Oggi sappiamo che composti contenenti azoto e carbonio – ingredienti base della vita – si trovano un po’ ovunque nel cosmo: sugli asteroidi, sulle lune ghiacciate, nonché nelle nubi interstellari.
E l’acido solforico? È un sottoprodotto naturale delle eruzioni vulcaniche, comuni su molti pianeti rocciosi. La combinazione dei due elementi, quindi, non è un fatto molto raro. Anzi, potrebbe essere piuttosto comune.
Per riassumere cosa suggerisce lo studio:
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I liquidi ionici possono formarsi spontaneamente su pianeti rocciosi senza acqua.
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Resistono a temperature fino a 180°C e a pressioni estremamente basse, condizioni in cui l’acqua non può esistere.
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Potrebbero ospitare al loro interno biomolecole stabili, come certe proteine.
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Possono persistere per anni o millenni, fungendo da minuscole oasi chimiche.
Una reazione semplice, ma universale
La reazione che produce i liquidi ionici è, in fondo, molto semplice:
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L’acido solforico “dona” un protone (un atomo di idrogeno).
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Il composto organico contenente azoto lo “riceve”.
Come dice la professoressa Seager con ironia:
“È come se la spazzatura di uno fosse il tesoro dell’altro.”
Da questa semplicità nasce qualcosa di completamente nuovo: un liquido resistente, versatile, che non evapora e che potrebbe permettere l’esistenza di processi biochimici in ambienti che prima giudicavamo inospitali.
Abbiamo “reinventato la vita”
Ovviamente, non parliamo di vita simile alla nostra, ma di organismi completamente diversi, fondati su principi chimici alternativi. Forse in futuro, potremmo scoprire esseri capaci di sopravvivere e moltiplicarsi in ambienti corrosivi, dove per noi la vita sarebbe impossibile.
Conclusione
Il team del MIT non si fermerà qui. Il prossimo passo sarà capire quali biomolecole possono sopravvivere, e magari prosperare in questi liquidi ionici.
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